Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.25508 del 12/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –

Dott. BERNAZZANI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7937/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata C difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

M.F.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per il Lazio, Sez. Roma, – Sez. 09 n. 38/09/11 depositata in data 10/02/2011, non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 14 giugno 2018 dal Cons. Dott. Marcello M. Fracanzani.

RILEVATO

che il sig. M.F., già dirigente Enel, aveva chiesto all’Amministrazione finanziaria la restituzione delle trattenute Irpef operate da Enel quale sostituto d’imposta sulle somme erogategli al momento del congedo a titolo di previdenza integrativa in applicazione dell’accordo aziendale che aveva trasformato il fondo previdenziale dei dipendenti in sistema assicurativo;

che, in particolare, lamentava l’applicazione della aliquota del 31,37% in luogo della più favorevole aliquota del 12,50%;

che i giudici di merito sono stati favorevoli al contribuente;

che insorge l’Avvocatura affidandosi ad unico motivo di ricorso; che il contribuente è rimasto intimato.

CONSIDERATO

che con l’unico motivo di ricorso si lamenta insufficiente motivazione su di un fatto controverso e decisivo, in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

che, in sostanza, la difesa erariale riprende la questione sulla natura della prestazione erogata da Enel quale corresponsione anticipata di capitale in luogo della rendita pensionistica in applicazione dell’accordo Enel/Fndai-Cordenel del 26 luglio 2000;

che la questione è stata risolta da questa Corte con la pronuncia delle S.U. n. 13642/2011 che distingue fra parte di quota capitale e parte di rendimento, accordando solo a quest’ultima l’aliquota agevolata;

che la difesa erariale dimostra di conoscere il prefato arresto delle Sezioni Unite, pur sollevando perplessità in ordine all’effettività dell’alternativa ivi posta, osservando che sostanzialmente non esiste la componente di investimento gestione di mercato da parte del Fondo, risolvendosi in un accantonamento da parte del datore di lavoro;

che, successivamente, la questione è stata chiarita e ribadita con diverse pronunce di questa Corte che hanno confermato la distinzione ed individuato i relativi confini (cfr. Cass. 29/12/2011 n. 29583; n. 289 del 12/1/12; n. 5376 del 4/4/2012; n. 8320 del 25/5/2012; n. 10604 del 22/5/2015; n. 720 del 13/1/2017; n. 10285 del 26/4/2017);

che la sentenza impugnata appare coerente con i principi enunciati da questa Corte e scevra dai vizi attribuitile, sicchè il motivo è quindi infondato e va disatteso;

che, ancora, nello specifico, si lamenta come il giudice di merito abbia semplicisticamente ritenuto che il fondo PIA fosse fondo a capitalizzazione, mentre non ne avrebbe le caratteristiche;

che il profilo è inammissibile prima ancora che infondato, ove si risolve in una richiesta di rivalutazione del merito e del conteggio delle diverse poste della liquidazione del contribuente, tra contributi a suo carico e quelli a carico dell’Azienda, con apprezzamenti sulla coerenza della redditività maturata;

che, in conclusione il ricorso è infondato e va rigettato, che non vi è luogo a pronunciare sulle spese in assenza di attività difensiva del contribuente.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018

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