Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.25633 del 15/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 606-2017 proposto da:

DELTAFIN 21 SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ROSALIA LA BARBERA;

– ricorrente –

contro

F.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AMITERNO 3, presso lo studio dell’avvocato STEFANO NOTARMUZI, rappresentato e difeso dall’avvocato SERGIO MORICHI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1166/2016 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 06/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/06/2018 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

RILEVATO

che:

con atto di citazione notificato il 31 ottobre 2002, la società Deltafin 21 s.r.l. conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Ancona, l’ingegnere F.M. allegando l’inadempimento di un contratto di opera professionale da parte del convenuto avente ad oggetto la progettazione degli impianti tecnologici e la relativa direzione dei lavori di un complesso immobiliare. Lamentava l’impossibilità di avere una costruttiva presenza del professionista in cantiere a svolgere l’attività di direzione dei lavori chiedendo al giudice di dichiarare la risoluzione del contratto per fatto del convenuto, con condanna alla restituzione dell’acconto corrisposto.

Chiedeva, altresì, di accertare che nulla era dovuto al professionista in relazione a due ulteriori incarichi professionali dei quali contestava il conferimento;

in data 11 novembre 2002 l’ingegnere F., con riferimento a tali ulteriori incarichi, proponeva autonomo ricorso per ingiunzione, ottenendo l’esecutività provvisoria del decreto emesso in data 12 novembre 2002. Avverso tale decreto proponeva opposizione Deltafin 21 s.r.l. chiedendone la nullità e la condanna di controparte per lite temeraria. Il Tribunale di Ancona disponeva la riunione dei due procedimenti. F.M. si costituiva in giudizio deducendo il corretto adempimento delle obbligazioni assunte;

il Tribunale di Ancona, con sentenza n. 1685 del 2009, rigettava la domanda di risoluzione del contratto di progettazione proposta da Deltafin 21 s.r.l. e la conseguente domanda di restituzione degli acconti versati. Rigettava la domanda di pagamento del compenso professionale per la progettazione delle opere relative al complesso “Torre del Parco” per difetto di prova del conferimento dell’incarico e, conseguentemente, revocava il decreto ingiuntivo opposto. Rigettava, altresì, la domanda di condanna per lite temeraria avanzata da Deltafin 21 s.r.l. e accoglieva quella proposta da F. con riferimento al pagamento dei compensi per la stesura di una relazione tecnica per il contenimento dei consumi di energia relativa al “Centro di biotecnologie”;

avverso tale sentenza proponeva impugnazione Deltafin 21 s.r.l. ritenendo errata la decisione del primo giudice per avere attribuito alla società Deltafin 21 s.r.l. l’onere della prova dell’inadempimento del professionista, deducendo di avere esattamente individuato le contestazioni mosse all’operato dell’ingegnere e di avere fornito la prova di tali elementi. L’appellato chiedeva il rigetto dell’impugnazione e proponeva appello incidentale, lamentando l’ingiusta riduzione dell’importo dovutogli, sulla base di una acritica adesione alle risultanze della consulenza tecnica e contrastando la statuizione del Tribunale che aveva ritenuto non provato il conferimento dell’incarico relativo alla “Torre del Parco”;

la Corte d’Appello di Ancona, con sentenza del 6 ottobre 2016 rigettava l’appello principale e in accoglimento di quello incidentale, condannava Deltafin 21 s.r.l. a corrispondere in favore del professionista l’ulteriore importo di Euro 42.635,22 oltre interessi, con riferimento alle competenze relative all’incarico concernente la “Torre del Parco”;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Deltafin 21 s.r.l. affidandosi a due motivi. Resiste F.M. con controricorso che illustra con memoria ex art. 380 bis c.p.c..

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 1218,1453 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. In particolare, la Corte territoriale avrebbe violato l’insegnamento delle Sezioni Unite della Cassazione espresso con la sentenza n. 13533 del 2001 avendo la società attrice contestato tempestivamente al convenuto di avere provveduto alla progettazione degli impianti elettrico e termo idraulico e sanitario, senza preventiva ispezione e che a causa delle criticità emerse, si era reso necessario sospendere i lavori. La Corte territoriale aveva ritenuto che tali allegazioni fossero generiche e che le successive precisazioni fossero tardive. Sotto tale profilo la Corte avrebbe preteso una specificazione delle concrete negligenze che non trovava riscontro nel diritto vivente. Quanto al profilo della direzione dei lavori, si tratta di attività di progettazione che aveva natura di obbligazione di risultato; pertanto, la circostanza che la società era stata costretta ad interrompere il cantiere costituiva elemento presuntivo per escludere l’adempimento dell’obbligazione e questo nonostante la consulenza di ufficio aveva accertato che gli elaborati grafici fossero completi e funzionali. Anche riguardo alla direzione dei lavori la Corte territoriale di Ancona aveva ritenuto tardive le censure e cioè il mancato svolgimento della direzione lavori, mentre tale circostanza era già stata contestata con l’atto di citazione;

la censura è inammissibile perchè consiste in una ricostruzione alternativa del materiale probatorio in base al quale, secondo la ricorrente, la circostanza che la direzione dei lavori sia stata costretta ad interrompere il cantiere costituirebbe prova presuntiva dell’inadempimento rispetto alla prestazione di realizzare un elaborato progettuale funzionale e questo sebbene il consulente d’ufficio abbia attestato che gli elaborati grafici predisposti dal professionista fossero completi e funzionali;

il secondo profilo dedotto è inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi che si fonda sulla valutazione operata dal ctu in ordine alla correttezza del progetto, che non è contestata;

infine, riguardo al terzo profilo (lamentata tardività della contestazione relativa al mancato svolgimento della direzione lavori) la censura è inammissibile, perchè non si confronta con la decisione impugnata. La Corte territoriale evidenzia che già il Tribunale aveva rigettato tale domanda sulla base di due argomentazioni autonome (l’asserita assenza del professionista sarebbe stata allegata tardivamente, solo nella memoria istruttoria e comunque, dalle deposizioni dei testi il quadro non era lineare poichè, in alcuni casi, emergeva la necessità di apporti “telefonici” da parte del professionista, in altri casi, veniva attestata la sua presenza continua in cantiere). Anche la Corte territoriale adotta una doppia motivazione, che viene censurata solo con riferimento al primo passaggio. Infatti, ribadisce l’esistenza di contestazioni specifiche tardive, ma aggiunge che non risulta “censurato il passaggio motivazionale (del Tribunale) che attesta la presenza del professionista nel cantiere per le necessarie direttive e per la verifica dello stato dei luoghi (seconda motivazione del Tribunale) a fronte di una totale genericità dell’allegazione del suo inadempimento”. Tale secondo profilo non è contestato con il primo motivo. Pertanto, anche sotto tale aspetto, la censura non è idonea a scalfire la decisione impugnata;

con il secondo motivo deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, riguardo all’accoglimento dell’appello incidentale, relativo all’incarico di progettazione del borgo “Torre del Parco”. La Corte avrebbe erroneamente fondato il proprio convincimento solo sulle dichiarazioni testimoniali dell’Ing. R., mentre avrebbe “dovuto attenersi ad un maggiore scrupolo argomentativo, dando atto della valutazione dei numerosi elementi probatori “a contrariis”, con riferimento al contenuto delle dichiarazioni rese da altri testimoni”;

il secondo motivo è inammissibile poichè esula del tutto dal perimetro dell’art. 360 c.p.c., n. 5, poichè non è indicato il fatto storico decisivo discusso tra le parti la cui valutazione sarebbe stata omessa dal giudice di appello (tale non potendosi considerare il materiale probatorio, che, secondo l’orientamento costante di questa Corte, non costituisce fatto storico ai sensi della norma citata);

in definitiva, si richiede alla Corte di rivalutare il materiale probatorio che costituisce prerogativa di esclusiva pertinenza del giudice di merito e si prospetta la ricostruzione di una tesi alternativa più favorevole alla posizione della ricorrente, in quanto tale non valutabile dalla Corte di legittimità.

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidandole in Euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio della Sesta Sezione della Corte Suprema di Cassazione, il 27 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018

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