LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4939/2011 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
– ricorrente –
contro
A.R.D.N. Automobili s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Dario Odelli e Gabriele Pafundi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, sito in Roma, via Giulio Cesare, 14;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. dist. di Brescia, n. 303/63/10, depositata il 9 novembre 2010;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 giugno 2018 dal Consigliere Paolo Catallozzi.
RILEVATO
CHE:
– l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. dist. di Brescia, depositata il 9 novembre 2010, di reiezione dell’appello dalla medesima proposta avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della A.R.D.N. Automobili s.r.l. per l’annullamento dell’avviso di accertamento con cui, relativamente all’anno 2002, era stata rettificata la dichiarazione e recuperate a tassazione le imposte non versate;
– dall’esame della sentenza impugnata si evince che la ripresa fiscale aveva per oggetto costi ritenuti indebitamente dedotti, in quanto non di competenza del periodo di imposta in esame, e l’i.v.a. detratta in relazione ad operazioni ritenute soggettivamente inesistenti;
– il ricorso è affidato a due motivi;
– resiste con controricorso la A.R.D.N. Automobili s.r.l. depositando memoria ex art. 380 bis c.p.c..
CONSIDERATO
CHE:
– con il primo motivo del ricorso l’Agenzia denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109(già, 75), comma 1, per aver la sentenza impugnata ritenuto che l’inosservanza del principio di competenza, derivante dalla imputazione del costo dedotto per acquisto di autoveicoli all’anno 2002, anzichè all’anno 2001, costituiva una violazione “di natura meramente formale”, inidonea a determinare alcuna sottrazione della materia imponibile;
– il motivo è fondato;
– in tema di reddito d’impresa, non è consentito al contribuente scegliere di effettuare la detrazione di un costo in un esercizio diverso da quello individuato dalla legge come esercizio di competenza, pur in assenza della configurabilità di un danno per l’erario, atteso che le regole sull’imputazione temporale dei componenti negativi, dettate in via generale dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75 (oggi, 109), sono vincolanti sia per il contribuente che per l’erario e, per la loro inderogabilità, non richiedono nè legittimano un qualche giudizio sul’ esistenza o meno di un danno erariale, per modo che appare decisamente irrilevante l’eventuale (anche effettiva) insussistenza dello stesso nel caso concreto (così, Cass. 6 settembre 2017, n. 20805; Cass. 24 gennaio 2013, n. 1648);
– con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 17, 19 e 21 e art. 2697 c.c., per aver il giudice di appello escluso la fondatezza della ripresa a tassazione dell’i.v.a. assolta in relazione ad operazioni ritenute soggettivamente inesistenti in ragione della effettività delle operazioni di acquisto, regolarmente contabilizzate, e dell’assenza di elementi da cui poter desumere che il contribuente fosse l’autore della falsità ideologica delle relative fatture o, comunque, fosse consapevole della frode realizzata dal cedente;
– il motivo è fondato;
– in tema di indebita detrazione di fatture ai fini i.v.a. in quanto relative ad operazioni soggettivamente inesistenti, è onere dell’Amministrazione finanziaria fornire la prova che la prestazione, oggetto della fattura, non è stata resa dal fatturante e, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era conoscenza o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, che l’operazione interessata si collocava nell’ambito di un’evasione commessa dal fornitore o che un’altra operazione facente parte della catena delle cessioni, precedente o successiva a quella realizzata da detto soggetto passivo, era viziata da evasione dell’i.v.a. (cfr. Corte Giust. 22 ottobre 2015, PPUH; Corte Giust. 6 dicembre 2012, Bonik; Corte Giust. 6 luglio 2006, Kittel e Recolta Recycling);
– sotto quest’ultimo aspetto possono costituire elementi di rilevanza sintomatica: l’acquisto dei beni ad un prezzo inferiore di mercato; la limitatezza dell’eventuale ricarico; la presenza di una varietà e pluralità di soggetti promiscuamente indicati nella documentazione di trasporto e nella fatturazione; la scelta di operare secondo canali paralleli di mercato (che esige una più attenta e approfondita valutazione dei propri interlocutori, proprio per verificarne l’effettività), benchè giustificata da esigenze di accelerazione e di margini produttivi; la tempistica e le modalità di pagamenti, soprattutto se incrociati od operati su conti esteri a fronte di interlocutori nazionali ovvero se effettuati in contanti; la qualità del concreto intermediario con il quale sono state intrattenute le operazioni commerciali; il numero, la qualità e la durata delle transazioni, in particolare a fronte di rapporti contigui e frequentazioni reiterate con i titolari della cartiera ovvero nel caso in cui il contribuente abbia rapporti commerciali con una pluralità di soggetti aventi la quantità di cartiera;
– ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, nè la regolarità della contabilità e dei pagamenti, nè la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (così, Cass. 20 aprile 2018, n. 9851);
– infatti, pur non potendosi esigere che il cessionario/committente, al fine di assicurarsi che non sussistano irregolarità o evasioni nella catena delle cessioni, verifichi che l’emittente della fattura correlata ai beni e ai servizi ne disponesse e fosse in grado di fornirli e che abbia soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’i.v.a., o che disponga dei relativi documenti, grava su tale soggetto l’onere di assumere informazioni sull’operatore presso il quale intende acquistare beni o servizi al fine di sincerarsi della sua affidabilità qualora disponga di indizi che consentono di sospettare l’esistenza di irregolarità o di evasione;
– ciò posto, la valutazione operata dal giudice di appello che, pur in presenza di acquisti da società priva di organizzazione, ha riconosciuto la detrazione dell’i.v.a. assolta in ragione della effettività, sotto il profilo oggettivo, delle operazioni medesime e dell’assenza di elementi da cui desumere che la contribuente fosse stata “l’artefice della falsità ideologica delle fatture o quanto meno che fosse a conoscenza della condotta illecita del soggetto che formalmente risulta essere l’importatore”, non appare coerente con i richiamati principi di diritto, non essendo estesa alla verifica dell’utilizzo da parte della contribuente della diligenza massima esigibile da un operatore accorto;
– deve aggiungersi che il controricorso depositato dalla contribuente, risolvendosi nel riferire le difese svolte nel giudizio di merito senza effettuare alcuna considerazione sul contenuto del ricorso non presenta la struttura dell’atto contemplato dall’art. 370 c.p.c. e, per tale motivo, va dichiarato inammissibile;
– la sentenza va, dunque, cassata e rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. dist. di Brescia, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. dist. di Brescia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 4 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018