Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.25656 del 15/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PERRINO A. M. – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 18826 del ruolo generale dell’anno 2014, proposto da:

Rai Pubblicità, in persona di procuratori speciali del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del ricorso, dagli avvocati Mario Miscali e Sandro Lattanzi, elettivamente domiciliatosi presso lo studio del secondo in Roma, alla via Sicilia, n. 66;

– ricorrente e controricorrente al ricorso incidentale –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si domicilia;

– controricorrente e ricorrente in via incidentale –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte, depositata in data 4 febbraio 2014, n. 229/30/14;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 19 giugno 2018 dal consigliere Angelina-Maria Perrino;

udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Federico Sorrentino, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso principale e per il rigetto di quello incidentale;

sentiti per la ricorrente gli avvocati Sandro Lattanzi e Mario Miscali e per l’Agenzia l’avvocato dello Stato Bruno Dettori.

FATTI DI CAUSA

Si legge nella sentenza impugnata che all’epoca dei fatti SIPRA, cui è subentrata Rai Pubblicità, era, in virtù di una convenzione, la concessionaria esclusiva della pubblicità radiofonica e televisiva della RAI, la quale ne deteneva l’intero capitale sociale. In particolare, la convenzione prevedeva la facoltà di SIPRA di procedere alla vendita di spazi pubblicitari ricevendone come corrispettivi cc.dd. cambi merce, fino alla percentuale pari all’1% dell’obiettivo pubblicitario stabilito.

L’Agenzia delle entrate qualificò come permutative queste operazioni, sicchè ritenne che la SIPRA avrebbe dovuto fatturare ai clienti committenti la pubblicità le prestazioni pubblicitarie eseguite, per l’intero importo, e che i clienti committenti avrebbero dovuto fatturare alla SIPRA le operazioni di cambio merce. Le operazioni effettuate da SIPRA in favore dei propri dipendenti o di terzi, di norma dipendenti della Rai, aventi a oggetto i beni o i servizi ricevuti in cambio secondo l’Ufficio erano imponibili ai fini dell’iva.

L’Agenzia, in relazione a tali operazioni contestò l’omessa fatturazione di operazioni imponibili concernenti le cessioni ai dipendenti dei beni o dei servizi ricevuti in permuta, l’omessa autofatturazione delle operazioni eseguite dai fornitori e l’omessa, infedele o tardiva fatturazione e registrazione di operazioni non imponibili.

Ne seguirono un avviso di accertamento e un atto di contestazione di sanzioni, che la società impugnò.

La Commissione tributaria provinciale di Torino ha accolto parzialmente i ricorsi, con riguardo alla ripresa a tassazione ai fini iva delle operazioni con Rai International, rideterminando la sanzione.

Quella regionale ha respinto l’appello dell’Ufficio, limitandosi, quanto a quello proposto dalla società, a rideterminare l’importo della sanzione unica.

In particolare, il giudice d’appello per quanto ancora d’interesse ha considerato che:

– le operazioni di cambio merce hanno natura di permuta e non di datio in solutum;

– il momento impositivo di queste operazioni s’identifica con la scelta del bene o con l’individuazione del pacchetto turistico;

– al momento dell’emissione, da parte di Sipra, della lettera che autorizza i propri dipendenti o quelli della Rai all’acquisto, si devono considerare effettuate le corrispondenti cessioni di beni o prestazioni di servizi, che, quindi, si sarebbero dovute fatturare;

– le operazioni di acquisizione di autovetture, alimenti e bevande sono marginali rispetto al fatturato aziendale e comunque estranee rispetto all’oggetto sociale;

– le conseguenze per l’erario dell’omissione delle fatturazioni sono state considerate ai fini della quantificazione delle sanzioni;

– non sussiste incertezza ai fini del trattamento sanzionatorio;

quanto alle operazioni pubblicitarie di RAI tramite Rai International, se la RAI doveva fatturare applicando l’iva, legittima era altresì la detrazione dell’imposta.

Contro questa sentenza propone ricorso la società per ottenerne la cassazione, che affida a cinque motivi, che illustra con memoria, cui l’Agenzia replica con controricorso e ricorso incidentale, articolato anch’esso in cinque motivi, cui ribatte con controricorso la contribuente.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Il tema concernente il trattamento impositivo delle prestazioni pubblicitarie svolte da SIPRA si articola in due sottotemi.

Il primo riguarda un fascio di tre operazioni:

a.- quelle intercorse tra SIPRA e i suoi clienti committenti le prestazioni;

b.- quelle di c.d. cambio merce rese a SIPRA dai clienti;

c.- le operazioni successive aventi a oggetto beni e servizi ottenuti in cambio ed effettuate da SIPRA nei confronti dei propri dipendenti oppure di dipendenti della RAI.

Vanno quindi esaminati congiuntamente il primo motivo del ricorso incidentale e i primi due di quello principale, con i quali si aggrediscono le statuizioni della sentenza impugnata concernenti il rapporto sub a. (primo motivo del ricorso incidentale), quello sub b. (primo motivo del ricorso incidentale) e quello sub c. (primo e secondo motivo del ricorso principale).

2.- La Commissione tributaria regionale ha osservato che nella convenzione RAI-Sipra “…la RAI concede alla SIPRA la possibilità di vendere spazi pubblicitari con operazioni permutative definite cambi merce, sino ad un importo pari all’1% del traguardo pubblicitario prestabilito; la possibilità di stipula di tali cambi merce era prevista sin dall’origine del rapporto…e non è stato dimostrato che la decisione di accettare pagamenti in natura in luogo di denaro sia insorta nel rapporto negoziale con il cliente”. Il giudice d’appello ha escluso che alle operazioni intercorse in esecuzione della convenzione tra Sipra e i suoi clienti si possa adattare lo schema della datio in solutum, perchè ha ritenuto applicabile l’ampio modello delle operazioni permutative regolate ai fini dell’iva dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 11; inoltre, ha stabilito che il momento impositivo delle operazioni oggetto dei rapporti sub a. e sub b. coincida e che si debba identificare col momento in cui il bene sia stato scelto tra quelli messi a disposizione dai clienti.

Sicchè ha concluso che l’Ufficio non avrebbe dimostrato il fatto costitutivo della propria pretesa, perchè non avrebbe individuato il dies a quo da cui muovere per accertare il ritardo di fatturazione. Soltanto la scelta della merce da parte dei dipendenti, in luogo del pagamento del corrispettivo, consentirebbe difatti alla prestatrice SIPRA di divenirne proprietaria e quindi di poterla a propria volta cedere a terzi.

In definitiva, in base al ragionamento della Commissione, il momento impositivo ai fini iva delle prime due operazioni sarebbe il medesimo, ossia la scelta del bene o del servizio oppure il pagamento del corrispettivo da parte dei clienti. Allorquando, invece, Sipra autorizza gli acquisti delle merci o la fruizione dei servizi, le corrispondenti cessioni e prestazioni ai terzi si devono considerare effettuate ai fini iva.

2.1.- Secondo l’Agenzia, l’emissione di fattura per una delle due prestazioni che compongono la complessiva operazione permutativa innesca l’obbligo di fatturazione anche dell’altra, senza che occorra verificare il momenti) in cui ciascuna sia stata eseguita (primo motivo del ricorso incidentale, col quale si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, ar. 6, comma 4, artt. 11 e 21).

2.2.- La contribuente obietta che il rapporto di cambio merce debba essere ricondotto alla datio in solutum, che può dirsi realizzata soltanto nel momento della fruizione dei beni e dei servizi (primo motivo del ricorso principale).

3.- Quanto alle operazioni tra SIPRA e i clienti, non ne costituiscono una complessa: e ciò “alla luce della reciprocità delle prestazioni tra le… società e della duplice qualità di ciascuna parte nell’ambito del loro rapporto giuridico, in quanto fornitore, da un lato, e beneficiario, dall’altro”, sicchè “le due operazioni devono essere distinte” (Corte giust. 13 giugno 2018, causa C421/17, Polfarmex Spoika Akcyjna w Kutnie).

3.1.- In questo contesto, corretto è l’inquadramento dell’operazione SIPRA/clienti committenti in seno a quelle permutative regolate dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 11.

Questa norma, che reca la rubrica “operazioni permutative e dazioni in pagamento”, stabilisce che “le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni e prestazioni di servizi, o per estinguere precedenti obbligazioni, sono soggette all’imposta separatamente da quelle in corrispondenza delle quali sono state effettuate”.

3.2.- Le operazioni permutative rilevanti ai fini dell’iva hanno quindi oggetto più ampio rispetto a quello del contratto di permuta disciplinato dall’art. 1552 c.c., in quanto, oltre che agli scambi di cosa con cosa e di diritto con diritto, si estendono agli scambi di beni e servizi e di servizi con altri servizi (Cass. 23 dicembre 2000, n. 16173 e ord. 30 novembre 2017, n. 28723).

E, nel caso in esame, la ricostruzione dei fatti offerta in sentenza, che non è oggetto di contestazione fra le parti, evidenzia che le prestazioni pubblicitarie, ossia i servizi prestati da SIPRA, sono stati fronteggiati, fino a un importo pari all’1% dell’obiettivo pubblicitario stabilito, dall’impegno dei committenti clienti a fornire beni e servizi.

3.3.- Il fatto che all’esecuzione di una prestazione di servizi corrisponda l’impegno a eseguire una cessione di beni oppure a eseguire una prestazione di servizi non è d’ostacolo alla configurazione dell’operazione permutativa: è il risultato traslativo, consistente nell’attribuzione dell’utilità derivante dalla futura prestazione di servizi o dalla futura cessione di beni una determinata opera da realizzare, coincidente col bene futuro, a essere assunto come termine di scambio con la prestazione di servizi già eseguita, corrispondente al bene presente (in termini, con riguardo alla permuta, Cass. 22 dicembre 2005, n. 28479 e 25 ottobre 2013, n. 24172).

A norma del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 11, allora, le due operazioni che compongono la complessiva operazione permutativa vanno tassate separatamente.

3.4.- Contrariamente a quanto sostenuto in sentenza, allora, le prestazioni di servizi eseguite da SIPRA sono da ritenere imponibili al momento della loro esecuzione, e non già, come vorrebbe il giudice d’appello, al momento della scelta della merce o dei viaggi da parte dei dipendenti.

Le sezioni unite di questa Corte hanno difatti fatto chiarezza (con sentenza 21 aprile 2016, n. 8059; conf., tra varie, ord. 7 dicembre 2017, n. 29371) su concetti centrali dell’iva, distinguendo tra fatto generatore dell’imposta, da cui scaturisce l’obbligazione tributaria, esigibilità, ossia attitudine attuale dell’imposta ad essere pretesa da parte dell’erario e pagamento. Il fatto generatore di norma coincide con l’esigibilità, ma ne rimane ontologicamente distinto, giacchè esso in realtà s’identifica col materiale espletamento dell’operazione. E’ quindi questo a determinare l’insorgenza del presupposto impositivo e, quindi, la rilevanza fiscale dell’attività ai fini dell’iva. Se ne legge conferma nella giurisprudenza unionale: “conformemente all’art. 63 di tale direttiva, il fatto generatore dell’imposta si verifica, e l’imposta diviene esigibile, nel momento in cui viene effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi” (Corte giust. 31 maggio 2018, cause C-660 e 661/16, Kollro13 e Wirti, punto 38).

Rispetto al materiale espletamento dell’operazione, sia essa cessione di beni oppure prestazione di servizi, il rilascio della fattura o l’incasso del corrispettivo sono presupposti di esigibilità, il verificarsi dei quali al più può determinare l’anticipazione del momento impositivo, qualora gli Stati membri nell’esercizio della loro discrezionalità l’abbiano previsto, giammai la sua posticipazione.

Questa ricostruzione trova conferma nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26, il quale prevede che l’omessa riscossione del corrispettivo non comporta la caducazione dell’obbligazione tributaria, della quale il presupposto impositivo si sia già verificato e rinviene copertura costituzionale negli artt. 3 e 53 Cost., in particolare nell’esigenza di non trattare differentemente situazioni uguali, in dipendenza di eventi correlati a scelte (quelle concernenti la fatturazione o il pagamento del corrispettivo) casuali e soggettive.

4.- Nel contempo, tuttavia, l’esecuzione della prestazione pubblicitaria, oltre a determinarne l’imponibilità e l’esigibilità, funge altresì da adempimento del corrispettivo previsto per la futura cessione o la futura prestazione di servizi che i clienti committenti si sono impegnati a eseguire.

Ai fini della valutazione di rilevanza di un tale anticipato adempimento, giova considerare che l’art. 10, comma 2, n. 2 sesta direttiva (corrispondente all’art. 65 della direttiva n. 2006/112, nonchè, nell’ordinamento interno, al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, comma 4), si discosta dall’ordine cronologico consueto, là dove prevede che, nel caso di versamento di un acconto, l’iva diventa esigibile senza che la cessione o la prestazione siano state ancora eseguite. Affinchè in tal caso l’imposta possa diventare esigibile, occorre, peraltro, che tutti gli elementi qualificanti del fatto generatore, vale a dire la futura cessione o la futura prestazione, siano già noti alle parti e, in particolare, che, nel momento del versamento dell’acconto, i beni o i servizi siano specificamente individuati (Corte giust. in causa C419/02, punto 48; 31 maggio 2018, in causa C-660/16, cit.).

Sicchè anche la circostanza che la data futura di esecuzione della cessione o della prestazione non sia nota con precisione al momento del versamento dell’acconto o del corrispettivo non consente di concludere che gli elementi rilevanti del fatto generatore, vale a dire la futura cessione o la futura prestazione, non sono noti. Inoltre, l’assenza di tale precisione non è tale, di per sè, da rimettere in discussione la certezza della cessione o della prestazione (Corte giust. in causa C-660/16, punto 45).

Ciò in quanto, ha chiarito questa Corte, nel caso di anticipato pagamento (come in quello di anticipata fatturazione dell’acquisto), il contenuto economico dell’operazione si considera già – in tutto o in parte – realizzato, dando vita al presupposto fiscalmente sufficiente per la sua imponibilità, sia pure limitatamente all’importo pagato o fatturato (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27141 e 22 maggio 2015, n. 10606).

4.1.- In definitiva, come rilevava la Commissione a motivazione della proposta della sesta direttiva, “quando vengono incassati acconti anteriormente al fatto generatore, il loro incasso rende esigibile l’imposta, poichè i contraenti dimostrano in tal modo di voler trarre anticipatamente tutte le conseguenze finanziarie legate alla realizzazione del fatto generatore”.

E questa disciplina, benchè non riferita espressamente alla permuta, va comunque anche a essa applicata in virtù del principio di parità di trattamento che presidia il sistema dell’iva, poichè le operazioni di permuta, in cui il corrispettivo è per definizione in natura, e le operazioni per le quali il corrispettivo è in danaro sono, dal punto di vista economico e commerciale, due situazioni identiche (Corte giust. 19 dicembre 2012, causa C-549/11, Orfey Bulgaria EOOD, punti 35-36 e 26 settembre 2013, causa C-283/12, Serebryannay vek EOOD, punto 39).

4.2.- Qualora al momento del pagamento anticipato non siano compiutamente individuati i beni o i servizi, le relative operazioni non saranno immediatamente imponibili, ma lo diverranno non appena le cessioni o le prestazioni saranno eseguite.

E che nel caso in esame le cessioni e le prestazioni siano state eseguite, emerge dalle considerazioni generali svolte dal giudice d’appello in relazione all’imponibilità di esse “nel momento in cui SIPRA emette la lettera che autorizza l’acquisto”.

4.3.- Di contro, la deduzione del vizio di motivazione svolta dalla società col secondo motivo del proprio ricorso è inammissibile, perchè si traduce in una censura d’insufficienza di motivazione, inibita dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, al regime del quale l’impugnazione della sentenza era ratione temporis soggetta.

4.4.- Ne derivano l’accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale e il rigetto del primo motivo di quello principale.

Ne risulta assorbito anche il quarto motivo del ricorso principale, concernente la violazione del D.Lgs. n. 4721 del 1997, art. 6, comma 8, nonchè del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 6 e 21, che postula pur sempre la ricostruzione delle operazioni, in quel caso con Alpitour, come datio in solutum.

5.- Il secondo tema pertinente al trattamento impositivo delle prestazioni pubblicitarie svolte da Sipra concerne il loro carattere di extraterritorialità, quanto a quelle diffuse tramite RAI INTERNATIONAL fuori dal territorio dell’allora Comunità Europea, che il giudice d’appello ha escluso, osservando che “se la concedente RAI doveva fatturare applicando l’imposta allora anche la concessionaria SIPRA era legittimata alla sua detrazione”.

Col secondo motivo del ricorso incidentale l’Agenzia censura la statuizione del giudice, sostenendo che la prestazione pubblicitaria resa da Sipra a soggetti nazionali, ma destinata a essere utilizzata in un contesto extra Europeo, sia fuori campo iva per difetto di territorialità.

5.1.- In fatto, emerge dalla sentenza impugnata che SIPRA e la RAI hanno stipulato un contratto atipico in base al quale sul punto “la convenzione con RAI prevedeva che il fatturato prodotto da SIPRA venisse riversato a RAI per il 93%”.

Quindi, le prestazioni pubblicitarie sono state rese da SIPRA, società ubicata in Italia, per mezzo dello strumento televisivo di RAI, parimenti ubicata in Italia, a clienti stabiliti in paesi extracomunitari.

5.2.- Il motivo si rivela quindi infondato, pur occorrendo la correzione della motivazione della sentenza impugnata.

Va premesso che la nozione di prestazione pubblicitaria implica quella di pubblicità, che, in base alla definizione che ne ha fornito la Corte di giustizia (in particolare con sentenza 17 novembre 1993, causa C-68/92, Commissione c. Francia), comporta necessariamente la diffusione di un messaggio destinato a informare il consumatore dell’esistenza e delle qualità di un prodotto o di un servizio, allo scopo di incrementarne le vendite; e tale diffusione in genere avviene mediante parole, scritti o immagini via stampa, radio o televisione (punto 36).

La circostanza, pacifica in fatto, che la trasmissione del messaggio sia avvenuta col mezzo televisivo gestito dalla RAI conduce all’applicabilità alla catena di rapporti RAI/SIPRA e SIPRA/clienti committenti la pubblicità delle regole stabilite dalla giurisprudenza unionale (Corte giust. 19 febbraio 2009, causa n. 1/2008, Soc. Athesia Druck, resa su pregiudiziale proposta da questa Corte).

5.3.- La Corte di giustizia ha chiarito che, per un verso, l’art. 9, n. 2, lett. e), secondo trattino, della sesta direttiva dev’essere interpretato nel senso che esso si applica non soltanto alle prestazioni pubblicitarie fornite direttamente e fatturate dal prestatore di servizi a un committente di pubblicità soggetto passivo, ma anche a prestazioni fornite indirettamente al committente di pubblicità e fatturate a un terzo che le fattura a sua volta al committente (punto 23 della sentenza, in cui si richiama giurisprudenza conforme).

Per conseguenza, il carattere indiretto delle prestazioni, dovuto al fatto(esse sono state fornite o fatturate da un primo prestatore, ossia nel nostro caso dalla RAI, a un destinatario intermedio, ossia nell’ipotesi in questione alla SIPRA, a sua volta incaricata di svolgere servizi pubblicitari (prestazioni che, secondo il giudice d’appello, si è visto, corrispondono a quelle poi rese ai terzi), prima di essere fatturate da quest’ultima al committente di pubblicità, non osta all’applicazione dell’art. 9, n. 2, lett. e) sesta direttiva.

Sicchè, soltanto se il destinatario intermedio della prestazione sia stabilito fuori del territorio dell’Unione, il luogo della prestazione va anch’esso fissato fuori, ossia dove ha sede detto destinatario, senza che assuma rilevanza il fatto che questo non sia il committente finale di pubblicità.

5.4.- A tanto la Corte ha aggiunto, per altro verso, che, in deroga alla regola generale stabilita dall’art. 9, n. 2, lett. e) sesta direttiva, il successivo art. 9, n. 3, lett. b) consente a uno Stato membro di considerare il luogo di prestazione dei servizi situato al di fuori della Comunità a norma di detto articolo come se fosse situato all’interno del paese quando l’effettiva utilizzazione e l’effettivo impiego hanno luogo all’interno del paese.

Facoltà che nel caso in esame è stata esercitata dallo Stato italiano, il quale con l’art. 7, comma 4, lett. d), nel testo vigente ratione temporis, ha stabilito che “le prestazioni pubblicitarie…, di radiodiffusione e di televisione, le prestazioni di servizi rese tramite mezzi elettronici…, nonchè le prestazioni di intermediazione inerenti alle suddette prestazioni o operazioni e quelle inerenti all’obbligo di non esercitarle…si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese a soggetti domiciliati nel territorio stesso o a soggetti ivi residenti che non hanno stabilito il domicilio all’estero e quando sono rese a stabili organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati o residenti all’estero a meno che non siano utilizzate fuori dalla Comunità economica Europea”.

5.4.1.- Ebbene, la Corte di giustizia ha chiarito “che, per paese all’interno del quale hanno luogo l’effettiva utilizzazione e l’effettivo impiego, in base all’art. 9, n. 3, lett. b) sesta direttiva, s’intende, in materia di prestazioni pubblicitarie, il paese dal quale vengono diffusi i messaggi pubblicitari” (punto 29 della sentenza in causa Soc. Athesia Druck). E, giustappunto con riguardo alla diffusione in Italia, ha soggiunto che “indipendentemente dalla circostanza che i destinatari di tali prestazioni possano essere distribuiti in tutto il mondo, è certo che i media italiani sono diffusi soprattutto in Italia. Pertanto, l’effettiva utilizzazione e l’effettivo impiego di messaggi pubblicitari devono essere considerati, in circostanze come quelle di cui alla causa principale, effettuati in Italia” (punti 30 e 31 della medesima sentenza).

5.5.- Erronea è, quindi, la statuizione di segno contrario della sentenza impugnata, con la quale, invece, si è sostenuto che “le prestazioni pubblicitarie diffuse tramite RAI INTERNATIONAL avvenivano fuori dalla Comunità Europea”, perchè “rese da SIPRA ai terzi utilizzatori localizzati in paesi extra UE”.

6.- Corretta nel dispositivo è dunque la statuizione della sentenza impugnata, giacchè, da un canto, la destinataria intermedia SIPRA ha sede in Italia e, d’altro canto, l’effettiva utilizzazione e l’effettivo impiego di messaggi pubblicitari irradiati dalla RAI vanno considerati effettuati in Italia.

7.- Col terzo motivo del ricorso principale si lamenta la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19-bis1 là dove si è esclusa la detraibilità dell’iva concernente le acquisizioni di autovetture, telefoni cellulari, nonchè degli alimenti e delle bevande, perchè marginali e comunque estranee rispetto all’oggetto sociale.

La censura è fondata.

In relazione all’acquisto dei telefoni cellulari, questa Corte ha già chiarito (con sentenza 25 marzo 2015, n. 5958; conf., tra varie, 9 agosto 2016, n. 16726 e 31 maggio 2018, n. 13897) che il principio espresso dalla Corte di giustizia con la sentenza 14 settembre 2006 in causa C-228/05, Stradasfalti, secondo cui le autorità tributarie nazionali non possono applicare le disposizioni con cui uno stato membro abbia escluso alcuni beni dal regime delle detrazioni senza previa consultazione del comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto, in violazione dell’art. 17, comma 7 sesta direttiva 17 maggio 1977 n. 77/388/Cee, sicchè il soggetto passivo deve poter ricalcolare il suo debito d’imposta senza tenerne conto della misura derogatoria illegittimamente adottata è applicabile, per identità di ratio, anche relativamente al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19-bis 1, comma 1, lett. g), vigente ratione temporis, nella parte in cui limita la detraibilità delle spese per l’acquisto e l’uso dei telefoni cellulari nella misura del 50 per cento.

7.1.- Ma sia per tali acquisti, sia per le operazioni concernenti alimenti e bevande, indipendentemente dal titolo che le sorregga, sia per l’acquisto di autoveicoli, occorre pur sempre la verifica relativa alla loro inerenza all’attività d’impresa.

Di contro, il giudice d’appello ha escluso in maniera anapodittica l’inerenza, sicchè è incorso nella violazione della norma in questione.

Occorre quindi che la valutazione sia operata in maniera concreta, previa cassazione della sentenza in relazione ai profili accolti.

8.- Irrilevante è il quinto motivo del ricorso principale, col quale la contribuente si duole della nullità della sentenza quanto all’esimente dell’obiettiva incertezza, con riguardo al trattamento sanzionatorio.

E ciò in applicazione del consolidato orientamento di questa Corte (vedi, per tutte, Cass. 23 novembre 2016, n. 23845), secondo il quale in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l’incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, alla stregua della L. n. 212 del 2000,. 10, comma 3, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8 postula una condizione d’inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, riferita non già ad un generico contribuente, nè a quei contribuenti che, per loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata, nè all’ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione.

9- In definitiva, in accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale, nonchè del terzo di quello principale la sentenza impugnata va cassata in relazione ai profili accolti, con rinvio, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione, che si atterrà ai seguenti principi di diritto:

“In tema di iva, il momento impositivo della prestazione pubblicitaria remunerata col diritto al c.d. cambio merce, ossia alla futura cessione di beni o alla futura prestazione di servizi da parte del committente la pubblicità, che s’inquadra nel novero delle operazioni permutative, coincide con l’effettuazione della prestazione, la quale, costituendo a sua volta il corrispettivo anticipato del c.d. cambio merce, determina al contempo l’imponibilità anche di questa prestazione, purchè ne sia già noto l’oggetto alle parti”.

“In tema di iva, la prestazione pubblicitaria eseguita mediante diffusione del messaggio pubblicitario per il tramite di mezzo radiotelevisivo ubicato in Italia a un’impresa, anch’essa ubicata in Italia, a sua volta incaricata di svolgere servizi pubblicitari, prima di essere fatturata da quest’ultima al committente di pubblicità, è munita del requisito della territorialità, benchè sia indirizzata e giunga a utenti ubicati fuori dal territorio dell’Unione Europea”.

10.- La cassazione con rinvio della sentenza impugnata comporta l’assorbimento dei restanti tre motivi del ricorso incidentale, che concernono la quantificazione della sanzione inflitta.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo del ricorso incidentale e il terzo di quello principale, assorbiti il quarto motivo del ricorso principale, nonchè il terzo, il quarto e il quinto di quello incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai profili accolti e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione.

Rigetta nel resto i ricorsi.

Così deciso in Roma, il 19 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018

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