Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.25495 del 12/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. BERNAZZANI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26877-2011 proposto da.

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SICILIANA CARBOLIO SPA, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato VINCENZO TARANTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza 254/2020 della COMM.TRIB.REg. della Sicilia SEZ.DIST. di CATANIA, depositata il 16/09/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/05/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FEDFRICI.

CONSIDERATO

che:

l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 254/18/10, depositata il 16.09.2010 dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, Sez. Staccata di Catania.

Ha premesso che a seguito di processo verbale di constatazione, elevato il 20.06.2000 da militari della GdF, il 16.12.2005 notificava alla Siciliana Carbolio s.p.a. l’avviso di accertamento n. *****, con il quale ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis rettificava la dichiarazione della contribuente relativamente all’anno 1998 ai fini Iva e delle imposte dirette.

Nel ricorso proposto dalla società dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Catania la contribuente, oltre che dolersi della mancanza di motivazione e della infondatezza delle singole riprese a tassazione, eccepiva la nullità dell’accertamento per decadenza della Amministrazione dal potere accertativo ex art. 43 D.P.R. n. 600 cit. In particolare, essendo intervenuto l’accertamento nel termine di proroga biennale previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 10 la contribuente sosteneva che nel caso di specie l’Amministrazione non poteva fruire della suddetta proroga.

La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso con la sentenza depositata il 25.10.2007. l’Agenzia proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale, che con la sentenza ora impugnata confermava le statuizioni del giudice di primo grado.

L’Ufficio censura la sentenza con due motivi.

Con il primo per insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per essersi la CTR imitata a confermare la decisione di primo grado, senza considerare le critiche sollevate con l’atto d’appello dalla Amministrazione;

con il secondo per violazione e falsa applicazione della L. n. 298 del 2002, artt. 9, 10 e 15 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver correttamente interpretato la disciplina sul condono, escludendo la fattispecie dalla proroga biennale dei termini d’accertamento.

Si è costituita la società, che ha contestato le avverse difese, insistendo comunque nel merito sulla mancanza di motivazione e sulla infondatezza delle singole riprese a tassazione. Ha anche depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.

RILEVATO

che:

Deve premettersi che la contribuente ha sostenuto che alla Amministrazione non spettasse il termine di proroga biennale, previsto dall’art. 10 cit., per due motivi, il primo perchè la società aveva provveduto a presentare per altre annualità la dichiarazione automatica ex art. 9 Legge sul condono, il secondo perchè la notifica del processo verbale di constatazione ricevuto il 20.06.2000 – dunque prima della entrata in vigore della legge sul condono – impediva alla società l’accesso alle forme di definizione disciplinate dagli artt. 7, 8 e 9 legge, secondo quanto previsto dall’art. 7, comma 3; l’impossibilità oggettiva di accesso alle forme di condono costituirebbe, secondo la prospettazione difensiva della controricorrente, una ipotesi di esclusione dell’applicazione della proroga dei poteri accertativi dell’Ufficio.

La sentenza impugnata, come quella del giudice provinciale, ha condiviso la seconda ragione prospettata dalla contribuente.

Perimetrato l’oggetto della controversia portata all’attenzione della Corte, ed esaminando per ordine logico il secondo motivo del ricorso, con il quale l’Amministrazione lamenta un errore di diritto della sentenza, per violazione e falsa applicazione delle norme della L. n. 289 del 2002, esso è fondato.

In merito alla proroga biennale dei poteri di accertamento della Amministrazione finanziaria questa Corte ha ripetutamente affermato che in tema di condono fiscale la proroga biennale accordata agli uffici finanziari dalla L. n. 289 del 2002, art. 10 opera – in assenza di deroghe contenute nella legge – sia nel caso in cui il contribuente non abbia inteso avvalersi delle disposizioni di favore di cui alla suddetta legge, pur avendovi astrattamente diritto, sia nel caso in cui non abbia potuto farlo, perchè raggiunto da un avviso di accertamento notificatogli prima dell’entrata in vigore della legge (Cass. Ord. n. 3816/2018; sent. n. 16964/2016; sent. n. 22921/2014; sent. 17395/2010).

Si è in particolare evidenziato che la L. n. 289 del 2002, art. 10, concede agli Uffici finanziari una proroga di due anni dei termini per l’accertamento, fissati dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, (in materia di tributi diretti) e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, (in materia di IVA), nei confronti dei contribuenti “che non si avvalgono delle disposizioni recate dagli artt. da 7 a 9” della stessa legge. Le disposizioni richiamate contemplano varie forme di condono fiscale per anni pregressi (rispettivamente, definizione automatica dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo, integrazione degli imponibili dichiarati e definizione automatica). Esse non si applicano – per quanto qui interessa – ai soggetti che, come la ricorrente, abbiano ricevuto notifica di un processo verbale di constatazione con esito positivo, ossia con accertamento di maggiore imponibile, prima dell’entrata in vigore della norma agevolativa (art. 7 cit., comma 3, lett. c; art. 8 cit., comma 10, lett. a; art. 9 cit., comma 14, lett. a). Secondo la contribuente impedirebbe l’applicazione dell’art. 10 cit. Invece, partendo dalla considerazione che la norma non prevede deroghe, e posto che la legge concede proroga all’Ufficio per l’accertamento nei confronti dei contribuenti “che non si avvalgono” dei benefici recati dalle suddette disposizioni di favore, all’interprete non è lecito distinguere fra soggetti che non intendono e soggetti che non possono avvalersene, poichè l’espressione “non avvalersi”, secondo il significato proprio delle parole (art. 12 preleggi), descrive ugualmente gli atteggiamenti di chi non voglia e di chi non possa accedere al beneficio indicato, non essendo specificata nella legge alcuna riserva.

Pertanto errato è stato il ragionamento del giudice regionale.

Nè ha pregio invocare l’inapplicabilità della proroga perchè la società avrebbe fatto ricorso al condono per altri anni d’imposta, poichè gli effetti dell’accesso alle forme di definizione previste dalla L. 289 cit. per taluni anni non si estendono a quelli per i quali non si è potuto o non si è voluto provvedere con le medesime modalità.

L’accoglimento del secondo motivo assorbe il primo.

Rilevato che:

La sentenza va pertanto cassata e va rinviata alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia che, in diversa composizione, dovrà decidere sugli altri motivi di appello non ancora esaminati, nonchè sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo, assorbito il primo, cassa la sentenza e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, che in diversa composizione dovrà decidere anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 30 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018

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