Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.25634 del 15/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2425-2017 proposto da:

L.G., elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE DEI MELLINI 17, presso lo studio dell’avvocato FERRUCCIO PEZZULLA, rappresentata e difesa dall’avvocato ROSARIA ROMANO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MANDURIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALPOLICELLA 12, presso lo studio dell’avvocato ANDREA PROVINI, rappresentato e difeso dall’avvocato ARCANGELO MAURIZIO PASSIATORE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 485/2016 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 24/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/06/2018 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

RILEVATO

che:

con atto di citazione notificato il 5 ottobre 2005, L.G. esponeva che il giorno *****, mentre percorreva una strada comunale in *****, in prossimità di una curva sinistrorsa, le ruote dell’autovettura perdevano di aderenza sull’asfalto a causa della presenza di asperità e sconnessioni, nonchè per brecciolino e materiale di cava presenti sulla sede stradale. A causa di ciò l’auto usciva dalla sede stradale provocando anche gravi lesioni all’attrice. Ciò premesso evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Taranto, Sezione Distaccata di Manduria, il Comune per sentirlo condannare, ai sensi dell’art. 2051 c.c. o, in subordine, ai sensi dell’art. 2043 c.c., al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti. Costituitosi l’ente convenuto contestava l’applicabilità della prima disposizione e l’esistenza di una propria responsabilità in quanto il sinistro doveva attribuirsi esclusivamente alla condotta di guida della danneggiata;

il Tribunale di Taranto, con sentenza del 24 marzo 2014, ritenuta la pari responsabilità di L.G. nella causazione del sinistro, accoglieva la domanda nei limiti dell’importo di Euro 449.817, oltre interessi e rivalutazione;

con atto di citazione del 30 aprile 2014 il Comune di Manduria proponeva appello. Si costituiva la danneggiata contestando la fondatezza dei motivi e proponeva appello incidentale. Il Comune contestava l’applicabilità dell’art. 2051 c.c. perchè il primo giudice non aveva valutato che l’obbligo di custodia era incompatibile con l’ampia estensione della strada e con la vicinanza di un impianto di cava e pietrisco. In secondo luogo, censurava la valutazione del materiale probatorio ed in particolare la circostanza che dal verbale di sopralluogo emergeva la presenza di una curva destrorsa e non sinistrorsa, come allegato in citazione. Infine, censurava l’omessa valutazione della condotta di guida della danneggiata e del relativo rilievo del dovere di solidarietà sociale;

la Corte d’Appello di Taranto, con sentenza del 24 ottobre 2016 accoglieva l’appello principale escludendo la sussistenza del nesso causale tra l’evento lesivo e la omessa custodia e rigettava l’appello incidentale;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione L.G. affidandosi a due motivi. Resiste in giudizio con controricorso il Comune di Manduria. Entrambe le parti depositano memorie ex art. 380 bis c.p.c..

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 116 c.p.c. e art. 2700 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Sotto il primo profilo, la Corte avrebbe affermato la vincolatività dell’accertamento contenuto nello schizzo planimetrico dei Carabinieri, riguardo all’esistenza di una curva destrorsa e non sinistrorsa, come riferito in citazione, senza tenere conto dell’efficacia di prova legale del verbale di ispezione giudiziale del 25 giugno 2007, dal quale emergeva che l’evento si era verificato in corrispondenza di una curva che tendeva a sinistra. L’efficacia dell’ispezione giudiziale conseguente alla circostanza che il Tribunale di Taranto si era portato sui luoghi interessati dal sinistro, rilevando direttamente quanto sopra indicato, avrebbe dovuto vincolare il giudice di appello, trattandosi di atto pubblico. Tale profilo assumeva rilievo essenziale, poichè da quella valutazione la Corte territoriale aveva fatto discendere l’inattendibilità di tutte le emergenze istruttorie di senso contrario, sia relative alle dichiarazioni degli stessi Carabinieri, che rilevavano l’errore nello schizzo, sia la deposizione del teste O.C., figlia dell’attrice e terza trasportata. Sotto il secondo profilo, la Corte avrebbe omesso di considerare il fatto che, proprio dal verbale di accertamento emergeva, nella parte denominata “dinamica”, che l’autovettura aveva terminato la corsa ribaltandosi sul lato destro del proprio senso di marcia, con ciò smentendo il contenuto dello schizzo planimetrico nel quale l’auto era rappresentata sul lato sinistro. Questo attribuiva l’differente valore all’indicazione relativa alle condizioni della strada con la dicitura “senza anomalie” riferita all’errata ricostruzione dell’incidente;

con il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 2051 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 rilevando che la prova sulla dinamica era stata fornita dalla testimonianza di O.C., ritenuta inattendibile per le ragioni oggetto del precedente motivo. A fronte di tale offerta probatoria, l’amministrazione comunale non aveva fornito la prova del caso fortuito, tale dovendosi intendere soltanto l’evento che riveste carattere di peculiare imprevedibilità e caratteristiche tali da renderlo eccezionale e quindi manifestamente estraneo ad una sequenza causale ordinaria e normale;

preliminarmente va esaminata l’eccezione di improcedibilità del ricorso sollevata nelle memorie ex art. 380 bis c.p.c. dal controricorrente, per la assenza dell’attestazione di conformità della relata di notifica a mezzo PEC estratta e della ricevuta di accettazione e avvenuta consegna della notifica a mezzo PEC;

l’eccezione è fondata. La notifica della gravata sentenza ha avuto luogo a mezzo posta elettronica certificata, come dichiarato dalla ricorrente e secondo quanto risulta dagli atti a disposizione di questa Corte; deve allora farsi applicazione al caso di specie del principio di diritto elaborato da questa Corte con la sentenza 14/07/2017, n. 17450, come sostanzialmente confermato da numerosa giurisprudenza successiva e soprattutto da Cass. ord. 22/12/2017, n. 30765, a mente della quale, “ai fini del rispetto di quanto imposto, a pena d’improcedibilità, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, il difensore che propone ricorso per cassazione contro un provvedimento che gli è stato notificato con modalità telematiche deve depositare nella cancelleria della Corte di cassazione copia analogica, con attestazione di conformità ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 9, commi 1-bis e 1-ter del messaggio di posta elettronica certificata ricevuto, nonchè della relazione di notifica e del provvedimento impugnato, allegati al messaggio” (solo precisando che non è “necessario anche il deposito di copia autenticata del provvedimento impugnato estratta direttamente dal fascicolo informatico”);

nella specie, manca qualunque attestazione di conformità della relata di notifica a mezzo pec a firma autografa (non potendo valere, per non essere applicabile presso questa Corte il processo telematico, alcuna firma digitale) del difensore della ricorrente e la copia asseverata della ricezione della notifica a mezzo pec. Difetta la stampa o la copia cartacea della relata di notifica da lei ricevuta (ovverosia del messaggio di posta elettronica certificata pervenuto al destinatario della notifica) e della ricezione della pec, l’una e l’altra agevolmente esigibili dal difensore della ricorrente (la prima, perchè comunque a lui accessibile; la seconda, perchè da lei stessa ricevuta): sicchè difettano i requisiti del deposito dell’una e dell’altra, come munite della necessaria attestazione, oltretutto entro il termine perentorio previsto dall’art. 369 cod. proc. civ.;

in particolare, dall’esame degli atti emerge che parte ricorrente ha depositato la copia della notifica a mezzo pec dal difensore del Comune di Manduria al difensore della L., non asseverata;

nè soccorrono parte ricorrente il principio di cui a Cass. 17066/2013, che esenta dalle formalità di deposito della copia notificata nel solo caso di intervallo tra pubblicazione della sentenza e notifica del ricorso inferiore al termine breve, visto che tale intervallo è, nella specie, maggiore (essendo stata la sentenza pubblicata il 24 ottobre 2016, ed essendosi avuta la notifica del ricorso, a mezzo posta, oltre il termine di legge) o il principio di cui alla recentissima Cass. Sez. U. 10648/17, dell’esenzione dall’improcedibilità in caso di presenza aliunde o in altri atti della attestazione di conformità della notifica a mezzo pec, mancando nella specie quest’ultima (il messaggio di posta elettronica con cui la sentenza sarebbe stata notificata) con tutte le viste formalità anche in qualsiasi altro atto; così, in applicazione dei visti principi di diritto di cui alle richiamate Cass. 17450/17 e Cass. ord. 30765/17, alla cui ampia motivazione (come ripresa anche da Cass. ord. 20/12/2017, n. 30622, con adeguata – se non altro per implicito – considerazione degli argomenti in contrario addotti, cui accenna il ricorrente nella sua memoria) può qui bastare un mero rinvio, deve dichiararsi l’improcedibilità del ricorso;

in considerazione della data del ricorso, prossima a quella relativa all’affermazione del principio giurisprudenziale in oggetto, le spese di lite del giudizio di legittimità vanno integralmente compensate;

infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito in quanto è documentata solo l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ma non anche l’eventuale provvedimento favorevole del Consiglio dell’Ordine competente.

P.Q.M.

dichiara improcedibile il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese di processuali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio della Sesta Sezione della Corte Suprema di Cassazione, il 27 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018

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