LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARMANO Uliana – Presidente –
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi A. – rel. Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27076-2015 proposto da:
P.C., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA MICHELE SANMICHELI 10, presso lo studio dell’avvocato LAURA GIULIANI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati PIETRO ZANETTI e SANDRO FATTORETTO;
– ricorrente –
contro
F.R., B.G. elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE, 38, presso lo studio dell’avvocato MARIO MONZINI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANPAOLO BEVILACQUA;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 2267/2015 della CORTE DI APPELLO DI VENEZIA, depositata il 29/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/06/2018 dal Consigliere SCARANO Luigi A..
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 29/9/2015 la Corte d’Appello di Venezia, in accoglimento del gravame interposto dai sigg. B.G. e F.R. e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Treviso n. 1594/2007, ha rigettato la domanda originariamente proposta dal sig. P.C. di risoluzione del contratto preliminare di compravendita di immobile sito in ***** per inadempimento dei promittenti venditori B. e F., e in accoglimento della domanda da questi ultimi in via riconvenzionale spiegata ha dichiarato la risoluzione del contratto de quo per fatto e colpa del P., con diritto del B. e della F. di trattenere la caparra ricevuta e condanna del P. a restituire quanto ricevuto dalla controparte in esecuzione della sentenza di 1 grado.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il P. propone ora ricorso per cassazione affidata a 4 motivi, illustrati da memoria.
Resistono con controricorso il B. e la F..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il 1 motivo il ricorrente denunzia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 2 motivo denunzia “difetto di motivazione, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Con il 3 motivo denunzia violazione dell’art. 115 c.p.c., nonchè “mancata e contraddittoria motivazione”, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 4 motivo denunzia “ulteriore” violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Il ricorso è inammissibile.
Va anzitutto osservato che i motivi risultano formulati in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che il ricorrente pone a loro fondamento atti e documenti del giudizio di merito (es. l’annuncio di vendita dell’immobile, il “telegramma”, il “documento” con cui il B. e la F. si impegnavano a vendere l’appartamento, il “verbale dell’assemblea di condominio”, il “preliminare” sottoscritto dal P., il bonifico di Euro 15.000,00 effettuato dal P. l'*****, il “telegramma” con il quale il P. “sposta la data del rogito e rinnova la richiesta dei documenti”, il “telegramma di risposta” del B. e della P., il “regolamento di condominio”, la “raccomandata” da parte dell’avv. Bevilacqua, la comunicazione dell’avv. Meneguez, la risposta dell’avv. Bevilacqua, il verbale dell’assemblea di condominio del *****, la comunicazione dell’avv. Bevilacqua del *****, la comunicazione dell’avv. Zanette del *****, contratto di compravendita dell’appartamento in ***** del P., l’atto di citazione del 23/11/2004, la “memoria del 18/12/2005”, i documenti depositati, la “sentenza del 27/6/2007, depositata il 31/8/2007", il gravame interposta dal B. e della F., l'”art. 13 del preliminare sottoscritto tra le parti”, i “capitoli di prova 36") limitandosi meramente a richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero puntualmente indicare in quale sede processuale, pur individuati in ricorso, risultino prodotti, laddove è al riguardo necessario che si provveda anche alla relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta alla Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v. Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239; Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass. Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).
A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare e intellegibili in base alla lettura del ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificarne il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass. 2/8/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 15/5/1998, n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 3/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).
Non sono sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).
A tale stregua, l’accertamento in fatto e le relative valutazioni operate dalla corte di merito nell’impugnata sentenza rimangono invero non idoneamente censurate dall’odierno ricorrente.
Con particolare riferimento al 3 motivo, va ulteriormente posto in rilievo come, nel dolersi che la corte di merito abbia erroneamente ritenuto non essere stati dall'”attuale ricorrente” effettuati “controlli sulla reale situazione del bene che stava per acquistare… non solo a proposito della essenzialità della possibilità di condono ma anche a proposito della inveritiera affermazione relativa allo scoperto a disposizione, alla mancata notificazione che stavano per essere eseguiti costosi lavori che comportavano una notevole spesa e alla disponibilità di un garage doppio”, nonostante “le premesse di fatto dell’atto dì citazione che ha dato origine alla causa e… la memoria istruttoria… nella quale l’attore chiedeva di provare che non solo i promittenti venditori ma addirittura l’agenzia intermediaria lo avevano assicurato più volte che la trasformazione della veranda in camera era condonabile e che egli si era deciso all’acquisto solo quando ha avuto la certezza di poter disporre nell’appartamento acquistabile di ben due camere, una matrimoniale e una per i figli”, il ricorrente in realtà prospetti (anche) doglianze di vizio di motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), nel caso ratione temporis applicabile, sostanziatesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie l’omesso e a fortiori l’erroneo esame di determinati elementi probatori (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053 e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312).
Deve altresì sottolinearsi come risulti a tale stregua dal ricorrente in effetti inammissibilmente richiesta una rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tal fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la confluenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova.
Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza appellata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni del ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore e un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’assetto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).
Per tale via in realtà sollecita, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi all’attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici di merito, al fine di pervenire a un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 4.500,00, di cui Euro 4.300,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore dei controricorrenti.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 5 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018