LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. CONDELLO A.P. Pasqualina – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –
Dott. BERNAZZANI Paolo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2090-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
BANCA DI TREVISO SPA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato EMANUELE COGLITORE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUIGI FERDINANDO BERARDI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 68/2012 della COMM.TRIB.REG. di VENEZIA, depositata il 23/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/06/2018 dal Consigliere Dott. PAOLO BERNAZZANI;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE Sergio, che ha chiesto l’accoglimento parziale limitatamente alla differenza tra l’importo versato a titolo di IRAP 2006 con applicazione dell’aliquota del 5,25% e l’importo dovuto allo stesso titolo con applicazione dell’aliquota del 4,25%.
RILEVATO
che:
1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato a due motivi, contro la Banca di Treviso s.p.a. per la cassazione della sentenza n.68/24/12, pronunciata in data 28.3.2012 e depositata in data 23.5.2012 con cui la Commissione Tributaria Regionale del Veneto ha rigettato l’appello dell’Ufficio, confermando la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso dell’Istituto di credito avverso il silenzio rifiuto opposto dall’Agenzia rispetto alla domanda di rimborso dell’IRAP versata in eccedenza per l’anno 2006, pari alla differenza tra quanto versato in base all’aliquota fissata dalla Regione Veneto (5,25%) e quanto dovuto applicando l’aliquota ordinaria del 4,25%; domanda fondata sul presupposto che gli effetti delle norme impositive regionali dovevano ritenersi sospesi in forza della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 3,comma 1, lett. a), i cui effetti erano stati prorogati per gli anni successivi dalla L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 2, comma 21, L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 61 e L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 165.
2. Il contribuente si è costituito con controricorso ed ha, altresì, depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..
3. Il Procuratore generale ha concluso per il parziale accoglimento del ricorso, con riferimento alla determinazione dell’aliquota applicabile, da identificarsi nel 4,75% anzichè in quella del 4,25%, e per la conseguente decisione nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c..
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L.R. Veneto 26 novembre 2002, n. 34, art. 2, della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 3, comma 1, lett. a) nonchè della L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 2, commi 21 e 22.
In tale prospettiva, l’Agenzia censura sostanzialmente la sentenza impugnata per aver disconosciuto, sulla base di una errata interpretazione della normativa citata, che la L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 22, abbia operato una sanatoria delle diposizioni emanate in difformità dai poteri attribuiti dalla legge statale alle Regioni in materia di IRAP, fra cui la maggiorazione al 5,25% dell’aliquota prevista L.R. 24 novembre 2003, n. 38, art. 2 relativa al 2004, successivamente confermata per gli anni 2005 e 2006, quest’ultimo relativo alla richiesta di rimborso che ha originato la presente controversia.
1.1.L’assunto, come formulato, è infondato.
Va premesso, ai fini di un più conveniente inquadramento delle questioni sottese al motivo in esame, che la Regione Veneto, avvalendosi del potere attribuito alle regioni dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 16, comma 3 – come modificato dal D.Lgs. n. 506 del 1999, art. 1, comma 1, lett. I), n. 2 -, elevò l’aliquota IRAP applicabile ai soggetti di cui al medesimo D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 6 e 7, al 5,25%.
La predetta fissazione, in particolare, fu effettuata per il 2003 con la L.R. 22 novembre 2002, n. 34, art. 2, per il 2004 con la L.R. 24 novembre 2003, n. 38, art. 2 e successivamente, a decorrere dal 2005, dalla L.R. 26 novembre 2004, n. 29, art. 2.
La materia fu incisa dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289 (finanziaria 2003), che all’art. 3, comma 1, lett. a) stabilì, in funzione attuativa del titolo 5^ della parte 2^ Cost. ed in attesa della legge quadro sul federalismo fiscale, che gli aumenti delle addizionali Irpef e la maggiorazione dell’aliquota dell’IRAP di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 16, comma 3, “deliberati successivamente al 29 settembre 2002 e che non siano confermativi delle aliquote in vigore per l’anno 2002, sono sospesi fino a quando non si raggiunga un accordo ai sensi del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, in sede di Conferenza unificata tra Stato, regioni ed enti locali sui meccanismi strutturali del federalismo fiscale”.
Tale sospensione delle maggiorazioni IRAP regionali fu poi confermata, per quanto qui di interesse:
– fino al 31.12.04, con la L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 21, (finanziaria 2004), ai sensi del quale: “Fino al 31 dicembre 2004 restano sospesi gli effetti degli aumenti delle addizionali e delle maggiorazioni di cui alla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 3, coma 1, lett. a) eventualmente deliberati; gli effetti decorrono, in ogni caso, a decorrere dal periodo d’imposta successivo alla predetta data”.
– fino al 31.12.05, con la L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 61, (finanziaria 2005), ai sensi del quale: “Salvo quanto disposto nel comma 175, la sospensione degli aumenti delle addizionali all’imposta sul reddito e delle maggiorazioni dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive di cui alla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 3,comma 1, lett. a) e alla L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 2, comma 21, è confermata sino al 31 dicembre 2005. Resta ferma l’applicazione della L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 22 alle disposizioni regionali in materia di IRAP diverse da quelle riguardanti la maggiorazione dell’aliquota, nonchè, unitamente al comma 23 medesimo articolo, alle disposizioni regionali in materia di tassa automobilistica; le regioni possono modificare tali disposizioni nei soli limiti dei poteri loro attribuiti dalla normativa statale di riferimento ed in conformità con essa”.
– fino al 31.12.06, con la L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 165, (finanziaria 2006), il quale dispone: “alla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 61 le parole: “31 dicembre 2005” sono sostituite con le seguenti: “31 dicembre 2006"”.
Emerge, quindi, con chiarezza dalla lettura delle norme menzionate che gli incrementi dell’aliquota IRAP previsti dalle regioni per gli anni in esame sono stati sospesi – vale a dire, non sono applicabili – nei termini previsti dalla L. n. 289 del 2002, art. 3, comma 1, lett. a) (norma espressamente richiamata dalle disposizioni successive), ossia salvo che “non siano confermativi delle aliquote in vigore per l’anno 2002”.
1.2. Ciò posto, con specifico riferimento al motivo di ricorso in esame, va ribadito l’indirizzo di questa Corte secondo il quale gli effetti delle disposizioni incrementative dell’aliquota IRAP dettate da leggi regionali (cfr., ex multis, Cass. Sez. 6-5, 23/02/2015, n. 3754; Cass. Sez. 5, 13/11/2014, n. 8632/15; Cass. Sez. 5, 18/09/2013, n. 21327; Cass. Sez. 5, 11/05/2012, n. 7344 e 14/11/2012, n. 19838, proprio con riferimento alle L.R. Veneto n. 34 del 2002 e n. L.R. n. 38 del 2003; in relazione anche alle disposizioni vigenti in relazione all’anno 2006, cfr. Cass. Sez. 6-5, 22/04/2015, n. 15123) non sono fatti salvi dal disposto della L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 22, a tenore del quale “Nelle more del completamento dei lavori dell’Alta Commissione di cui alla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 3, comma 1, lett. b), nelle regioni che hanno emanato disposizioni legislative in tema di tassa automobilistica e di IRAP in modo non conforme ai poteri ad esse attribuiti in materia dalla normativa statale, l’applicazione della tassa opera, a decorrere dalla data di entrata in vigore di tali disposizioni legislative e fino al periodo di imposta decorrente dal 1 gennaio 2010, sulla base di quanto stabilito dalle medesime disposizioni nonchè, relativamente ai profili non interessati dalle predette disposizioni, sulla base delle norme statali che disciplinano il tributo”.
La disposizione in esame, infatti, concerne gli effetti di norme che siano state emanate dalle regioni “in modo non conforme ai poteri ad esse attribuiti”, laddove le maggiorazioni dell’aliquota Irap di cui si discute sono state disposte dalla Regione Veneto in conformità ai poteri alla stessa attribuiti dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 16.
Tale conclusione, come già rimarcato da questa Corte (cfr., fra tutte, la sentenza n. 8632/15) emerge dalla stessa sospensione di dette maggiorazioni, disposta dalla L. n. 289 del 2002, art. 3 – che, va sottolineato, non ha privato le regioni del potere impositivo in tema di IRAP, ma ha soltanto sospeso gli aumenti eccedenti la misura dell’aliquota vigente nel 2002 – e ribadita dalla L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 21, “essendo intuitivo che si può sospendere solo un potere effettivamente (ancora) esistente” (così Cass. Sez. 5, 13/04/2012, n. 5867, in motivazione).
1.3. Il medesimo approdo argomentativo, inoltre, risulta ulteriormente confermato: a) dalla Corte costituzionale, avendo questa, con la sentenza n. 381 del 2004, dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale della L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 21, in tal modo implicitamente escludendo che il relativo ambito applicativo fosse sovrapponibile con quello del comma 22 cit. articolo; b) dal disposto della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 61, secondo il quale “Resta ferma l’applicazione della L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 22, alle disposizioni regionali in materia di IRAP diverse da quelle riguardanti la maggiorazione dell’aliquota…”: così chiarendo, con norma ricognitiva, che la sanatoria di cui alla L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 22, non opera con riferimento alle maggiorazioni delle aliquote IRAP (salvo quanto disposto dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 175, che però, essendo privo di efficacia retroattiva, opera solo a decorrere dall’1 gennaio 2005: Cass. Sez. 5, n. 19838/12, cit., in motivazione).
2. Con il secondo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la difesa erariale deduce la violazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 61, 174 e 175, (legge finanziaria 2005), in cui il giudice tributario sarebbe incorso ritenendo che la maggiorazione dell’aliquota IRAP previste dalla Regione Veneto fosse sospesa per gli anni di imposta in esame, alla stregua della legislazione statale, nonostante che la Regione Veneto si fosse trovata nel 2004 e nel 2005 in una situazione di disavanzo del settore sanitario e pertanto – nell’adempimento del dovere impostole dalla L. n. 311 del 2004, comma 174 e nell’esercizio della facoltà conferitale dal comma 175 stessa legge – avesse adottato, con alla L.R. n. 9 del 2005, art. 23 una disposizione di conferma della maggiorazione IRAP prevista con la L.R. n. 29 del 2004.
2.1. Come già osservato da Cass. sez. 6-5, 22/04/2015, n. 15123, con le suddette disposizioni della Legge Finanziaria 2005 il legislatore statale ha imposto alle regioni che versassero in stato di squilibrio finanziario l’adozione dei provvedimenti necessari per la copertura dei disavanzi di gestione accertati o stimati nel settore sanitario, precisando che tali provvedimenti potevano consistere nel deliberare, in deroga alla sospensione di cui alla stessa L. n. 311 del 2004, comma 61, primo periodo, l’inizio o la ripresa della decorrenza degli effetti delle maggiorazioni dell’aliquota IRAP già disposte e sospese dalla normativa statale.
Per l’anno 2005 la L.R. Veneto n. 9 del 2005 ha, appunto, provveduto in tal senso, disponendo, al secondo comma dell’articolo 23, “Ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 175, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)”, si conferma la decorrenza degli effetti di cui alla L.R. 26 novembre 2004, n. 29, artt. 1 e 2". Tale ultima legge, nell’art. 2, comma 1, a propria volta disponeva: “A decorrere dal 2005, è fissata al 5,25 per cento l’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) a carico dei soggetti di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 6 e 7 “Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni all’IRPEF e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta nonchè riordino della disciplina dei tributi locali”, e successive modificazioni”.
2.2. Va, peraltro, evidenziato che – sebbene la L.R. n. 9 del 2005, art. 23, comma 2 non ponga espressamente un termine finale alla vigenza della maggiorazione di aliquota disposta dalla L.R. n. 29 del 2004, art. 2 limitandosi a confermare la decorrenza prevista da quest’ultima disposizione – tale maggiorazione deve ritenersi operante per il solo anno 2005, in quanto essa è espressamente finalizzata alla copertura del disavanzo del settore sanitario per l’anno 2004 (la rubrica dell’art. 23 in esame recita “Copertura del disavanzo di gestione 2004 del servizio sanitario regionale” ed il comma 1 tale articolo destina alla copertura di detto disavanzo il gettito derivante “per l’anno 2005” dalla maggiorazione dell’aliquota IRAP); d’altra parte, il legislatore regionale, richiamando espressamente il disposto della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 175 ha chiaramente legato la disposizione in commento alla finalità di copertura del disavanzo di un anno specificamente individuato (2004), implicitamente limitandone l’operatività all’anno (2005) di riferimento della manovra finanziaria volta a coprire tale disavanzo.
2.3. Alla luce del quadro normativo così sunteggiato, la questione proposta dalla difesa erariale deve essere risolta in conformità alla sentenza di questa Corte Sez. 5, 15/01/2014, n. 13455, ove si è chiarito che l’effetto sanante del disposto della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 175 rispetto alla sospensione della maggiore aliquota IRAP fissata dalla L.R. Veneto n. 29 del 2004, “è subordinato all’utilizzazione degli introiti derivanti dalle maggiorazioni dell’IRAP per la copertura dei disavanzi di gestione accertati o stimati nel settore sanitario. E, nella specie, se, come evidenziato dalla stessa ricorrente per l’anno 2005, la Regione Veneto si è avvalsa di tale possibilità emanando l’art. 23 della legge finanziaria regionale (L.R. Veneto n. 9 del 2005), e destinando il gettito alla copertura del disavanzo di gestione 2004 del servizio sanitario regionale – ciò non ha fatto per il successivo anno laddove, per come è incontestato, per la copertura del disavanzo del servizio sanitario regionale si sono individuate altre fonti. Ne deriva, che anche per l’anno 2006, nella Regione Veneto, non essendovi deroga alla sospensione, non poteva applicarsi la maggiore aliquota stabilita dalla legge regionale”.
Alla stregua di tale orientamento, che il Collegio intende far proprio, la censura di violazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 61, 174 e 175, va ritenuta infondata con riferimento all’anno 2006, oggetto di accertamento, non sussistendo alcuna disposizione legislativa della Regione Veneto – adottata (ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 175) in deroga alla sospensione delle maggiorazioni regionali dell’aliquota IRAP fino al 31.12.06 di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 61 e L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 165, – confermativa per l’anno 2006 della maggiorazione Irap prevista dalla L.R. n. 29 del 2004.
3. Tanto osservato, resta pur sempre da stabilire se per l’anno 2006, qui in rilievo, l’incremento dell’aliquota IRAP disposto dalle regioni per i soggetti di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 6 e 7, sia totalmente inapplicabile, dovendosi quindi applicare l’aliquota ordinaria del 4,25% di cui all’art. 16, comma 1 stesso D.Lgs., ovvero sia applicabile fino a concorrenza con la percentuale vigente per l’anno d’imposta 2002, individuata nel 4,75% dalla disposizione transitoria dettata dall’art. 45, comma 2 citato D.Lgs..
3.1. Occorre, a tal fine, premettere che la questione afferente la corretta aliquota cui commisurare l’imposta costituisce una questione giuridica che il giudice tributario può e deve affrontare anche d’ufficio, al fine della individuazione della giusta imposizione dovuta per legge.
A tal riguardo è opportuno rilevare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’obbligazione tributaria non nasce dall’atto impositivo, ma dalla legge (v. per la tesi cd. dichiarativa già Cass. Sez. un., 28/05/1987, n. 4779, confermata da Sez. un. 06/09/1990, n. 9201; più di recente, in motivazione, Sez. 5, 13/09/2013, n. 20978), giacchè è la legge, secondo gli artt. 23 e 53 cost., a stabilire direttamente gli effetti che si producono al verificarsi del presupposto delle singole imposte; ne consegue che il ricorso del contribuente al giudice tributario, servendo a introdurre una valutazione giuridica della legittimità della pretesa creditoria espressa dall’atto, postula già in sè devoluta a quel giudice la funzione di realizzare, in armonia coi citati principi costituzionali, la giusta imposizione.
In tale prospettiva, la questione relativa alla esatta determinazione dell’aliquota applicabile attiene, semmai, ad una specificazione della più ampia questione dedotta dalla contribuente sin dal primo grado, onde la stessa è compresa nel thema decidendum, non potendosi dubitare che, per valutare la legittimità della richiesta di rimborso, relativa ad uno scarto maggiore fra aliquota applicata ed aliquota corretta (differenza tra l’aliquota del 4,25% e quella del 5,25%), deve essere necessariamente valutata la questione dell’applicabilità dell’aliquota intermedia del 4,75%.
3.2. Ciò posto, deve condividersi e ribadirsi la tesi, sostenuta dall’ormai prevalente indirizzo di questa Corte (cfr. Cass. sez. 5, 18/09/2013, n. 21327; Cass. sez. 6-5, 25/07/2014, n. 17017; Cass. sez. 6-5, 15/12/2014, n. 26263; Cass. sez. 5, 13/11/2014, n. 8632/15; Cass. sez. 6-5, 17/12/2015, n. 2453/16; Cass. sez. 65, 04/02/2016, n. 7986; Cass. sez. 5, 31/01/2017, n. 2412), secondo la quale la disciplina relativa alla facoltà delle regioni di variare l’aliquota IRAP fino ad un massimo di un punto percentuale va interpretata nell’ottica del legislatore di perseguire gli obiettivi di autonomia e di decentramento fiscale delle regioni stesse (c.d. federalismo fiscale) ed in tale prospettiva deve essere coerentemente inteso anche il disposto della L. n. 289 del 2002, art. 3, comma 1, lett. a), che, nel sospendere l’efficacia degli aumenti dell’aliquota IRAP deliberati dalle regioni successivamente al 29 settembre 2002 e non confermativi delle aliquote in vigore per l’anno 2002, ha voluto comunque limitare l’effetto sospensivo a quelle maggiorazioni che determinassero, e nella misura in cui determinassero, il superamento dell’aliquota in vigore per l’anno 2002 e, in quanto tali, fossero non confermative di tale aliquota.
La nozione di confermatività, del resto, non può che riferirsi alla percentuale effettivamente vigente nel 2002, derivi essa da una previa determinazione regionale (adottata nell’esercizio del potere assegnato alle Regioni dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 16, comma 3) o, in difetto di determinazione regionale, direttamente dalla disposizione transitoria statale dettata nell’art. 45, comma 2 D.Lgs. cit., onde la sospensione aveva ad oggetto l’intera maggiorazione dell’aliquota deliberata dalle regioni, ma incideva su quella sola parte di essa che, nella specie decisa per il 2006, eccedesse la percentuale in concreto già in vigore per il 2002.
Com’è noto, il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 16, comma 1, stabilisce (nel testo applicabile ratione temporis) che “l’imposta è determinata applicando al valore della produzione netta l’aliquota del 4,25 per cento, salvo quanto previsto dal comma 2, nonchè dell’art. 45, commi 1 e 2”; e quest’ultimo, per quanto qui interessa (anch’esso nel testo vigente ratione temporis), dispone, al comma 2, che “per i soggetti di cui agli artt. 6 e 7, per i periodi d’imposta in corso al 1 gennaio 1998, al 1 gennaio 1999 e al 1 gennaio 2000 l’aliquota è stabilita nella misura del 5,4 per cento; per i due periodi d’imposta successivi, l’aliquota è stabilita, rispettivamente, nelle misure del 5 e del 4,75 per cento”.
Quindi, per i soggetti di cui agli artt. 6 e 7 (fra i quali rientra l’odierna controricorrente), l’aliquota vigente, in via transitoria, per il periodo d’imposta 2006 era quella del 4,75%.
3.3. Nè ha pregio l’argomento addotto dalla controricorrente in sede di memoria difensiva secondo cui, a differenza di quanto disposto dalla L. n. 289 del 2002, art. 3, comma 1, lett. a), che stabiliva la sospensione dell’efficacia degli aumento dell’aliquota Irap deliberate dalle regioni successivamente al 29.9.2002 “in quanto non confermativi delle aliquote in vigore per l’anno 2002”, con riferimento agli anni di imposta 2004 e 2005 le successive L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 21 e L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 165, non contemplano più l’inciso riferito alle maggiorazioni “non confermative” nè il richiamo al decentramento fiscale, onde per tali anni l’aliquota applicabile sarebbe quella ordinaria del 4,25%.
In realtà, tanto la L. n. 350 del 2003, quanto la L. n. 266 del 2005 (quest’ultima limitandosi ad incidere sul termine originariamente previsto dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 61) fanno inequivocabile riferimento alle “maggiorazioni di cui alla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 3, comma 1, lett. a) eventualmente deliberate” così rendendo evidente che l’oggetto della sospensione è pur sempre limitato alla fattispecie originariamente prevista dalla predetta L. n. 289 del 2002, art. 3, comma 1, lett. a), ossia alle sole maggiorazioni di aliquota non confermative di quelle vigenti per il 2002.
4. La sentenza impugnata, quindi, ha errato laddove ha ritenuto applicabile l’aliquota del 4,25%, ed il ricorso va, di conseguenza, sotto questo profilo, accolto; non richiedendo, poi, la questione ulteriore esame di elementi fattuali, ma solo di interpretazione di norme, può essere, allora, decisa in questa sede nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c.. Il ricorso originario del contribuente, che tendeva all’annullamento del silenzio rifiuto opposto all’istanza di rimborso, determinato dall’applicazione dell’aliquota del 5,25%, è, dunque, fondato, sebbene solo per la parte relativa all’importo eccedente quello determinato con l’applicazione dell’aliquota del 4,75%.
Ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio, in relazione alla complessità delle questioni trattate e del consolidarsi dell’interpretazione fatta propria dal Collegio in epoca successiva alla proposizione del ricorso.
PQM
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza gravata e, decidendo nel merito, accoglie la domanda di rimborso del contribuente avente ad oggetto le somme versate alla Regione Veneto, limitatamente alla differenza fra l’importo versato per l’anno di imposta 2006 e l’importo dovuto per tale anno in base all’aliquota del 4,75%. Compensa le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, il 14 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018