LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere –
Dott. SPAZIANI Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11346-2015 proposto da:
L.G.V., MULTISERVICE COMPANY SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore Sig.ra B.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIACOMO BONI 15, presso lo studio dell’avvocato ELENA SAMBATARO, rappresentati e difesi dall’avvocato SALVATORE MILITELLO giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
COMPAGNIA DI ASSICURAZIONI VITTORIA SPA, in persona del Suo Amministratore Delegato e legale rappresentante Rag.
G.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. BERTOLONI, 55, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO MARIA CORBO’, rappresentata e difesa dall’avvocato SERGIO FIORENTINO giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
D.G.R., BA.VI., COMPAGNIA DI ASSICURAZIONI GENERALI ITALIA SPA;
– intimate –
avverso la sentenza n. 6007/2014 del TRIBUNALE di PALERMO, depositata il 03/12/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/01/2018 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI.
FATTI DI CAUSA
1. La società Della Multiservice Company s.r.l. (d’ora in poi, “Multiservice”), nonchè L.G.V., nella qualità di procuratrice generale di Provvidenza Licata, ricorrono per la cassazione, sulla base di tre motivi, della sentenza n. 6007/14 del 3 dicembre 2014, emessa dal Tribunale di Palermo, che – respingendo il gravame esperito dalle odierne ricorrenti contro la sentenza del Giudice di pace di Monreale n. 284/12, del 4 dicembre 2012 – ha confermato il rigetto della domanda risarcitoria dagli stessi proposta, nei confronti di Assitalia S.p.a. (oggi Assicurazioni Generali Italia S.p.a.), per il ristoro dei danni alle cose subiti in conseguenza di sinistro automobilistico occorso il *****.
2. Riferiscono, in punto di fatto, le odierne ricorrenti di aver adito – la Multiservice, in particolare, in qualità di cessionaria del credito risarcitorio spettante alla L. – il Giudice di pace di Monreale, lamentando che la L.G., mentre era alla guida di vettura di proprietà della L., veniva coinvolta in un sinistro originante, a loro dire, da una manovra di sorpasso, con conseguente tamponamento, effettuata da tale Ba.Gi., mentre costui conduceva un autoveicolo di proprietà di D.G.R., assicurata per la “RCA” con la compagnia Assitalia. Convenuti, pertanto, in giudizio la D.G., il Ba. e l’Assitalia, per conseguire il risarcimento dei soli danni alle cose, stimati nella misura di Euro 9.126,00, interveniva volontariamente in causa la società Vittoria Assicurazioni S.p.a. (assicuratrice del veicolo di proprietà della L.), assumendo di esservi legittimata in base ad un accordo concluso con Assitalia, in forza del quale avrebbe assunto l’obbligo di provvedere all’eventuale risarcimento. Il primo giudice istruiva la causa mediante disamina del modulo “CID” sottoscritto dalla L.G. e dal Ba., nonchè dei preventivi di spesa per la riparazione della vettura incidentata (e nelle foto della stessa), disponendo anche l’ammissione della prova per interpello del Ba., il cui interrogatorio formale non aveva, però, luogo, non essendo costui comparso all’udienza all’uopo fissata.
All’esito dell’istruttoria il giudice di prime cure accoglieva la domanda risarcitoria soltanto nei confronti del Ba., individuato quale esclusivo responsabile del sinistro, liquidando il danno in Euro 5.000,00.
Avverso tale decisione proponevano appello le odierne ricorrenti, lamentandosi – per quanto qui ancora di interesse – dell’erroneità della condanna del solo Ba., e non anche dell’Assitalia, oltre che della quantificazione del danno.
Il Tribunale di Palermo rigettava, sul punto, il gravame, non senza, però, dichiarare – su rinnovata eccezione delle allora appellanti – la carenza di legittimazione ad agire di Vittoria Assicurazioni.
3. Avverso la sentenza del Tribunale panormita hanno proposto ricorso per cassazione la Multiservice e la L.G., quest’ultima nella già ricordata qualità, sulla base di tre motivi.
3.1. Con il primo motivo – proposto ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3) – è dedotta “violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115 e 167 cod. proc. civ.”, nonchè “degli artt. 2697 e 2733 cod. civ.”, oltre che del “principio della inscindibilità del giudizio di responsabilità”.
Si censura la decisione impugnata sia perchè ha attribuito alla “fitta confessio”, conseguente al mancato svolgimento della prova per interpello del Ba., ritenuto mero litisconsorte facoltativo, efficacia solo nei suoi confronti e non pure della D.G. e di Assitalia, nonchè per aver ricollegato al “CID” una presunzione “iuris tantum”, superabile con qualsiasi mezzo di prova.
In questo modo, tuttavia, sarebbero state disattese le “norme disciplinanti l’onere della prova, la disponibilità della prova, l’oggetto ed il limite della prova, nonchè la corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato”.
3.2. Il secondo motivo – proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), – deduce “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 209 del 2009, art. 143 (recte: 2005)”.
Si evidenzia che, in forza di detta norma, quando il modulo sia firmato congiuntamente, da entrambi i conducenti coinvolti nel sinistro si presume, salvo prova contraria da parte dell’impresa di assicurazione, che il sinistro si sia verificato nelle circostanze, con le modalità e con le conseguenze risultanti dal modulo stesso.
Nella specie, l’assicuratore non ha fornito la prova contraria.
Inoltre, il giudice di appello, nel negare l’effetto probatorio imposto dalla citata norma, avrebbe utilizzato “con scarsa consapevolezza” la massima espressa da Cass. Sez. Un., sent. 5 maggio 2006, n. 10311 (e da esso richiamata), visto che il relativo principio rispondeva alla “necessità di garantire una decisione uniforme tra i litisconsorti necessari in un giudizio incoato L. n. 990 del 1969, ex art. 18 in cui la parte danneggiata si avvaleva del modello CAI sottoscritto e l’assicuratore riusciva a fornire prova della non verità dei fatti descritti nello stesso”.
Per contro, non vi è “alcuna utilità a demandare alla disciplina dell’art. 2733 cod. civ., comma 3” la regolamentazione di una fattispecie – come la presente – in cui “l’assicuratore non abbia fornito alcuna prova della non verità del contenuto del CAI non superando la presunzione di cui all’art. 143 cod. assicurazioni”.
Inoltre, il Tribunale di Palermo – secondo le ricorrenti – “non solo ha erroneamente valutato le prove offerte dalle parti ed altrettanto erroneamente valutato il modulo CID congiuntamente sottoscritto, ma condannando il solo convenuto conducente e respingendo la domanda nei confronti dell’assicuratore e del proprietario del veicolo antagonista, ha altresì violato il principio di inscindibilità del giudizio di responsabilità nella ipotesi di litisconsorzio necessario passivo”.
3.3. Il terzo motivo – proposto anch’esso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), – deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 232 cod. proc. civ.”.
Si censura la sentenza impugnata in quanto, in forza della norma suddetta (che non attribuisce alla mancata risposta all’interrogatorio formale l’effetto della ficta confessio, ma impone al giudice di valutarla unitamente a tutti gli altri elementi di prova), la mancata risposta del Ba. non doveva essere valutata singolarmente, “ma unitamente alle altre risultanze probatorie e, segnatamente, alla denuncia di sinistro, completa in tutte le sue parti e congiuntamente sottoscritta”.
4. Ha resistito con controricorso la Vittoria Assicurazioni, chiedendo la declaratoria di inammissibilità o, in subordine, il rigetto dell’avversaria impugnazione.
Preliminarmente, tuttavia, essa ha eccepito che la L.G. non avrebbe conferito al difensore valida procura speciale a proporre il presente ricorso per cassazione, e ciò anche in relazione al fatto che ai sensi della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 9, lett. a), – la procura non può essere rilasciata in calce a, o a margine di, atti diversi dal ricorso.
In ogni caso, si evidenzia che l’inammissibilità del ricorso della L.G. discende dalla sua carenza di interesse ad impugnare, avendo ella ceduto a Multiservice il proprio credito risarcitorio.
Quanto ai motivi di ricorso (che peraltro reputa, “in limine”, inammissibili, a norma dell’art. 360-bis cod. proc. civ., avendo la sentenza impugnato deciso la controversia in conformità con i precedenti di questa Corte), se ne assume, comunque, l’infondatezza, giacchè la sottoscrizione del modello “CID” avrebbe efficacia vincolante solo nei confronti della parte che l’ha resa (nella specie, il Ba.), non anche degli altri soggetti eventualmente tenuti, in solido, al risarcimento.
RAGIONI DELLA DECISIONE
5. In via preliminare va dichiarata l’inammissibilità del ricorso, quanto alla L.G., in difetto di valida procura speciale rilasciata in calce al ricorso, non figurando, nella stessa, la sua sottoscrizione.
6. Il ricorso, quanto alla Multiservice, va invece rigettato.
6.1. Va premesso che i motivi di impugnazione risultano suscettibili di trattazione congiunta.
Essi, infatti, censurano la decisione del Tribunale di Palermo, laddove ha escluso che – per effetto dell’avvenuta sottoscrizione del modulo “CID” da parte di entrambi i conducenti i veicoli incidentati, nonchè della mancata presentazione del convenuto Ba. all’interrogatorio formale disposto nei suoi confronti – si fosse formata una presunzione, efficace nei confronti di tutte le parti del giudizio, circa la verificazione del sinistro e le sue modalità di svolgimento, non essendo stata essa superata in assenza di prova contraria.
6.2. La doglianza non risulta fondata.
6.2.1. Il Tribunale di Palermo, invero, si è uniformato ai principio ripetutamente enunciato da questa Corte, quanto all’efficacia probatoria del modello di constatazione amichevole dell’incidente e alla natura del litisconsorzio esistente tra le parti del giudizio di risarcimento del danno derivante dalla circolazione dei veicoli a motore – secondo cui, “poichè in ipotesi di litisconsorzio necessario, ai sensi dell’art. 2733 c.c., comma 3, la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è liberamente apprezzata dal giudice in relazione a tutti i litisconsorti e non solo ai non confidenti, le affermazioni confessorie sottoscritte dal conducente nel suddetto modello di constatazione vanno liberamente apprezzate nei confronti dell’assicuratore e del proprietario del veicolo, mentre fanno piena prova nei confronti del conducente confidente secondo l’art. 2733 c.c., comma 2 e artt. 2734 e 2735 cod. civ.. Infatti, il litisconsorzio necessario, di cui alla L. 24 dicembre 1969, n. 990, citato art. 23 (oggi art. 144 cod. assicurazioni), sussiste solo tra il responsabile (il proprietario del veicolo) e l’assicuratore, mentre non sussiste, a norma dell’art. 2054 c.c., comma 3, tra il conducente e tale assicuratore, ovvero tra il primo ed il proprietario, in tal caso derivando soltanto un’ipotesi di obbligazione solidale e quindi di litisconsorzio facoltativo” (così Cass. Sez. 3, sent. 7 maggio 2007, n. 10304, Rv. 596443-01; di recente, ex multis in motivazione, anche Cass. Sez. 3, sent. 3 agosto 2017, n. 19327, Rv. 645488-01).
6.2.2. Nè, in senso contrario rispetto a tale conclusione, potrebbe valorizzarsi il disposto dell’art. 143 cod. assicurazioni, giacchè, come è stato chiarito da questa Corte, anche dopo l’avvento di detta norma, “la dichiarazione resa (…) nel modulo di contestazione amichevole di incidente”, oltre a poter risultare “incompatibile con la dinamica del sinistro” come accertata dal giudice, resta “oggetto, comunque, di libera valutazione nei confronti dell’assicuratore, ai sensi dell’art. 2733 c.c., comma 3 e della L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 23 nonchè della sentenza 5 maggio 2006, n. 10311, delle Sezioni Unite di questa Corte” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 25 giugno 2013, n. 15881, Rv. 626890-01, in senso analogo anche Cass. Sez. 3, sent. 17 settembre 2013, n. 21161, Rv. 627956-01).
Del resto, come è stato osservato, in modo condivisibile, anche in dottrina, la norma di cui all’art. 143 cod. assicurazioni “attribuisce alla C.A.I. l’anzidetto valore probatorio nei confronti dell’assicuratore solo relativamente al fatto “che il sinistro si sia verificato nelle circostanze, con le modalità e con le conseguenze risultanti dal modulo”, e cioè con la dinamica e le conseguenze in esso descritte, ma non invece relativamente all’effettiva verificazione del sinistro stesso, ciò che la norma non esplicita affatto”.
Si tratta, per vero, di un’esegesi del testo della norma – come non manca di osservare la medesima dottrina – coerente con la finalità da essa perseguita, “quale, si desume facilmente dal contesto normativo del Capo 4 del Titolo 10 del D.Lgs. n. 209 del 2005, che disciplina le “procedure liquidative” del risarcimento dei danni derivanti dalla circolazione stradale”, ovvero “quella di prevenire potenziali controversie in merito alla dinamica dei sinistri e quindi all’attribuzione della responsabilità degli incidenti, in modo da facilitare una tempestiva definizione stragiudiziale delle richieste di risarcimento e da deflazionare il contenzioso in materia”.
E’, dunque, solo a questo limitato fine – conclude sul punto la già indicata dottrina – “che si attribuisce un valore probatorio privilegiato nei confronti dell’assicuratore del responsabile del danno, che quel risarcimento deve liquidare, alla concorde ricostruzione della dinamica dell’incidente riportata nel suddetto modulo dai conducenti coinvolti, in modo da evitare che in seguito vengano prospettate diverse versioni dell’accaduto ad opera delle parti interessate, tali da rendere più difficile una definizione transattiva delle pretese risarcitorie del danneggiato. La prova dell’effettivo accadimento dell’incidente stradale cui il modulo in questione si riferisce appare quindi oggettivamente estranea a tale finalità”.
6. Il ricorso va, dunque, rigettato.
7. Nulla è dovuto, invece, quanto alle spese di lite.
Essendo stata, in appello, dichiarata – su rinnovata eccezione dell’odierna ricorrente – la carenza di “legitimatio ad causam” di Vittoria Assicurazioni, e non essendo stata siffatta statuizione da essa impugnata, la medesima non ha titolo per contraddire in ordine ad un’impugnazione, qual è la presente, relativa ad una pretesa risarcitoria che, sin dal giudizio di primo grado (e poi nelle successive fasi processuali), è stata azionata, dichiaratamente, solo contro altri soggetti (arg. ex Cass. Sez. 3, sent. 29 aprile 2015, n. 8963, Rv. 635078-01, concernente il caso di riconosciuta inammissibilità della costituzione in appello della parte estromessa all’esito del giudizio di primo grado, sul presupposto della propria carenza di legittimazione, in difetto di impugnazione di tale decisione).
8. A carico di parte ricorrente sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, ricollegandosi tale obbligo, per Multiservice, al rigetto dell’impugnazione, nonchè, per la L.G., alla declaratoria di inammissibilità del ricorso.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Nulla è dovuto quanto alle spese del presente giudizio.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, all’esito di adunanza camerale della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 24 gennaio 2018.
Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018
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