LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SESTINI Danilo – Presidente –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12146-2017 proposto da:
G.M., elettivamente domiciliato in ROMA piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato EDOARDO GIMIGLIANO;
– ricorrente –
contro
SOCIETA’ CATTOLICA DI ASSICURAZIONI COOP. a R.L., P.I. *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA MENDOLA n.198, presso lo studio dell’avvocato MARIO MATTICOLI, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1609/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 20/04/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/04/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.
RILEVATO
che:
1. Nel 2003, D.P.S. e B.C., in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale sulla figlia minore, D.P.K., nonchè D.P.A. e D.P.L., convenivano in giudizio la Cattolica Assicurazioni, M. e G.L., N.P. e N.S., la Generali Assicurazioni Spa ed L.E., al fine di sentirli condannare, in solido, al risarcimento dei danni, iure proprio e iure hereditatis, conseguenti al sinistro stradale in cui D.P.G., terzo trasportato sul ciclomotore condotto dal minore G.L. e di proprietà di G.M., perdeva la vita.
Il Tribunale di Ariano Irpino, con sentenza 488/2010, accoglieva la domanda riconvenzionale formulata dalla Cattolica Assicurazioni, volta ad ottenere il diritto di rivalersi nei confronti del proprio assicurato delle somme pagate per eventuali condanne, in quanto il trasporto sul ciclomotore garantito era avvenuto da parte del minore, e comunque su un mezzo che non consentiva il trasporto di passeggeri.
2. I G. proponevano appello avverso detta sentenza, limitatamente alla parte relativa all’accoglimento della richiesta di rivalsa, lamentando la vessatorietà della clausola di rivalsa contenuta nel contratto di assicurazione stipulato con l’appellata.
Con sentenza 1609 del 20/04/2016, la Corte d’Appello di Napoli rigettava il gravame, ritenendosi innanzitutto rispettato il requisito della forma ad probationem di cui all’art. 1888 c.c., essendo la clausola invocata contenuta in un opuscolo espressamente richiamato nell’intestazione della Polizza. In secondo luogo, la Corte riteneva insussistente l’indeterminatezza lamentata dagli appellanti, operando la clausola nelle sole ipotesi di violazione di norme attinenti al numero delle persone trasportate. Per ultimo, il giudice di seconde cure evidenziava la correttezza del ragionamento del Tribunale, fondante sull’orientamento della SC secondo il quale la clausola in esame non può ritenersi vessatoria, in quanto semplicemente delimitativa dell’oggetto della garanzia prestata.
3. G.M. propone ricorso per cassazione, con tre motivi. La Società Cattolica resiste con controricorso.
4. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO
che:
5. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio, con le seguenti precisazioni di condividere la proposta del relatore.
6.1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denunzia la violazione degli artt. 1229,1341,1342,1469 bis, ter e quinquies c.c., violazione dell’art. 36 Codice del Consumo, avendo errato la Corte nella valutazione della non vessatorietà della clausola, essendo tali le clausole che, nel contratto di assicurazione, limitano le conseguenze della colpa o dell’inadempimento, nonchè quelle che escludono il rischio garantito come nel caso di specie.
6.2. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente si duole della nullità della clausola per indeterminatezza dell’oggetto ex art. 1346 c.c., posto che la clausola fa generico rinvio alle disposizioni vigenti del Codice della Strada, senza esplicitare articoli e circostanze cui fa riferimento. Inoltre, la stessa non è stata oggetto di trattativa individuale, come previsto dall’art. 34 Codice del Consumo.
6.3. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta art. 360, n. 5 insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto principale decisivo per il giudizio, avendo la Corte erroneamente ritenuto che la clausola di rivalsa impugnata prevede espressamente anche le ipotesi in cui siano state violate le norme attinenti al numero di persone trasportate, essendo, invece, la stessa totalmente generica.
7. I motivi sono inammissibili.
A parte che i primi due motivi sono inammissibili perchè l’interpretazione e la qualificazione del contratto spetta al giudice del merito ed il terzo motivo è fuori da Cass. 8053-8054/2014. Ma sarebbero comunque inammissibili per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6.
E’ principio consolidato di questa Corte che, in tema di ricorso per cassazione, l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, oltre a richiedere l’indicazione degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento risulti prodotto; tale prescrizione va correlata all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per cui deve ritenersi, in particolare, soddisfatta:
a) qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel suo fascicolo, mediante la produzione del fascicolo, purchè nel ricorso si specifichi che questo è stato prodotto indicando altresì la sede in cui il documento è rinvenibile;
b) qualora il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l’indicazione che il documento è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione del documento, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per il caso in cui la controparte non si costituisca in sede di legittimità o si costituisca senza produrre il fascicolo o lo produca senza documento;
c) qualora si tratti di documento – non prodotto nelle fasi di merito – relativo alla nullità della sentenza od all’ammissibilità del ricorso (art. 372 c.p.c.) oppure di documento attinente alla fondatezza del ricorso e formato dopo la fase di merito e comunque dopo l’esaurimento della possibilità di produrlo, mediante la produzione del documento, previa individuazione e indicazione della produzione stessa nell’ambito del ricorso (Cass. S.U. n. 7161/2010; Cass. S.U. n. 28547/2008).
Premessi tali principi, cui il collegio intende dare continuità, si rileva che, in seno al ricorso non si rinviene alcun riferimento a dove è stato depositato il contratto di cui si discute.
Pertanto, come nel caso di specie, la mancanza di una sola delle indicazioni rende il ricorso inammissibile (Cass. n. 19157/12; Cass. n. 22726/11; Cass. n. 19069/2011).
8. Pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.
PQM
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione sesta civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 aprile 2018.
Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2018