Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.25494 del 12/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A. – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. BERNAZZANI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28187-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CONFIDIMPRESA LAZIO SCARL, elettivamente domiciliato in ROMA VIA VODICE 7, presso lo studio dell’avvocato MAURO MALSESE, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 500/2011 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di LATINA, depositata il 27/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/05/2018 dal Consigliere Dott. PAOLO BERNAZZANI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del Sosstituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

RILEVATO

che:

L’Agenzia delle Entrate di Latina, con provvedimento in data 13.2.2007, disponeva il diniego parziale del rimborso della somma richiesta dal Consorzio Garanzia Collettiva Fidi-Confidi S.c.a r.l. (successivamente confluito in Confidimpresa Lazio S.c.a r.l., ora Fidimpresa Lazio Soc. coop. per azioni, società risultante dalla fusione fra Confidimpresa e Fidindustria Lazio s.c.a r.l.) tramite la dichiarazione dei redditi presentata per l’anno 1999, in considerazione dell’esito della procedura automatizzata di liquidazione dei redditi, con la quale l’Ufficio aveva proceduto alla rettifica di alcune poste, con conseguente riduzione del credito d’imposta a disposizione della stessa contribuente. L’Ufficio, inoltre, escludeva il diritto al rimborso della somma in contestazione ritenendo intervenuta, nel caso di specie, la decadenza prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38.

Con il ricorso proposto avverso tale provvedimento, la società contribuente deduceva la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis e dell’art. 6, comma 5 St. contr., per omessa comunicazione al contribuente degli esiti della procedura di liquidazione con conseguente nullità della procedura, nonchè l’inapplicabilità della decadenza D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38, stante la richiesta di rimborso di cui alla dichiarazione dei redditi per l’anno 1999. Si costituiva l’Ufficio, chiedendo il rigetto delle domande avversarie.

La CTP di Latina, con sentenza n. 73/01/2009, riconosceva il diritto al rimborso della somma di Euro 25.822,24, ritenendo, in particolare, che la contribuente fosse incorsa in un errore meramente formale nel riportare il credito vantato nella propria dichiarazione, nella quale era comunque contenuta una richiesta di rimborso, e considerava inapplicabile il termine di decadenza previsto dall’art. 38 cit., in quanto, nella specie, non occorreva la presentazione di un’apposita istanza, posto che l’Amministrazione, attraverso la stessa dichiarazione del contribuente, era stata posta in condizione di conoscere compiutamente la pretesa creditoria.

Avverso tale decisione interponeva appello l’Ufficio, eccependo in via preliminare che la CTP, nel condannare al pagamento dell’intera somma richiesta a rimborso, non aveva tenuto conto della già avvenuta erogazione di parte della stessa; deduceva, inoltre, l’erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 38 cit., posto che la non necessità di presentazione di apposita istanza di rimborso nei termini (48 mesi dalla data del versamento) è subordinata al “consolidamento” del credito, che si realizza o attraverso l’esplicito riconoscimento dello stesso da parte dell’A.F. in sede di liquidazione o, in via implicita, nell’ipotesi in cui l’Amministrazione non abbia provveduto alla rettifica nei termini previsti. Nessuna di tali ipotesi si era verificata nella specie, onde, in assenza di un credito che potesse definirsi “consolidato”, doveva ritenersi applicabile la decadenza ex art. 38 cit.

La contribuente contestava tali argomentazioni, ritenendo illegittima la predetta decadenza e considerando nullo l’esito della liquidazione automatizzata, in quanto non comunicata dall’A.F., con conseguente consolidamento del credito del contribuente, stante il carattere formale degli errori commessi in sede di dichiarazione dei redditi.

La CTR del Lazio, sezione distaccata di Latina, con sentenza n. 500/40/11, pronunciata il 17.6.2011 e depositata il 27.6.2011 rigettava l’appello interposto dall’Ufficio avverso la sentenza di primo grado.

Avverso tale decisione, l’Agenzia delle Entrate propone ricorso, affidato ad un motivo. Si è costituita mediante controricorso Fidimpresa Lazio Società Cooperativa per azioni (società risultante dalla fusione fra Confidimpresa Lazio S.c.a r.l. e Fidindustria Lazio s.c.a r.l.), la quale ha, altresì, depositato memoria difensiva. Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate deduce nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36 e 61 e dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. La ricorrente lamenta, in particolare, la violazione delle norme in materia di motivazione, con riferimento alla necessaria esposizione dei motivi in fatto ed in diritto che sorreggono la decisione, sottolineando come il giudice territoriale si sia limitato a richiamare genericamente la precedente sentenza di primo grado, senza in alcun modo dar conto degli argomenti e delle ragioni esposte dall’appellante nè operare una, sia pur sintetica, valutazione autonoma del thema decidendum.

2. Il motivo è fondato.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, cui il Collegio intende dare continuità, la motivazione di una sentenza può essere redatta per relationem rispetto a quella di un’altra decisione, ancorchè non passata in giudicato, purchè riproduca i contenuti mutuati e li renda oggetto di un’autonoma valutazione critica, in modo da consentire la verifica della compatibilità logico – giuridica del rinvio (Cass. Sez. 6 – 5, 06/03/2018, n. 5209, Rv. 647325 – 01; Cass. Sez. 5, 11/05/2012, n. 7347, Rv. 622892 – 01).

Per converso, “il vizio di motivazione previsto dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli un’obiettiva carenza nell’indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando il giudice non indichi affatto le ragioni del proprio convincimento rinviando, genericamente e per relationem, al quadro probatorio acquisito, senza alcuna esplicitazione al riguardo, nè disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito” (Cass. Sez. L, 21/12/2010, n. 25866, Rv. 615589 – 01). Conseguentemente, “deve considerarsi nulla la sentenza di appello motivata per relationem alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello” (Cass. Sez. 6 – 5, del 21/09/2017, n. 22022, Rv. 645333 – 01; Cass. Sez. 3, 02/02/2006, n. 2268, Rv. 586571 – 01; in termini analoghi, cfr. anche Cass. Sez. 1, 18/06/2018, n. 16057, Rv. 649281 – 01).

3. Nella specie, la sentenza gravata risulta completamente priva dell’indicazione delle ragioni della adesione alla ricostruzione ed alla valutazione operata dalla decisione di primo grado in punto di sussistenza dei presupposti per il concreto esercizio del diritto al rimborso in capo alla contribuente.

In particolare, la CTR si è limitata ad affermare che “la Commissione Tributaria Provinciale, con la sentenza impugnata, ha accolto il ricorso del contribuente con una motivazione in diritto articolata e circostanziata”, aggiungendo unicamente una precisazione in ordine al quantum debeatur, nel senso che la decisione di prime cure, nel pronunciare la condanna dell’Ufficio al rimborso richiesto dalla società contribuente, non aveva tenuto conto che una parte del credito era stata già riconosciuta dall’amministrazione, onde l’importo dovuto andava ridotto ad Euro 19.779,17.

In tal modo, la sentenza della CTR non consente in alcun modo di individuare il criterio logico-argomentativo che ha condotto alla formazione del convincimento espresso in ordine alla sussistenza dei presupposti sostanziali per il concreto esercizio del diritto al rimborso ed in ordine alla ritenuta infondatezza dei motivi di impugnazione fatti valere dall’Ufficio, operando, per converso, un mero ed assolutamente generico rinvio alle argomentazioni contenute nella sentenza di primo grado, senza individuarle e senza mostrare di averne fatto un esame critico, confrontandosi con i motivi di appello per fornire una risposta alle censure formulate, particolarmente per quanto riguarda il tema fondamentale dell’applicabilità del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 e dell’intervenuto decorso del termine decadenziale.

Il motivo di ricorso deve essere, pertanto, accolto e la sentenza deve essere cassata con rinvio alla medesima CTR del Lazio, in diversa composizione, alla quale è demandata anche la liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Lazio, sez. distaccata di Latina, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 18 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018

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