Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.25339 del 11/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14112-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del Direttore e legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

S.A.S. EPSILAN di S.R.L. TARPOL E C., in persona del legale rappresentante pro-tempore; S.R.L. TARPOL, in persona del legale rappresentante pro-tempore e C.L., questi ultimi due quali ex soci, rispettivamente accomandatario e accomandante, della S.A.S. EPSILAN di S.R.L. TARPOL E C., cancellata dal registro delle imprese il 26 settembre 2014.

– intimati –

avverso la sentenza n. 5220/13/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di MILANO, depositata il 02/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/07/2018 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;

Con sentenza n. 5220/13/2015, depositata il 2 dicembre 2015, non notificata, la CTR della Lombardia, rigettato l’appello principale dell’Agenzia delle Entrate, accolse l’appello incidentale proposto da Epsilan S.a.s. di Tarpol S.r.l. e C. avverso la sentenza di primo grado della CTP di Milano, che aveva solo parzialmente accolto il ricorso della società avverso avviso di accertamento ai fini IRES, IVA ed IRAP per l’anno 2002, ritenendo l’Amministrazione decaduta dall’accertamento limitatamente all’IRAP in relazione alla quale non era applicabile la disciplina del c.d. “raddoppio dei termini”.

La CTR, invece, in accoglimento dell’appello incidentale proposto, ritenne l’Amministrazione finanziaria decaduta in toto dalla pretesa impositiva sul presupposto che non potesse trovare applicazione nella fattispecie in esame il c.d. “raddoppio dei termini”, secondo il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3, nelle rispettive formulazioni applicabili ratione temporis, tenuto conto della natura pretestuosa della denuncia, stante la già compiuta prescrizione dei reati relativi alle imposte dirette ed all’IVA.

Avverso detta pronuncia l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

Le parti intimate non hanno svolto difese.

1. Con il primo motivo l’Amministrazione finanziaria denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 11 preleggi, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3 nel testo vigente anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 208 del 2015, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la sentenza impugnata avrebbe attribuito sostanzialmente effetto retroattivo, applicandola ad avviso di accertamento notificato il 10 novembre 2011, alla disposizione del D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, commi 1 e 2 che ha aggiunto al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3, il periodo per effetto del quale “Il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini di cui ai due commi precedenti”, laddove la CTR ha rilevato che l’avviso di accertamento è stato notificato successivamente alla scadenza del termine naturale di decadenza (31 dicembre 2007).

2. Con il secondo motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia ancora violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3 nel testo vigente anteriormente al 1 gennaio 2016, art. 331 c.p.p., art. 361 c.p., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che l’Amministrazione avesse fatto un uso pretestuoso della norma sul “raddoppio dei termini”, avendo l’Ufficio ravvisato un obbligo di denuncia penale nei fatti insussistente, atteso che al tempo della notifica, nel 2011, dell’avviso di accertamento, i reati astrattamente configurabili dovevano ritenersi comunque prescritti, risalendo a fatti relativi all’anno d’imposta 2002.

3. Il primo motivo è manifestamente fondato.

Questa Corte ha avuto modo di precisare (cfr. Cass. sez. 5, 16 dicembre 2016, n. 26037; Cass. sez. 5, 9 agosto 2016, n. 16728) che “in tema di accertamento tributario, i termini previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 per l’IRPEF e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57 per l’IVA, nella versione applicabile ratione temporis, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, incidano le modifiche introdotte dalla L. n. 208 del 2015, il cui art. 1,comma 132, ha introdotto, peraltro, un regime transitorio che si occupa delle sole fattispecie non ricomprese nell’ambito applicativo del precedente regime transitorio non oggetto di abrogazione – di cui al D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, comma 3, in virtù del quale la nuova disciplina non si applica nè agli avvisi notificati entro il 2 settembre 2015 nè agli inviti a comparire o ai processi verbali di constatazione conosciuti dal contribuente entro il 2 settembre 2015 e seguiti dalla notifica dell’atto recante la pretesa impositiva o sanzionatoria entro il 31 dicembre 2015”.

3.1. Con la prima statuizione censurata la decisione impugnata, in effetti, escludendo l’operatività della disciplina del “raddoppio dei termini” ad accertamento notificato nel 2011 sul presupposto che fosse scaduto il termine ordinario di accertamento, ha finito con l’attribuire nei fatti efficacia retroattiva al D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, commi 1 e 2 viceversa espressamente esclusa dal comma 3 della citata norma, per effetto del quale, per quanto qui rileva, “Sono comunque fatti salvi gli effetti degli avvisi di accertamento (…) notificati alla data di entrata in vigore del presente decreto” (cfr. anche Cass. sez. 6-5, ord. 9 ottobre 2017, n. 23628, che ha cassato analoga pronuncia della CTR che aveva escluso l’operatività della disciplina del raddoppio in caso di notifica dell’avviso di accertamento oltre il termine ordinario di decadenza).

4. Ugualmente è fondato il secondo motivo, dovendo intendersi, nel solco di quanto precisato da Corte cost. 20 luglio 2011, n. 247, che il presupposto del concretizzarsi dell’obbligo di denuncia penale, affinchè possa operare la disciplina del c.d. “raddoppio dei termini” di accertamento, è la sussistenza di un fatto nel quale il pubblico ufficiale ravvisi il fumus di reato (esulando dai compiti del pubblico ufficiale tenuto all’obbligo di denuncia penale ex art. 361 c.p. la valutazione della sussistenza di eventuali cause di estinzione del reato o di non punibilità, diverse dall’insussistenza del fatto, riservate all’esame dell’Autorità giudiziaria (cfr. Cass. sez. 5, 15 maggio 2015, n. 9974).

5. Il ricorso va dunque accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, che, uniformandosi ai succitati principi di diritto, provvederà anche all’esame delle questioni di merito rimaste assorbite, oltre che in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2018

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