Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.25460 del 12/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 27243/2011 R.G. proposto da:

SVILUPPO IMMOBILIARE CORIO S.R.L., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avv. Livia Salvini e dagli avv.ti Elenio Bidoggia e Giovanna Oddo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Livia Salvini, in Roma, Viale Mazzini, n. 9;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, alla via Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende come per legge;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 88/38/10 della Commissione Tributaria regionale della Lombardia depositata il 24 settembre 2010;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 29/5/2018 dal Consigliere Dott. Pasqualina Anna Piera Condello;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dott.ssa Mastroberardino Paola, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso principale e la inammissibilità del ricorso incidentale;

udito il difensore della parte ricorrente, avv. Elenio Bidoggia.

FATTI DI CAUSA

A seguito di verifica fiscale, l’Agenzia delle Entrate notificava alla società Sviluppo Immobiliare Corio s.r.l. avviso di accertamento con il quale contestava, in relazione al periodo d’imposta 2004, numerose violazioni in conseguenza delle quali procedeva al recupero a tassazione di maggior imponibile ai fini Ires, Irap ed Iva.

La società contribuente impugnava l’atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria provinciale, eccependo la infondatezza delle rettifiche operate, ed il ricorso veniva parzialmente accolto.

Proposto appello principale dalla contribuente ed appello incidentale dall’Ufficio, la Commissione Tributaria regionale respingeva quello della contribuente, motivando che i rilievi effettuati dall’Ufficio erano stati analiticamente analizzati dai giudici di primo grado.

Osservava, in particolare, relativamente alla contestazione riguardante gli interessi scaturenti dai finanziamenti infruttiferi concessi dalla contribuente a società da essa controllate, che la Sviluppo Immobiliare Corio s.r.l. non aveva provato l’economicità della operazione effettuata e, quanto ai maggiori componenti positivi, che la documentazione prodotta dalla società non provava la riduzione delle prestazioni ed i minori ricavi.

Rigettava, altresì, l’appello incidentale, confermando il giudizio già espresso dai giudici di primo grado.

Avverso la suddetta decisione ricorre per cassazione la Sviluppo Immobiliare Corio s.r.l., con sei motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c..

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo.

La contribuente ha depositato controricorso al ricorso incidentale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la contribuente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

La ricorrente ha evidenziato che con l’avviso di accertamento impugnato l’Ufficio aveva, tra l’altro, contestato, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, l’omessa fatturazione di operazioni esenti per l’importo di Euro 291.067,00 e l’omessa fatturazione di operazioni imponibili per l’importo complessivo di Euro 246.373,86; in particolare, le contestazioni relative all’Iva concernevano:

a) quanto ad Euro 291.067,00, “i maggiori componenti positivi di reddito (interessi attivi)” presunti sui “finanziamenti infruttiferi di interessi erogati dalla Sviluppo Immobiliare Corio s.r.l. alle società da quest’ultima controllate”, in quanto, secondo la ricostruzione dell’Ufficio, l’erogazione di detti finanziamenti infruttiferi costituiva comportamento antieconomico;

b) quanto ad Euro 54.000,00, i “maggiori componenti positivi di reddito (omessa fatturazione di prestazioni di servizi)”, che trovavano fondamento in un contratto stipulato dalla contribuente con la società Astro Immobiliare s.r.l. “per prestazioni di servizi resi dalla verificata a fronte di un corrispettivo annuo di Euro 100.000,00”;

c) quanto ad Euro 192.373,86, il contratto di comodato tra la ricorrente e l’Associazione senza scopo di lucro “Mondo X”, avente ad oggetto un immobile sociale di interesse storico artistico; secondo la ricostruzione operata dall’Amministrazione finanziaria, il contratto di comodato rientrava “nella fattispecie prevista dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 3” ed ai fini della determinazione dell’imponibile si applicava la norma dell’art. 52 bis del Testo unico 12 aprile 1986, n. 131, che prevedeva la determinazione del canone annuo di locazione in misura pari al 10% del valore dell’immobile, determinato ai sensi dell’art. 52, comma 4 stesso decreto.

Ha, altresì, sottolineato che in tutti e tre casi si trattava di prestazioni di servizi in relazione alle quali veniva contestata la omessa fatturazione di operazioni per le quali non era neppure ipotizzato il pagamento del corrispettivo e che sia in primo sia in secondo grado aveva fatto presente che le rettifiche riguardanti i maggiori componenti positivi di reddito (interessi attivi) per Euro 291.067,00 e l’omessa fatturazione di prestazioni di servizi per Euro 54.000,00 erano del tutto infondate, atteso che, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, le prestazioni di servizi si consideravano effettuate solo “all’atto del pagamento del corrispettivo”, che, nel caso di specie, non era mai avvenuto.

A fronte delle specifiche censure sollevate, i giudici di appello avevano omesso di pronunciarsi.

2. Con il secondo motivo, la contribuente lamenta, con riguardo alle medesime rettifiche, sia un difetto di motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6,comma 3, art. 21, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 3, D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52 bis e L. n. 413 del 1991, art. 11.

Sostiene che i giudici di secondo grado hanno omesso di spiegare le ragioni in base alle quali tali rettifiche dovrebbero essere ritenute legittime e sono incorsi nelle violazioni di legge denunciate, considerato che per i finanziamenti infruttiferi non si è verificata alcuna operazione imponibile ai fini Iva, posto che il pagamento del corrispettivo non è mai avvenuto, e che neppure è mai stato versato dalla Astro Immobiliare s.r.l. il corrispettivo di Euro 54.000,00, essendo stata concordata, in data 3/12/2004, una riduzione dell’importo originariamente pattuito in contratto.

Con riferimento all’imponibile di Euro 192.373,86, ha spiegato che aveva iscritto nel proprio bilancio, tra le rimanenze, l’immobile *****, destinato alla vendita, ma, poichè la vendita era risultata difficoltosa, trattandosi di immobile di interesse storico-artistico ai sensi della L. 1 giugno 1939, n. 1089, aveva deciso di concederlo temporaneamente in comodato all’Associazione senza fine di lucro “Mondo X”; l’immobile, secondo la ricorrente, non era stato destinato a “finalità estranee all’esercizio dell’impresa”, atteso che l’Associazione aveva assunto l’obbligo di custodirlo e di eseguire una accurata manutenzione ordinaria della villa storica, senza apportare modifiche interne ed esterne, sicchè la rettifica si poneva in contrasto con il disposto del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52 bis posto che in materia di immobili di interesse storico doveva applicarsi il diverso criterio previsto dalla L. n. 413 del 1991, art. 11 ai sensi del quale “il reddito degli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico ai sensi della L. 1 giugno 1939, n. 1089, art. 3 e successive modificazioni e integrazioni, è determinato mediante l’applicazione della minore tra le tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato l’immobile”.

3. Il primo motivo è fondato, con assorbimento del secondo.

La Commissione Tributaria regionale, pur contenendo l’avviso di accertamento rettifiche anche ai fini Iva, nell’esaminare i rilievi mossi dall’Amministrazione finanziaria, ha del tutto omesso di pronunciarsi sui motivi di gravame e sulle eccezioni formulati dalla società contribuente, ritrascritti nel ricorso per cassazione, incorrendo in tal modo nel vizio di omessa pronuncia.

Infatti, l’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello, e, in genere, su una domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio, integra una violazione dell’art. 112 c.p.c., che deve essere fatta valere esclusivamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, che consente alla parte di chiedere – e al giudice di legittimità di effettuare – l’esame degli atti del giudizio di merito, nonchè, specificamente, dell’atto di appello (Cass. n. 22759 del 27/10/2014).

4. Con il terzo motivo, la ricorrente deduce omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Premesso che con l’avviso di accertamento l’Ufficio aveva contestato, ai fini Ires, “maggiori componenti positivi di reddito (interessi attivi) per Euro 291.067,00”, sul presupposto che si trattasse di comportamento antieconomico, ha precisato che nel corso del giudizio di merito aveva evidenziato che la erogazione di finanziamenti infruttiferi alle società controllate trovava giustificazione in motivazioni economico gestionali che non comportavano un risparmio fiscale.

In particolare, ha ribadito di avere documentato che, attraverso società controllate, quasi sempre al 100%, aveva proceduto all’acquisizione di aree non edificabili, confidando nella possibilità di riuscire ad ottenere il cambio di destinazione tramite la presentazione di varianti collegate a progetti di sviluppo, in modo da valorizzare dette aree; non disponendo le società controllate di risorse finanziarie per procedere all’acquisto delle aree ed allo sviluppo della iniziativa immobiliare e non potendo ottenere credito dal sistema bancario, aveva essa stessa fornito le risorse attraverso finanziamenti infruttiferi, come risultava dal verbale di assemblea ordinaria dei soci, dal bilancio e dalle scritture contabili, con l’intento di tramutare i finanziamenti concessi in fruttiferi al momento in cui le aree avessero acquistato valore (come era avvenuto nel caso della società Cristallo s.r.l.).

Lamenta, quindi, che i giudici di appello, con motivazione insufficiente a sorreggere la pretesa fiscale, hanno ritenuto di confermare la ripresa a tassazione degli interessi attivi.

5. La censura è fondata.

Nella motivazione della sentenza impugnata i giudici di appello, con riguardo al rilievo in esame, si sono limitati ad affermare “Relativamente al rilievo riguardante gli interessi passivi in considerazione che la società è una società di capitali, operando essa per i soci non può non dimostrare l’economicità dell’operazione effettuata. La mancanza dell’economicità è contestata dall’Ufficio che li riprende giustamente a tassazione e pertanto si conferma la ripresa a tassazione”.

Va, in proposito, rilevato che la Commissione Tributaria regionale si riferisce ad “interessi passivi”, pur riguardando la ripresa a tassazione interessi attivi che l’Ufficio fa derivare da un presunto comportamento antieconomico della contribuente costituito dalla erogazione di finanziamenti infruttiferi, e comunque non spiega l’iter logico -giuridico che l’ha condotta al proprio convincimento, nè tanto meno le ragioni per le quali ritiene che le argomentazioni addotte dalla contribuente e la documentazione prodotta, volte a dimostrare che i finanziamenti infruttiferi erogati alle società da essa controllate erano supportati da una esigenza economica che non aveva finalità elusive, non fossero, di per sè, idonee a giustificare la concessione dei finanziamenti.

Sussiste, dunque, il dedotto vizio di motivazione, considerato che “la motivazione omessa o insufficiente è configurabile qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione. (Cass., Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013).

6. Con il quarto motivo, denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e dell’art. 2979 c.c., la ricorrente assume che la sentenza impugnata ha violato le norme di legge richiamate, in quanto la contestazione dell’Ufficio si fonda su presunzioni che non sono gravi precise e concordanti e, dunque, idonee a giustificare la legittimità del rilievo.

6.1. L’accoglimento del terzo motivo comporta l’assorbimento del quarto motivo.

7. Con il quinto motivo, la ricorrente censura la sentenza, per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nella parte in cui i giudici di appello, pur avendo riconosciuto l’esistenza di un accordo contrattuale datato 3/12/2004 tra la contribuente e la Astro Immobiliare s.r.l., avente ad oggetto la riduzione del corrispettivo originamente concordato da Euro 100.000,00 ad Euro 46.000,00, hanno ritenuto tale pattuizione insufficiente a comprovare i minori ricavi.

7.1. La censura è fondata.

Nella sentenza la Commissione regionale ha così motivato: “Anche per i maggiori componenti positivi la società giustifica il minor fatturato rispetto a quanto contrattato con una lettera datata a fine esercizio, quando la prestazione è avvenuta durante tutto l’esercizio, non comprova quindi la riduzione delle prestazioni e quindi i minori ricavi”.

La motivazione, per la sua genericità ed estrema sinteticità, non consente di ricostruire il procedimento logico seguito dal giudice di appello per addivenire alla decisione, in quanto, pur essendo pacifico che le parti hanno dato esecuzione all’accordo raggiunto in data 3/12/2004, tanto che la Astro Immobiliare s.r.l. ha pagato il minor importo di Euro 46.000,00, mostrando in tal modo di avere accettato la intervenuta modifica del corrispettivo, nella sentenza impugnata non sono state esplicitate le ragioni per cui detto accordo non sia idoneo a giustificare la riduzione del corrispettivo originariamente pattuito, nè ancora i motivi per cui si è ritenuto che la riduzione del corrispettivo, sebbene concordata alla fine dell’esercizio 2004, non possa trovare giustificazione nelle minori prestazioni erogate dalla ricorrente nel corso dell’anno 2004.

8. Con il sesto motivo, deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), dell’art. 2979 c.c. e del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 72,81 e 85, la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata, ritenendo priva di rilevanza la modifica contrattuale intervenuta tra le parti in data 3/12/2004 ed irrilevante il comportamento successivo tenuto dalle parti, in violazione delle disposizioni normative richiamate, ha assoggettato a tassazione ricavi per Euro 54.000,00, mai conseguiti.

8.1. L’accoglimento del quinto motivo consente di ritenere assorbito il sesto motivo.

9. Con l’unico motivo del ricorso incidentale la Agenzia delle Entrate censura la sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., sostenendo che la motivazione resa dai giudici di appello in merito all’appello incidentale da essa proposto è di puro stile e meramente apparente e, conseguentemente, nulla.

9.1. La censura è fondata.

I giudici di secondo grado, pronunciandosi sull’appello incidentale dell’Ufficio che riguardava i rilievi annullati in primo grado, si sono limitati a richiamare il giudizio espresso dai giudici di primo grado, senza procedere ad una valutazione dei motivi di gravame, sicchè la decisione non si fonda su una base motivazionale autonoma ed incorre nella violazione denunciata. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, infatti, nel processo tributario, la motivazione di una sentenza può essere redatta “per relationem” rispetto a quella di un’altra decisione, anche se non passata in giudicato, purchè riproduca i contenuti mutuati e li renda oggetto di un’autonoma valutazione critica, in modo da consentire la verifica della compatibilità logico – giuridica del rinvio (Cass. n. 5209 del 06/03/2018).

In conclusione, devono essere accolti il primo, il terzo ed il quinto motivo del ricorso principale, assorbiti il secondo, il quarto ed il sesto motivo del ricorso principale, e va accolto il ricorso incidentale; la sentenza deve essere cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, per il riesame in ordine alle censure accolte, oltre che per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo, il terzo ed il quinto motivo del ricorso principale, assorbiti il secondo, il quarto ed il sesto motivo del ricorso principale, ed accoglie il ricorso incidentale proposto dall’Agenzia delle Entrate; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione Tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 29 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018

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