LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. PERRINO Ma – A. –
Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 26476/2011 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
– ricorrente –
contro
Cantiere del Pardo s.r.l. in liquidazione e in concordato preventivo, in persona del liquidatore pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Alessandro Albicini e Stanislao e Michele Aureli, con domicilio eletto presso lo studio di questi ultimi, sito in Roma, via Asiago, 8;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, n. 1, depositata il 26 gennaio 2011;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 18 giugno 2018 dal Consigliere Paolo Catallozzi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. Mastroberardino Paola, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
uditi gli avv. Alessandro Maddalo, per la ricorrente, e Alessandro Albicini, per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, depositata il 26 gennaio 2011, che, pronunciandosi sugli appelli principali – riuniti – proposti dalla medesima Agenzia e dalla Cantiere del Pardo s.r.l. avverso tre distinte sentenza di primo grado, ha annullato gli avvisi di accertamento notificati alla contribuente limitatamente alle riprese fiscali relative alla deduzione di costi per canoni di leasing versati alla Bipielle s.p.a.
2. Dall’esame della sentenza impugnata si evince che con tre avvisi di accertamento l’Ufficio aveva contestato alla contribuente l’indebita deduzione di costi per servizi e canoni di leasing, per difetto del requisito dell’inerenza, per gli anni 2003 e 2004, nonchè, quanto all’anno 2003, l’omesso versamento dell’i.v.a. su operazioni ritenute imponibili e l’indebita detrazione dell’imposta.
2.1. Nella sentenza si dà atto che la Commissione provinciale aveva accolto i ricorsi proposti dalla contribuente, con l’eccezione delle riprese relative alle operazioni intrattenute con la Bipielle s.p.a.
2.2. Il giudice di appello ha accolto i gravami della società, annullando gli avvisi di accertamento (anche) con riferimento a tali operazioni, mentre ha respinto le impugnazioni interposte dall’Amministrazione finanziaria.
3. Il ricorso è affidato a otto motivi.
4. Resiste con controricorso la Cantiere del Pardo s.r.l. in liquidazione e in concordato preventivo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso proposto l’Agenzia denuncia l’insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, per aver la sentenza impugnata ritenuto sussistenti i costi per sponsorizzazione sostenuti in relazione ad operazioni intervenute con la Sailing Planet s.n.c.
Evidenzia (che motivazione sarebbe insufficiente, in quanto non terrebbe conto dell’assenza di un documento contrattuale che giustificherebbe tali operazioni, della mancata prova del fallimento della ***** s.r.l., elevato a giustificazione economica dei costi, della contraddittorietà dell’oggetto delle fatture (riguardanti gestioni sportive di imbarcazioni) con la giustificazione offerta (sponsorizzazione) e della previsione, inserita nel contratto concluso dalla contribuente con la ***** s.r.l., che escludeva qualsivoglia onere aggiuntivo a carico della prima in relazione agli eventi sportivi oggetto del contratto.
1.1. Il motivo è infondato.
La Commissione regionale ha affermato la sussistenza dei costi in oggetto, riferiti all’organizzazione di attività sportive, “correttamente inseriti nella contabilità aziendale attraverso la relativa documentazione di supporto” e rinvenienti la loro giustificazione nell’accordo stipulato con la ***** s.r.l. per la partecipazione ad importanti regate nelle quali veniva pubblicizzata la società contribuente, aggiungendo che erano stati sostenuti “per poter completare il calendario di gare in quanto la ***** s.r.l. non era più in grado di garantire l’accordo perchè ormai sull’orlo del fallimento, poco dopo dichiarato”.
La motivazione in esame appare sufficiente, in relazione alla contestata sussistenza dei costi, in quanto dà atto della loro esistenza, facendoli derivare da un accordo stipulato con la prestatrice di servizi e finalizzati al completamento del calendario di gara.
La coerenza logico-giuridica di tale motivazione non appare scalfita dagli elementi addotti dall’Ufficio, non richiedendo tale accordo la formalizzazione in un documento e non emergendo dagli atti la allegata circostanza della mancata dichiarazione di fallimento della ***** s.r.l.
Non viene, poi, in rilievo alcuna contraddizione tra l’oggetto delle fatture e la giustificazione offerta, atteso che la sentenza fa riferimento a “costi per l’organizzazione di attività sportiva” e il richiamo operato a finalità di pubblicizzazione dei segni distintivi della contribuente assolve unicamente alla funzione di evidenziare la ragione sottostante alla conclusione dell’accordo con la Sailing Planet s.n.c. per l’organizzazione delle attività sportive e all’interesse al completamento del calendario di regate cui avrebbe partecipato la ***** s.r.l., sponsorizzata dalla contribuente.
Infine, la clausola contrattuale – peraltro, non riprodotta nel ricorso – di esclusione di qualsivoglia onere aggiuntivo a carico della contribuente in relazione agli eventi sportivi oggetto del contratto non appare rilevante, ai fini che qui interessano, essendo stata pattuita, secondo l’assunto della stessa ricorrente, con la ***** s.r.l. e non con la Sailing Planet s.r.l.
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, per aver il giudice di appello, con riferimento alla ripresa fiscale relativa alle operazioni intrattenute con la Bipielle s.p.a., ritenuto detraibile l’i.v.a. assolta sui canoni di leasing, benchè il bene oggetto del contratto di leasing fosse stato concesso in comodato d’uso all’utilizzatore finale che lo aveva utilizzato per fini esclusivamente personali e del tutto scollegati al ciclo produttivo dell’impresa contribuente.
3. Con il terzo motivo si duole della insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, in relazione alla ritenuta strumentalità del costo rappresentato dai canoni di leasing.
3.1. I motivi, esaminabili congiuntamente, sono infondati.
Come ripetutamente evidenziato dalla giurisprudenza unionale il sistema delle detrazioni è inteso ad esonerare interamente l’imprenditore dall’i.v.a. dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche, garantendo, in tal modo, la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati delle stesse, purchè queste siano, in linea di principio, di per sè soggette all’i.v.a. (v., in particolare, Corte Giust. 14 settembre 2017, Iberdola; Corte Giust. 18 luglio 2013, Maritza East).
Il soggetto passivo è, dunque, autorizzato a detrarre l’i.v.a. dovuta o versata per i beni o servizi acquistati quando questi, agendo in quanto tale nel momento dell’acquisto di detti beni o servizi, li utilizzi ai fini delle proprie operazioni imponibili (v., in tal senso, Corte Giust.,22 ottobre 2015, Sveda).
Il diritto alla detrazione dell’i.v.a. a monte va riconosciuto in relazione alla attività di organizzazione e predisposizione dei beni aziendali destinati all’esercizio da parte di soggetti passivi di attività economiche, in quanto è l’acquisto del bene da parte del soggetto passivo che agisce in quanto tale a determinare l’applicazione del sistema dell’i.v.a. e, quindi, del meccanismo di detrazione (cfr. Corte Giust., 22 marzo 2012, Klub 00D; Corte Giust. 11 luglio 1991, Lennartz).
Non può, dunque, essere negato il diritto alla detrazione dell’imposta addebitata a titolo di rivalsa dal cedente o dal prestatore di servizi in presenza di un’operazione effettuata nell’esercizio dell’impresa, ossia da un soggetto che riveste la qualità di imprenditore e in relazione ad un bene o servizio inerente a detta attività, in quanto strumentale in relazione agli scopi dell’impresa, secondo una valutazione da effettuarsi in concreto tenuto conto dell’effettiva natura del bene (cfr., per la giurisprudenza domestica, Cass. 24 marzo 2016, n. 5860; Cass. 31 gennaio 2013, n. 2362).
3.2. La circostanza che il contribuente che ha versato l’imposta a titolo di rivalsa abbia, prima della cessione del bene a terzi in virtù di atto di cessione del contratto di leasing, impiegato il bene di cui ha acquisito la disponibilità per svolgere attività di promozione, mediante la cessione del bene in comodato gratuito a terzi, non si pone in contrasto con i richiamati principi giurisprudenziali, non essendo idonea ad escludere la ricorrenza dei presupposti per il diritto alla detrazione dell’i.v.a.
4. Con il quarto motivo l’Agenzia lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, per aver il giudice di appello, con riferimento alla ripresa fiscale relativa alle operazioni intrattenute con la Locat s.p.a., ritenuto detraibile l’i.v.a. assolta sui canoni di leasing, benchè il bene oggetto del contratto di leasing fosse stato concesso in comodato d’uso all’utilizzatore finale che lo aveva utilizzato per fini esclusivamente personali e del tutto scollegati al ciclo produttivo dell’impresa contribuente.
5. Con il quinto motivo allega l’insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, in relazione alla ritenuta strumentalità del costo rappresentato dai canoni di leasing versati alla Locat s.p.a.
5.1. I motivi, esaminabili congiuntamente, sono infondati per le medesime ragioni illustrate in precedenza con riferimento alle riprese fiscali relative alla detrazione dell’i.v.a. addebitata sui canoni di leasing versati alla Bipielle s.p.a.
6. Con il sesto motivo censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 37-bis, e D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, nella formulazione all’epoca vigente, per aver il giudice di appello, con riferimento alla ripresa fiscale relativa alle operazioni di finanziamento intrattenute con la Intesa BCI s.p.a., ritenuto deducibili gli interessi passivi relativi pur in assenza di valide ragioni economiche.
7. Con il settimo motivo critica tale decisione per insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, in relazione alla ritenuta sussistenza di giustificazioni economiche sottese a tali operazioni.
7.1. I motivi, esaminabili congiuntamente, sono fondati.
L’Ufficio invoca la non opponibilità all’Amministrazione finanziaria dell’operazione di finanziamento in ragione dell’assenza di valide ragioni economiche che la giustificherebbero diverse da quella del risparmio imposta, evidenziando che la contribuente si è determinata a porre in essere tale operazione dopo aver effettuato una distribuzione straordinaria di dividendi della controllante ISB s.p.a. e creato in tal modo una situazione finanziaria debitoria nei confronti dell’istituto bancario, con conseguente incremento dei componenti negativi di reddito rappresentati dagli interessi passivi.
La Corte territoriale ha escluso la legittimità della ripresa in ragione del fatto che il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, comma 5, esclude dal sindacato di inerenza dei costi gli interessi passivi e che il ricorso al finanziamento bancario si inseriva in un quadro di normalità gestionale finanziaria, sostenuto da valide ragioni economiche.
Il riferimento alla norma del Testo unico delle imposte dei redditi non appare pertinente in quanto nel caso in esame non si controverte della inerenza o meno del costo, quanto della sussistenza di ragioni economiche apprezzabili che giustificano l’operazione.
In quest’ottica, l’affermazione della commissione regionale secondo cui “il finanziamento bancario è sostenuto… da valide ragioni economiche” non risulta essere accompagnata da una sufficiente indicazione degli elementi da cui tale valutazione è fatta discendere, idonea a consentire il superamento della valenza indiziaria espressa dagli elementi addotti dall’Ufficio, che depongono nel senso dell’assenza di una giustificazione economica dell’operazione e della preordinazione di quest’ultima al solo scopo di conseguire vantaggi fiscali diversamente non spettanti.
7.2. Del pari non pertinente si presenta il riferimento, presente nella sentenza, all’esigenza di non ledere la libertà di impresa sancita dall’art. 42 Cost., atteso che la libertà di scelta del contribuente tra diverse operazioni comportanti anche un differente carico fiscale va garantita nei limiti in cui quelle operazioni possano spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di risparmi di imposta (cfr. Cass. 14 gennaio 2015, n. 439; Cass. 19 febbraio 2014, n. 3938).
8. Con l’ultimo motivo di ricorso l’Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 8 e 71, e del D.M. Ministro delle Finanze del 24 dicembre 1993, per aver la sentenza impugnata, con riferimento alla ripresa fiscale relativa alle operazioni di cessione di imbarcazioni nella *****, ritenuto che tali cessioni fossero non imponibili ai fini dell’i.v.a.
8.1. Il motivo è fondato.
La Corte territoriale ha escluso la legittimità della ripresa fiscale in considerazione del fatto che, ai sensi del D.M. 24 dicembre 1993, art. 19 avente ad oggetto la disciplina agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto dei rapporti di scambio tra la Repubblica italiana e la *****, “le cessioni a titolo oneroso di mezzi di trasporto nuovi sono in ogni caso assoggettate al pagamento del tributo nel Paese di destinazione”.
Il richiamo di tale disposizione non appare esaustivo in quanto, come reso evidente dal suo tenore letterale, l’ambito di applicazione della norma va circoscritto ai casi in cui i beni oggetto delle cessioni siano stati trasferiti nel paese di destinazione, ossia *****.
Nel caso in esame, la Corte territoriale omette di effettuare tale accertamento, ritenendolo, erroneamente, irrilevante ai fini della decisione, e giungendo, in tal modo, ad una non corretta applicazione della previsione censurata.
9. La sentenza va, dunque, cassata con riferimento ai motivi accolti e rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il sesto, settimo e ottavo motivo di ricorso e rigetta i restanti; cassa la sentenza impugnata con riferimento ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 18 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018