Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.25441 del 12/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –

Dott. NONNO G. M. – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria G. – Consigliere –

Dott. GORI P. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17244/2012 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura;

– ricorrente –

contro

ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA “ZAGARA TENNIS CLUB”, in persona del legale rappresentante p.t., con sede in *****;

– intimata –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, Palermo n. 71/1/11 depositata il 19/5/2011;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 1/2/2018 dal consigliere Pierpaolo Gori.

RILEVATO

che:

– Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, Palermo (in seguito, CTR), veniva rigettato l’appello proposto dall’AGENZIA DELLE ENTRATE contro l’ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA “ZAGARA TENNIS CLUB” (in seguito, la contribuente), e confermata la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Palermo (in seguito, CTP) n. 244/02/2006, avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento IVA+IRPEF +IRAP e contributi INPS, relativo all’anno di imposta 1998;

– In particolare: a) contro l’avviso, che traeva origine da processo verbale di constatazione il quale recuperava ad imposta reddito di impresa commerciale, la contribuente proponeva ricorso avanti alla CTP lamentando la nullità dell’accertamento per mancata allegazione del p.v.c. e contestava lo svolgimento di attività di impresa, ricorso accolto; b) avverso la sentenza del giudice di prime cure l’Agenzia proponeva appello ribadendo le rilevate differenze oggettive e soggettive riguardo le quote sociali, l’assenza nell’atto costitutivo di divieto di distribuzione degli utili, il mancato rispetto del principio di sovranità dell’assemblea, la concessione dei campi da tennis in uso ad estranei a titolo oneroso, in assenza di fatture o scontrini; l’appello veniva disatteso per ritenuta assenza di prova dell’attività di impresa;

– Avverso la sentenza propone ricorso per Cassazione l’Agenzia affidato a quattro motivi.

RITENUTO

che:

– Con il primo motivo di ricorso, viene censurata ai fini e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 la violazione o falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, art. 36, comma 2, nn. 2 e 4, artt. 53 e 54 per aver la CTR nella sua motivazione aderito apoditticamente e in via meramente adesiva alla tesi della contribuente, a sua volta recepita supinamente dalla CTP;

– Il motivo è infondato. Questa Corte ha ancora recentemente statuito che “Deve considerarsi nulla la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello.” (Cass. 21 settembre 2017 n. 22022). Nel caso di specie, la sentenza gravata nell’esposizione in fatto fa un riferimento ai motivi di appello volti ad identificare l’attività di impresa commerciale svolta dalla contribuente e nella parte motiva vi è una succinta risposta negativa che non rende il richiamo alla sentenza di primo grado di una laconicità tale da rendere la sentenza gravata nulla;

– Con il secondo motivo si lamenta come vizio motivazionale il difetto assoluto di motivazione o motivazione solo apparente in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

– Il motivo è fondato. La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che sussiste il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 quando il giudice di merito ometta di indicare, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. 6 giugno 2012 n.9113; Cass. 27 gennaio 2006 n.1756; Cass. 25 febbraio 1998 n.2067);

– Nel caso di specie la motivazione della sentenza gravata è racchiusa nel secondo capoverso, che qui si riporta “osserva il collegio che la presente controversia, nella sostanza, orbita attorno all’asserito, ma non dimostrato carattere di commercialità dell’associazione resistente”; per il resto, la sentenza riporta arresti giurisprudenziali senza collegamento con la fattispecie concreta, non essendo tale una formula stereotipata che parafrasa l’art. 2697 c.c. “nella fattispecie in esame, l’Amministrazione, benchè gravata dell’onere della prova (…) non ha introdotto in giudizio alcuna prova documentale meritevole di apprezzamento processuale, limitandosi ad affermazioni labiali”; tali passaggi motivazionali rientrano a pieno titolo nel paradigma della motivazione apparente non solo in quanto scollegati a richiami puntuali al caso concreto, attraverso documenti, ma anche alle stesse doglianze oggetto di impugnazione non essendo evincibili i motivi di appello, se non vagamente attraverso la narrazione in fatto, nè le razionali risposte della Corte a ciascuno di essi; l’appello dell’Agenzia merita dunque di essere rimeditato da parte della CTR;

– In accoglimento del secondo motivo, assorbiti il terzo e quarto, la sentenza dev’essere conseguentemente cassata con rinvio alla CTR Sicilia, in diversa composizione, per ulteriore esame in ordine al profilo accolto, oltre alla determinazione delle spese.

PQM

la Corte:

rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, assorbiti il terzo e quarto, cassa la sentenza impugnata, e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale Sicilia, in diversa composizione, in ordine al profilo accolto, ed anche per il regolamento delle spese di lite.

Così deciso in Roma, il 1 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018

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