Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.25433 del 12/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14718/2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso FAVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

I.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LORENZO BRUNO ANTONIO MOLINARO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10882/23/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI, depositata il 05/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 12/09/2018 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON.

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 10882/23/2016 depositata in data 5 dicembre 2016 la Commissione tributaria regionale della Campania accoglieva l’appello proposto da I.A. avverso la sentenza n. 30380/14/14 della Commissione tributaria provinciale di Napoli che ne aveva parzialmente accolto il ricorso contro l’atto impositivo per II.DD. ed IVA 2008. La CTR osservava in particolare che l’atto impositivo impugnato non trovava fondamento in prove presuntive adeguate, con particolare riguardo all’annualità di imputazione dei maggiori redditi accertati.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo due motivi.

Resiste con controricorso il contribuente.

CONSIDERATO

che:

In via preliminare deve essere rilevata l’infondatezza dell’eccezione sollevata dal controricorrente di inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza.

Va ribadito che “Il ricorso per cassazione – per il principio di autosufficienza – deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicarne specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione” (Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015, Rv. 636120-01).

Il ricorso agenziale rispetta adeguatamente tale principio di diritto, posto che – nitidamente – illustra lo svolgimento del processo nei gradi di merito ed il suo oggetto sostanziale, anche in riferimento alla fase procedimentale amministrativa, non necessitandosi ai fini decisionali di informazioni ulteriori.

Ciò posto, con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – l’agenzia fiscale ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata per vizio motivazionale assoluto (motivazione apparente), in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, art. 61, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c..

La censura è fondata.

Va ribadito che:

– “La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526-01);

– “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

La motivazione della sentenza impugnata rientra paradigmaticamente nelle gravi anomalie argomentative individuate in detti arresti giurisprudenziali, dunque, concretizzando un chiaro esempio di “motivazione apparente” ossia del tutto mancante, si pone sicuramente al di sotto del “minimo costituzionale”.

La CTR campana infatti, per un verso ritiene logicamente carente la ripresa fiscale nell’annualità de qua, in quanto fondata sulla “doppia presunzione” di omessa fatturazione e di pagamento dei corrispettivi professionali al contribuente da parte dei suoi clienti entro l’anno di maturazione del relativo termine prescrizionale triennale; per altro verso ugualmente afferma l’insufficienza/inadeguatezza delle controprove indiziarie prodotte dal professionista (dichiarazioni dei clienti di non aver pagato alcunchè).

Ne deriva una insormontabile “perplessità” dell’ apparato argomentativo di supporto alla pronuncia, tale da integrare appunto il denunciato vizio motivazionale assoluto (motivazione apparente).

La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al primo motivo, assorbito il secondo motivo, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018

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