Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.25387 del 12/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25663-2016 proposto da:

ENI SPA ***** in persona del suo Senior Vice President *****, C.P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DI VIGNA MURATA 1, presso lo studio dell’avvocato CORRADO CARRUBBA, rappresentati e difesi dagli avvocati TIZIANA LOCOROTONDO, CORRADO V. GIULIANO giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ITALGAS RETI SPA in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLLEFERRO 15, presso lo studio dell’avvocato ANNA MARIA VETERE, rappresentata e difesa dall’avvocato FABRIZIO MAIMONE ANSALDO PATTI giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

A.R.;

– intimato-

avverso la sentenza n. 569/2016 del TRIBUNALE di AGRIGENTO, depositata il 07/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/06/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

RILEVATO

che:

1. Con ricorso notificato il 4 novembre 2016 per via telematica Eni S.p.A. impugna la sentenza del Tribunale di Agrigento, pubblicata il 7 aprile 2016, con la quale è stato respinto l’appello della sentenza pronunciata dal Giudice di Pace nei confronti della società Italgas Reti s.p.a.(società di distribuzione di energia) nel procedimento volto ad affermare la responsabilità di quest’ultima società nell’errore di lettura del contatore dell’utente A.R., il quale aveva agito nei confronti di Eni S.p.A. per ottenere la restituzione di quanto versato in eccesso a causa del mancato azzeramento del contatore al tempo del suo subentro nella posizione di un altro utente. L’intimata notificava controricorso per resistere; la ricorrente depositava memoria.

2. Nel procedimento di appello tra Eni (impugnante principale) e l’utente A.R. (appellato) interveniva una transazione, e pertanto il Tribunale dichiarava la cessazione della materia del contendere compensando le spese tra le due parti. Per quanto riguarda la posizione tra Eni e Italgas (appellata e impugnante incidentale), chiamata in responsabilità da Eni, il Tribunale, respingendo l’appello principale, affermava che la domanda di Eni nei confronti di Italgas si dovesse qualificare entro la cornice dell’azione di risarcimento del danno per il fatto di avere trasmesso dati erronei; che, in relazione a tale fatto, non vi fosse prova di alcuna responsabilità di ItalGas nella lettura del contatore dell’utente posto che, all’epoca, Italgas non era preposta alla lettura dei contatori, essendosi il fatto verificato prima del *****, data in cui erano entrate in vigore nuove disposizioni in tal senso; rilevava, infine, che la domanda fosse infondata, in mancanza di prova di un titolo di responsabilità imputabile alla società Italgas, posto che i documenti prodotti non dimostravano nulla in merito all’errore di lettura del contatore. Il Tribunale, pertanto, in accoglimento dell’appello incidentale di Italgas, riformava la sentenza di primo grado relativamente alle spese di primo grado, liquidate in favore dell’utente e accollate a Italgas in solido con la società Eni, che venivano poste a carico di Eni per entrambi i gradi.

RITENUTO

che:

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione della Delib. 17 novembre 2010, n. 201, art. 5, ex art. 360 c.p.c., n. 3.

1.1. La doglianza è inammissibile sotto un duplice profilo ascrivibile a una violazione del principio di specificità ex art. 366 c.p.c., n. 4.

1.2. Da un lato, la censura non si rapporta alla ratio decidendi della pronuncia impugnata, ove è stato dato il rilievo al fatto che la delibera de qua non si applica ratione temporis ai fatti di causa, e che pertanto non potrebbe affermarsi una responsabilità del gestore della rete di fornitura di gas derivante da una disposizione normativa successivamente introdotta.

1.3. Dall’altro, la ricorrente prospetta la violazione degli articoli 1173,1175 e 2093 c.c. sull’assunto che vi sia prova della violazione di un affidamento che di fatto si è creato per avere Italgas comunicato a ENI i dati di consumo attraverso il portale informatico, così come riportati nella fattura contestata dall’utente finale. La ricorrente, in tal modo, denuncia che non è stata valutata una situazione di fatto da cui sarebbe desumibile la responsabilità di Italgas nei confronti di Eni che si è affidata al suo servizio. La ratio decidendi che si coglie nella decisione del Giudice di merito è, tuttavia, nel senso che i documenti in atti non sono utili a dimostrare un errore di lettura imputabile alla società Italgas. In sede di scrutinio di legittimità, invero, non è ammesso indurre la Corte a procedere a un riesame del materiale probatorio già congruamente valutato dal giudice di merito, trattandosi di un’ attività di valutazione del “fatto” che esula dalla funzione propria del giudizio di legittimità, non inquadrabile neanche come un errore di sussunzione del “fatto” nella cornice normativa di riferimento.

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., nonchè la violazione degli artt. 1173,1175 e 2043 c.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3 e art. 360 c.p.c., n. 5.

2.1. Il motivo è inammissibile.

2.2. Il ricorrente si duole del fatto che il Giudice d’appello abbia omesso di considerare la mancata contestazione da parte di Italgas della trasmissione dei dati di lettura al gestore della fornitura, e del rapporto di collaborazione instaurato tra le due parti; inoltre con lo stesso motivo denuncia che non è stato considerato il contenuto del documento n. 5. Il motivo, innanzitutto, manca del requisito di autosufficienza di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto in atti non vi è menzione del contenuto e dell’ubicazione processuale dell’atto da cui tali circostanze possono ritenersi come non specificamente contestate.

2.3. Osserva la Corte, inoltre, che i fatti e le circostanze in questione, di contro, risultano essere stati tutti complessivamente considerati dal Giudice di merito, ma valutati diversamente, e pertanto la censura sollecita di nuovo la Corte a riconsiderare questioni di merito già adeguatamente scrutinate dal Giudice del fatto, che non risulta essere incorso in un’ omissione di valutazione di un fatto decisivo o in violazioni di criteri normativi nella valutazione delle prove e della condotta assunta dalla parte convenuta nel corso del rapporto intrattenuto.

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la mancata considerazione di fatti rilevanti, quali il documento 5 prodotto che per il giudice non sarebbe un prospetto dei dati di lettura del contatore, bensì una scheda tecnica di attivazione della fornitura di gas, ex art. 360 c.p.c., n. 5.

3.1. Il motivo è inammissibile.

3.2. Deve infatti rilevarsi che la censura non è esposta in conformità ai nuovi parametri indicati nella nuova versione della norma processuale per potere considerare il vizio di motivazione sotto il profilo della insufficiente motivazione, atteso che viene denunciato il vizio di motivazione illogica e contraddittoria, il che appartiene a un campo di indagine divenuto inammissibile alla luce della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, che ammette solo un rilievo di omissione di fatti decisivi e oggetto di discussione, a supporto della generale funzione nomofilattica della Corte di legittimità, quale giudice dello ius constitutionis e non, se non nei limiti della violazione di legge, dello ius litigatoris (Sez. 3 -, Sentenza n. 5795 del 08/03/2017; Cass S.U. n. 8053/2014).

3.3. In ogni caso, il motivo si dimostra privo del requisito di autosufficienza degli atti processuali, ex art. 366 c.p.c., n. 6, come sopra rilevato al punto 2.2., poichè nel ricorso non è sinteticamente riportato il contenuto del documento di cui si denuncia l’omessa valutazione, per poterlo considerare in relazione al suo effettivo portato semantico.

4. Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente alle spese, liquidate in Euro 2.500,00, oltre Euro 200,00 per spese, spese forfetarie al 15% e oneri di legge.

PQM

1. Dichiara inammissibile il ricorso;

2. Condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 2.500,00, oltre Euro 200,00 per spese, spese forfetarie al 15% e oneri di legge;

3. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione civile, il 20 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018

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