LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. PERRINO Angelina – Consigliere –
Dott. NONNO G. M – rel. Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria G. – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 29878/2011 R.G. proposto da:
Cormas s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, largo Arenula n. 34, presso lo studio dell’avv. Gennaro Terracciano, che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine dei ricorsi;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenze della Commissione Tributaria Regionale del Veneto n. 95/08/11, depositata il 20 settembre 2011.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 22 maggio 2018 dal Cons. Dott. Giacomo Maria Nonno.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VITIELLO Mauro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Udito l’avv. Gennaro Terracciano per la ricorrente nonchè l’avv. Carlo Maria Pisana per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 95/08/11 del 20/09/2011, la CTR del Veneto, a seguito di due giudizi di rinvio della Corte di cassazione (sentenze n. 7964 del 26/07/1999 e n. 21043 del 03/05/2007), rideterminava in Euro 1.376.035,71 la sanzione unica tributaria a carico della Cormas s.p.a. a seguito di atti impositivi relativi agli anni di imposta 1985, 1986 e 1987 aventi ad oggetto IVA, IRPEG ed ILOR.
1.1. Come si evince dalla sentenza della CTR e dagli atti difensivi delle parti: a) la vicenda trae origine dalla contestazione alla società Cormas s.p.a., per gli anni 1985-1987, dell’omessa applicazione dell’IVA su transazioni di oro in lamina e di argento in grani con correlativo rilievo di omessa annotazione di ricavi ai fini delle imposte dirette; b) con sentenza n. 21043 del 2007 questa Corte rigettava tutti i motivi di ricorso proposti dalla Cormas s.p.a. avverso la pregressa sentenza di merito concernente gli atti impositivi ad eccezione del quinto motivo di ricorso, accolto per quanto di ragione, con riferimento alla “errata individuazione, e conseguente inesatta determinazione della misura degli aumenti da applicare sulla sanzione di “maggiore entità” (“pari a Lire 1.417.902.860") già determinata dal giudice a quo, delle norme applicabili alla specie”.
1.2. La CTR motivava il rigetto dell’appello proposto dalla Cormas s.p.a. avverso la sentenza della CTP evidenziando che si era formato un giudicato interno in ordine alle questioni espressamente rigettate dalla S.C. con la sentenza n. 21043 del 2007, ivi compresa quella relativa alla imponibilità a fini IVA delle operazioni dell’oro in lamine; preso atto, inoltre, che la stessa Corte aveva indicato quale era la sanzione di maggiore entità, determinava in Euro 1.376.035,71 la sanzione dovuta.
2. Avverso la sentenza della CTR la Cormas s.p.a. proponeva ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.
3. L’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Va pregiudizialmente dichiarata l’improcedibilità del ricorso.
1.1. Invero, come stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte, “nell’ipotesi in cui il ricorrente per cassazione non alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, la S.C. deve ritenere che lo stesso ricorrente abbia esercitato il diritto di impugnazione entro il c.d. termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., procedendo all’accertamento della sua osservanza. Tuttavia, qualora o per eccezione del controricorrente o per le emergenze del diretto esame delle produzioni delle parti o del fascicolo d’ufficio emerga che la sentenza impugnata era stata notificata ai fini del decorso del termine di impugnazione, la S.C., indipendentemente dal riscontro della tempestività o meno del rispetto del termine breve, deve accertare se la parte ricorrente abbia ottemperato all’onere del deposito della copia della sentenza impugnata entro il termine di cui al primo comma dell’art. 369 c.p.c. e, in mancanza, deve dichiarare improcedibile il ricorso, atteso che il riscontro della improcedibilità precede quello dell’eventuale inammissibilità” (Cass. n. 1295 del 19/01/2018; Cass. n. 3564 del 24/02/2016; Cass. n. 7469 del 31/03/2014; Cass. S.U. n. 9005 del 16/04/2009).
E’ stato, inoltre, precisato che: “ai fini dell’osservanza dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, è sufficiente, ove la notifica della sentenza impugnata sia avvenuta a mezzo posta, che il ricorrente depositi, insieme al ricorso, copia autentica della sentenza con la relazione di notificazione, ossia con l’attestazione dell’ufficiale giudiziario della spedizione dell’atto, spettando al resistente l’onere di contestare, attraverso il deposito dell’avviso di ricevimento in suo possesso, il rispetto del termine breve d’impugnazione, atteso che, alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata che eviti, in ossequio al principio del giusto processo, oneri tali da rendere eccessivamente difficile la tutela giurisdizionale, deve tenersi conto che solo il resistente, in qualità di notificante, ha la materiale disponibilità dell’avviso di ricevimento” (Cass. n. 19750 del 19/09/2014).
Da ultimo è stato affermato che: “in tema di giudizio di cassazione, deve escludersi la possibilità di applicazione della sanzione della improcedibilità, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, al ricorso contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, ove quest’ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice perchè prodotta dalla parte controricorrente ovvero acquisita mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio” (Cass. S.U. n. 10648 del 02/05/2017).
1.2. Nel caso di specie, la ricorrente ha dichiarato che la sentenza della CTR è stata notificata a mezzo del servizio postale in data 7 novembre 2011; tuttavia produce unicamente copia conforme della predetta sentenza, senza che dalla stessa risulti la relazione di notificazione ovvero l’attestazione dell’ufficiale giudiziario di spedizione dell’atto; nè tali elementi si ricavano dalla produzione dell’Agenzia delle entrate ovvero dal fascicolo d’ufficio.
2. All’improcedibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente alle spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo, avuto conto di un valore della lite di Euro 1.376.035,71.
P.Q.M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 15.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 22 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018