LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13550/2017 proposto da:
M.D., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA CRISTINA ANOLLI;
– ricorrente –
contro
GENERALI ITALIA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato MARCO VINCENTI, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
contro
L.V.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1985/2016 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 23/11/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 10/07/2018 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.
RILEVATO
che:
in relazione ad un sinistro stradale che aveva visto coinvolti il motociclo condotto dal M. e la vettura guidata dalla L., il Tribunale di Asti accertò il concorso paritario dei due conducenti (ex art. 2054 c.c., comma 2), condannando la L. e la propria assicuratrice r.c.a. a risarcire al M. la metà del pregiudizio non patrimoniale subito; in parziale accoglimento dell’impugnazione del M., la Corte di Appello gli ha riconosciuto l’ulteriore somma di Euro 900,00 a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, rigettando invece il gravame in punto di affermazione di esclusiva responsabilità della L. e di riconoscimento di ulteriori importi a titolo di personalizzazione del danno non patrimoniale; ha infine compensato le spese del grado;
ha proposto ricorso per cassazione il M., affidandosi a tre motivi illustrati da memoria; ha resistito l’intimata Generali Italia a mezzo di controricorso.
CONSIDERATO
che:
col primo motivo (che denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., art. 148 C.d.S., comma 11 e art. 2054 c.c., comma 2), il ricorrente censura la sentenza impugnata per non aver riconosciuto l’esclusiva responsabilità della L.;
il motivo, incentrato principalmente sull’assunto dell’erronea applicazione dell’art. 148 C.d.S., comma 11 e sulla liceità del sorpasso effettuato dal M. senza occupare l’opposta corsia di marcia, è inconferente rispetto alla ratio della sentenza, che fa perno – invece – sulla violazione dell’art. 148, comma 12 (sorpasso in corrispondenza di inserzione stradale); per il resto, le censure, sollecitano un’inammissibile rivalutazione delle prove in funzione di una diversa ricostruzione del sinistro e di una diversa affermazione di responsabilità;
il secondo motivo (che deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., artt. 2059,1223,1226 c.c. e art. 345 c.p.c.) censura la sentenza in punto di mancata personalizzazione del danno non patrimoniale;
premesso che la Corte ha rilevato che “nell’atto di citazione di primo grado l’attore non aveva (…) chiesto alcuna personalizzazione del danno non patrimoniale nè allegato circostanze di fatto rilevanti per tale valutazione, che non doveva pertanto essere effettuata d’ufficio dal primo Giudice” e che “compete al danneggiato l’allegazione e la prova di un quid pluris rispetto all’usuale che rispecchi la sua posizione soggettiva e consenta l’adeguata personalizzazione”, il motivo risulta infondato nella parte in cui assume la tempestività dell’allegazione per il fatto che la personalizzazione era stata richiesta in sede di comparsa conclusionale (trattandosi di atto volto alla mera illustrazione di richieste già tempestivamente dedotte entro i termini preclusivi di cui all’art. 183 c.p.c.), oltrechè inammissibile nella parte in cui sottopone a Corte una serie di elementi fattuali evidentemente sottratti al vaglio di legittimità;
il terzo motivo (che lamenta – sotto il profilo della violazione dell’art. 92 c.p.c. – la compensazione integrale delle spese di secondo grado) è inammissibile in quanto, senza censurare specificamente la possibilità di procedere alla compensazione, ne contesta l’integralità sull’assunto – irrilevante in questa sede- che le spese di primo grado sarebbero state liquidate in relazione ad uno scaglione non corretto e sulla considerazione che l’appello era risultato fondato in relazione ai danni patrimoniali, che tuttavia non tiene conto del rilievo della Corte sulla “modesta utilità dell’appello per l’appellante”;
le spese di lite seguono la soccombenza;
sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 2.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018