LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –
Dott. BERNAZZANI Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2569/2012 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– ricorrente –
contro
V.E., M.I., M.S., M.R., quali eredi di M.P., con gli avvocati Fausta Matteo e Francesco Falcitelli e domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, alla via Flaminia, n. 135;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per il Lazio – Roma, – Sez. 02 n. 205/02/10 depositata in data 29/11/2010, non notificata.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 14 giugno 2018 dal Cons. Dott. Marcello M. Fracanzani.
RILEVATO
che il sig. M.P., già dirigente Enel, aveva chiesto all’Amministrazione finanziaria la restituzione delle trattenute Irpef operate da Enel quale sostituto d’imposta sulle somme erogategli al momento del congedo a titolo di previdenza integrativa in applicazione dell’accordo aziendale che aveva trasformato il fondo previdenziale dei dipendenti in sistema assicurativo;
che, in particolare, lamentava l’applicazione della aliquota del 31,37% in luogo della più favorevole aliquota del 12,50%;
che i giudici di merito sono stati favorevoli al contribuente;
che insorge l’Avvocatura affidandosi a due motivi di ricorso;
che replicano con controricorso le eredi del contribuente.
CONSIDERATO
che occorre preliminarmente esaminare l’eccezione processuale della difesa del contribuente, ove afferma che il ricorso erariale è inammissibile per mancanza di un valido preventivo mandato alle liti all’Avvocatura dello Stato da parte dell’Agenzia delle Entrate che non può più valersi ex lege della difesa tecnica del patrono statale;
che, a sostegno dei propri assunti, la difesa del contribuente richiama gli orientamenti di questa corte in tema di mandato ad lintem e, segnatamente, S.U. 3116 e 3118 del 2016, nonchè il precedente di questa Sezione n. 8071/2010;
che l’eccezione va disattesa in quanto il tema specifico della successione degli Uffici finanziari è stato risolto da questa Sezione con orientamento ormai consolidato nel senso di un mandato generale all’Avvocatura dello Stato a garanzia della continuità dell’azione amministrativa (cfr., da ultimo, Cass. 5^, 13587 del 30 maggio 2018);
che con il primo motivo si lamenta error in iudicando per violazione o falsa interpretazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 16, 17 e art. 42, comma 4; L. n. 482 del 1985, art. 6; art. 1325 c.c., nn. 2 e 3 e art. 1861 c.c.; D.P.R. n. 449 del 1959, art. 1, artt. 33 e segg., in rapporto all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;
che, in sostanza, la difesa erariale riprende la questione sulla natura della prestazione erogata da Enel quale corresponsione anticipata di capitale in luogo della rendita pensionistica in applicazione dell’accordo Enel/Fndai-Cordenel del 26 luglio 2000;
che la questione è stata risolta da questa Corte con la pronuncia delle S.U. n. 13642/2011 che distingue fra parte di quota capitale e parte di rendimento, accordando solo a quest’ultima l’aliquota agevolata;
che la difesa erariale dimostra di conoscere il prefato arresto delle Sezioni Unite, pur sollevando perplessità in ordine all’effettività dell’alternativa ivi posta, osservando che sostanzialmente non esiste la componente di investimento gestione di mercato da parte del Fondo, risolvendosi in un accantonamento da parte del datore di lavoro;
che, successivamente, la questione è stata chiarita e ribadita con diverse pronunce di questa Corte che hanno confermato la distinzione ed individuato i relativi confini (cfr. Cass. 29/12/2011 n. 29583; n. 289 del 12/1/12; n. 5376 del 4/4/2012; n. 8320 del 25/5/2012; n. 10604 del 22/5/2015; n. 720 del 13/1/2017; n. 10285 del 26/4/2017);
che la sentenza impugnata appare coerente con i principi enunciati da questa Corte e scevra dai vizi attribuitile, sicchè il motivo è quindi infondato e va disatteso;
che con il secondo motivo si lamenta insufficiente motivazione su fatto decisivo in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;
che, nello specifico, si lamenta come il giudice di merito abbia semplicisticamente ritenuto che il fondo PIA fosse fondo a capitalizzazione, mentre non ne avrebbe le caratteristiche;
che il motivo è inammissibile prima ancora che infondato, ove si risolve in una richiesta di rivalutazione del merito e del conteggio delle diverse poste della liquidazione del contribuente, tra contributi a suo carico e quelli a carico dell’Azienda, con apprezzamenti sulla coerenza della redditività maturata;
che, in conclusione il ricorso è infondato e va rigettato, che le spese della presente fase del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
condanna alla rifusione delle spese di lite a favore del contribuente che liquida in Euro cinquemila, oltre al rimborso nella misura forfettaria del 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 14 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018