LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. PERRINO A.M. – rel. Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M. Giulia – Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sui ricorsi riuniti iscritti ai numeri 18829 e 20371 del ruolo generale dell’anno 2014, rispettivamente proposti da:
Rai Pubblicità, in persona di procuratori speciali del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del ricorso, dagli avvocati Mario Miscali e Sandro Lattanzi, elettivamente domiciliatosi presso lo studio del secondo in Roma, alla via Sicilia, n. 66;
– ricorrente e controricorrente al ricorso incidentale –
contro
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si domicilia;
– controricorrente e ricorrente in via incidentale –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte, depositata in data 27 gennaio 2014, n. 158/1/2014;
udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 19 giugno 2018 dal consigliere Angelina-Maria Perrino;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Sorrentino Federico, che ha concluso, previa riunione dei ricorsi, per l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso principale e per il rigetto di quello incidentale;
sentiti per la ricorrente gli avvocati Sandro Lattanzi e Mario Miscali e per l’Agenzia l’avvocato dello Stato Bruno Dettori.
FATTI DI CAUSA
Si legge nella sentenza impugnata che all’epoca dei fatti SIPRA, cui è subentrata Rai Pubblicità, era, in virtù di una convenzione, la concessionaria esclusiva della pubblicità radiofonica e televisiva della RAI, la quale ne deteneva l’intero capitale sociale. In particolare, la convenzione prevedeva la facoltà di SIPRA di procedere alla vendita di spazi pubblicitari ricevendone come corrispettivi cc.dd. cambi merce, fino alla percentuale pari all’1% dell’obiettivo pubblicitario stabilito.
L’Agenzia delle entrate qualificò come permutative queste operazioni, sicchè ritenne che la SIPRA avrebbe dovuto fatturare ai clienti committenti la pubblicità le prestazioni pubblicitarie eseguite, per l’intero importo, e che i clienti committenti avrebbero dovuto fatturare alla SIPRA le operazioni di cambio merce. Le operazioni successive concernenti quanto ricevuto in cambio effettuate dalla SIPRA nei confronti dei propri dipendenti o di terzi, di norma dipendenti della RAI, secondo l’Ufficio erano imponibili ai fini dell’iva e generavano correlativi ricavi di esercizio.
L’Agenzia, in relazione a tali operazioni contestò l’omessa fatturazione di operazioni imponibili concernenti le cessioni ai dipendenti dei beni o dei servizi ricevuti in permuta, la tardiva emissione delle fatture relative alle operazioni permutative con le società clienti, l’omessa regolarizzazione delle fatture concernenti le operazioni eseguite dai fornitori e l’omessa dichiarazione di elementi positivi di reddito e del valore della produzione netta concernenti l’ammontare dei ricavi non contabilizzati per effetto della rivendita ai dipendenti della merce ricevuta in permuta, in particolare dalla Conbipel.
L’Agenzia contestò inoltre che le due dichiarazioni d’intento rilasciate dalla cliente BLUVACANZE si riducevano in realtà a una sola, successivamente corretta, a causa dell’erronea indicazione del numero di partita iva, sicchè il limite del plafond da considerare era di 100.000 Euro e non già di 200.000, come applicato dalla SIPRA.
A tanto l’Ufficio aggiunse il rilievo concernente l’illegittimità della detrazione dell’iva concernente le fatture passive ricevute dalla RAI per le prestazioni pubblicitarie eseguite tramite RAI INTERNATIONAL, che ritenne indebitamente assoggettate a imposta, pur in mancanza del requisito della territorialità.
Infine l’Agenzia recuperò l’iva che aveva assunto indebitamente detratta, perchè concernenti acquisti di beni, ossia autoveicoli e telefoni cellulari, per i quali il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19-bis1 prevedeva limiti alla detrazione.
La società impugnò i relativi avvisi di accertamento e atti di contestazione, ottenendone l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale di Torino, con esclusione dei rilievi rispettivamente concernenti l’illegittima applicazione del regime di sospensione dell’imposta per insufficienza del plafond, la detrazione dell’iva in violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19-bis1, la detrazione dell’iva perchè relativa a operazioni sprovviste del requisito della territorialità e le sanzioni per l’omessa regolarizzazione delle fatture non ricevute dai clienti diversi dal tour operator.
La Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello della società limitatamente alla fatturazione tardiva delle operazioni di cambio merce e all’iva concernente gli acquisti delle auto.
In particolare, il giudice d’appello ha considerato che:
– è evidente la natura correttiva della seconda dichiarazione d’intento, significativamente non registrata da Sipra;
– in relazione agli acquisti degli autoveicoli va applicata la sentenza della Corte di giustizia nella causa Stradasfalti;
– l’identità dei rapporti Sipra/RAI/RAI INTERNATIONAL comporta l’indetraibilità dell’iva, per mancanza della territorialità delle prestazioni relative perchè utilizzate fuori dal territorio dell’Unione;
– le operazioni di cambio merce vanno considerate come permute a effetti obbligatori, sicchè il momento impositivo necessita dell’individuazione da parte di Sipra dei beni o dei servizi che ne sono oggetto;
– vanno, peraltro, riconosciuti i maggiori ricavi derivanti dalle successive vendite dei beni in questione a terzi, essendo presumibile che l’importo delle trattenute operate sulle retribuzioni non sia transitato sul conto economico;
– rilevante, ai fini del trattamento sanzionatorio, è il documento di prassi del 2008.
Contro questa sentenza propone ricorso dapprima la società per ottenerne la cassazione, che affida a cinque motivi, che illustra con memoria, cui l’Agenzia reagisce con controricorso; l’Ufficio propone poi successivo ricorso, da qualificare come incidentale, articolato in due motivi, cui la società replica con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- I due ricorsi vanno riuniti, perchè concernono la medesima sentenza.
2.- Il primo motivo del ricorso principale, col quale la società si duole della violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8,comma 1, lett. c), con riferimento alla rilevanza delle due dichiarazioni d’intento esibite dalla cliente BLUVACANZE, è inammissibile, perchè si scontra con l’accertamento di fatto contenuto in sentenza, in questa sede insindacabile, della portata meramente correttiva della seconda dichiarazione rispetto alla prima.
3.- Il tema concernente il trattamento impositivo delle prestazioni pubblicitarie svolte da SIPRA si articola in due sottotemi.
Il primo riguarda un fascio di tre operazioni:
a.- quelle intercorse tra SIPRA e i suoi clienti committenti le prestazioni;
b.- quelle di c.d. cambio merce rese a SIPRA dai clienti;
c.- le successive operazioni aventi a oggetto beni e servizi così ottenuti effettuate da SIPRA nei confronti dei propri dipendenti oppure dei dipendenti della RAI.
Vanno quindi esaminati congiuntamente il primo motivo del ricorso incidentale, nonchè il quarto e il quinto di quello principale, con i quali si aggrediscono le statuizioni della sentenza impugnata concernenti il rapporto sub a. (primo motivo del ricorso incidentale), quello sub b. (primo motivo del ricorso incidentale) e quello sub c. (quarto e quinto motivo del ricorso principale quanto al reddito d’impresa).
4.- La Commissione tributaria regionale ha ritenuto che alla relazione tra SIPRA e i suoi clienti si adatti l’ampio modello delle operazioni permutative regolate ai fini dell’iva dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 11; si tratta, tuttavia, secondo il giudice d’appello, di permute a effetti obbligatori, sicchè il momento impositivo coincide pur sempre con quello di esecuzione della seconda prestazione che funge da corrispettivo.
Ciò perchè soltanto la scelta della merce consentirebbe alla prestatrice SIPRA di divenirne proprietaria e quindi di poterla a propria volta cedere a terzi.
In definitiva, in base al ragionamento della Commissione, il momento impositivo ai fini iva delle tre operazioni sarebbe il medesimo, ossia la scelta del bene o del servizio oppure il pagamento del corrispettivo da parte dei clienti. Ciononostante, il giudice d’appello ha accertato che la committente Conbipel “applicava l’imposta emettendo ricevuta fiscale comprensiva di iva la cui misura non necessitava di specifica indicazione” e che, quanto alle imposte dirette, “…è fondatamente presumibile, salvo prova contraria non fornita, che l’importo delle trattenute effettuate sugli stipendi non sia transitato al conto economico…”.
4.1.- Secondo l’Agenzia, di contro, l’emissione di fattura per una delle due prestazioni che compongono la complessiva operazione permutativa innesca l’obbligo di fatturazione anche dell’altra, senza che occorra verificare il momento in cui ciascuna sia stata eseguita (primo motivo del ricorso incidentale, col quale si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 6,11 e 21).
A tanto la contribuente aggiunge, in relazione alle imposte dirette, che a fronte dei ricavi scaturenti dalle operazioni di cambio merce fossero riscontrabili costi e oneri di pari importo (quarto motivo, col quale si denuncia la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109) e che i proventi delle vendite a terzi compiute da SIPRA non concernano beni alla produzione o allo scambio dei quali era diretta l’attività d’impresa della contribuente e che nessuna plusvalenza è configurabile, in considerazione della coincidenza tra costi e proventi concernenti le vendite in questione (quinto motivo, col quale si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 85 e 86).
5.- Diversamente da quanto sostenuto dal giudice d’appello con la sentenza impugnata, al fascio delle tre operazioni evocato in incipit non può essere applicato il medesimo trattamento.
Da un canto vi sono le operazioni intercorse tra la prestatrice SIPRA e le committenti le prestazioni di pubblicità; dall’altro, in rapporto di dipendenza, vi sono le successive operazioni intercorse tra SIPRA e terzi. E i terzi nessuna relazione giuridica hanno con le committenti la pubblicità, che sono controparti di SIPRA e non già degli acquirenti da essa.
Nè le operazioni tra SIPRA e i clienti ne costituiscono un’unica complessa: e ciò “alla luce della reciprocità delle prestazioni tra le… società e della duplice qualità di ciascuna parte nell’ambito del loro rapporto giuridico, in quanto fornitore, da un lato, e beneficiario, dall’altro”, sicchè “le due operazioni devono essere distinte” (Corte giust. 13 giugno 2018, causa C-421/17, Polfarmex Spoika Akcyjna w Kutnie).
5.1.- In questo contesto, corretto è l’inquadramento dell’operazione SIPRA/clienti committenti in seno a quelle permutative regolate dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 11.
Questa norma, che reca la rubrica “operazioni permutative e dazioni in pagamento”, stabilisce che “le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni e prestazioni di servizi, o per estinguere precedenti obbligazioni, sono soggette all’imposta separatamente da quelle in corrispondenza delle quali sono state effettuate”.
5.2.- Le operazioni permutative rilevanti ai fini dell’iva hanno quindi oggetto più ampio rispetto a quello del contratto di permuta disciplinato dall’art. 1552 c.c., in quanto, oltre che agli scambi di cosa con cosa e di diritto con diritto, si estendono agli scambi di beni e servizi e di servizi con altri servizi (Cass. 23 dicembre 2000, n. 16173 e ord. 30 novembre 2017, n. 28723).
E, nel caso in esame, la ricostruzione dei fatti offerta in sentenza, che non è oggetto di contestazione fra le parti, evidenzia che le prestazioni pubblicitarie, ossia i servizi prestati da SIPRA, sono stati fronteggiati, fino a un importo pari all’1% dell’obiettivo pubblicitario stabilito, dall’impegno dei committenti clienti a fornire beni e servizi.
5.3.- Il fatto che all’esecuzione di una prestazione di servizi corrisponda l’impegno a eseguire una cessione di beni oppure a eseguire una prestazione di servizi non è d’ostacolo alla configurazione dell’operazione permutativa: è il risultato traslativo, consistente nell’attribuzione dell’utilità derivante dalla futura prestazione di servizi o dalla futura cessione di beni una determinata opera da realizzare, coincidente col bene futuro, a essere assunto come termine di scambio con la prestazione di servizi già eseguita, corrispondente al bene presente (in termini, con riguardo alla permuta, Cass. 22 dicembre 2005, n. 28479 e 25 ottobre 2013, n. 24172).
A norma del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 11 allora, le due operazioni che compongono la complessiva operazione permutativa vanno tassate separatamente.
5.4.- Contrariamente a quanto sostenuto in sentenza, allora, le prestazioni di servizi eseguite da SIPRA sono da ritenere imponibili al momento della loro esecuzione, e non già, come vorrebbe il giudice d’appello, soltanto al momento dell’individuazione di beni e servizi oggetto dei cc.dd. cambi merce.
Le sezioni unite di questa Corte hanno difatti fatto chiarezza (con sentenza 21 aprile 2016, n. 8059; conf., tra varie, ord. 7 dicembre 2017, n. 29371) su concetti centrali dell’iva, distinguendo tra fatto generatore dell’imposta, da cui scaturisce l’obbligazione tributaria, esigibilità, ossia attitudine attuale dell’imposta ad essere pretesa da parte dell’erario e pagamento. Il fatto generatore di norma coincide con l’esigibilità, ma ne rimane ontologicamente distinto, giacchè esso in realtà s’identifica col materiale espletamento dell’operazione. E’ quindi questo a determinare l’insorgenza del presupposto impositivo e, quindi, la rilevanza fiscale dell’attività ai fini dell’iva. Se ne legge conferma nella giurisprudenza unionale: “conformemente all’art. 63 di tale direttiva, il fatto generatore dell’imposta si verifica, e l’imposta diviene esigibile, nel momento in cui viene effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi” (Corte giust. 31 maggio 2018, cause C-660 e 661/16, KollroB e Wirti, punto 38).
5.5.- Rispetto al materiale espletamento dell’operazione, sia essa cessione di beni oppure prestazione di servizi, il rilascio della fattura o l’incasso del corrispettivo sono presupposti di esigibilità, il verificarsi dei quali al più può determinare l’anticipazione del momento impositivo, qualora gli Stati membri nell’esercizio della loro discrezionalità l’abbiano previsto, giammai la sua posticipazione.
Questa ricostruzione trova conferma nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26 il quale prevede che l’omessa riscossione del corrispettivo non comporta la caducazione dell’obbligazione tributaria, della quale il presupposto impositivo si sia già verificato e rinviene copertura costituzionale negli artt. 3 e 53 Cost., in particolare nell’esigenza di non trattare differentemente situazioni uguali, in dipendenza di eventi correlati a scelte (quelle concernenti la fatturazione o il pagamento del corrispettivo) casuali e soggettive.
6.- Nel contempo, tuttavia, l’esecuzione della prestazione pubblicitaria, oltre a determinarne l’imponibilità e l’esigibilità, funge altresì da adempimento del corrispettivo previsto per la futura cessione o la futura prestazione di servizi che i clienti committenti si sono impegnati a eseguire.
Ai fini della valutazione di rilevanza di un tale anticipato adempimento, giova considerare che l’art. 10, comma 2, n. 2, della sesta direttiva (corrispondente all’art. 65 della direttiva n. 2006/112, nonchè, nell’ordinamento interno, al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, comma 4), si discosta dall’ordine cronologico consueto, là dove prevede che, nel caso di versamento di un acconto, l’iva diventa esigibile senza che la cessione o la prestazione siano state ancora eseguite. Affinchè in tal caso l’imposta possa diventare esigibile, occorre, peraltro, che tutti gli elementi qualificanti del fatto generatore, vale a dire la futura cessione o la futura prestazione, siano già noti alle parti e, in particolare, che, nel momento del versamento dell’acconto, i beni o i servizi siano specificamente individuati (Corte giust. in causa C419/02, punto 48; 31 maggio 2018, in causa C-660/16, cit.).
Sicchè anche la circostanza che la data futura di esecuzione della cessione o della prestazione non sia nota con precisione al momento del versamento dell’acconto o del corrispettivo non consente di concludere che gli elementi rilevanti del fatto generatore, vale a dire la futura cessione o la futura prestazione, non sono noti. Inoltre, l’assenza di tale precisione non è tale, di per sè, da rimettere in discussione la certezza della cessione o della prestazione (Corte giust. in causa C-660/16, punto 45).
Ciò in quanto, ha chiarito questa Corte, nel caso di anticipato pagamento (come in quello di anticipata fatturazione dell’acquisto), il contenuto economico dell’operazione si considera già – in tutto o in parte – realizzato, dando vita al presupposto fiscalmente sufficiente per la sua imponibilità, sia pure limitatamente all’importo pagato o fatturato (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27141 e 22 maggio 2015, n. 10606).
6.1.- In definitiva, come rilevava la Commissione a motivazione della proposta della sesta direttiva, “quando vengono incassati acconti anteriormente al fatto generatore, il loro incasso rende esigibile l’imposta, poichè i contraenti dimostrano in tal modo di voler trarre anticipatamente tutte le conseguenze finanziarie legate alla realizzazione del fatto generatore”.
E questa disciplina, benchè non riferita espressamente alla permuta, va comunque anche a essa applicata in virtù del principio di parità di trattamento che presidia il sistema dell’iva, poichè le operazioni di permuta, in cui il corrispettivo è per definizione in natura, e le operazioni per le quali il corrispettivo è in danaro sono, dal punto di vista economico e commerciale, due situazioni identiche (Corte giust. 19 dicembre 2012, causa C-549/11, Orfey Bulgaria EOOD, punti 35-36 e 26 settembre 2013, causa C-283/12, Serebryannay vek EOOD, punto 39).
6.2.- Qualora al momento del pagamento anticipato non siano compiutamente individuati i beni o i servizi, le relative operazioni non saranno immediatamente imponibili, ma lo diverranno non appena le cessioni o le prestazioni saranno eseguite.
E che l’esecuzione vi sia stata, emerge dal riferimento contenuto in sentenza alle trattenute operate sulle retribuzioni dei terzi cessionari.
6.3.- Sono quindi erronee le statuizioni della sentenza impugnata, in virtù delle quali la Commissione tributaria regionale ha escluso in radice l’esigibilità e della prestazione eseguita da SIPRA e di quelle comunque eseguite dalle clienti committenti.
6.4.- Ne deriva l’accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale proposto dall’Agenzia.
7.- Va, invece, respinto il quarto motivo del ricorso principale, in base all’orientamento di questa Corte (Cass., ord. 11 gennaio 2018, n. 450 e ord. 31 maggio 2018, n. 13882), secondo il quale, in tema di imposte sui redditi delle società, il principio dell’inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d’impresa ed esprime la necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo soltanto quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa.
Inoltre, l’onere di provare i costi deducibili dal reddito d’impresa incombe su chi invochi la deduzione, ossia sul contribuente (tra varie, Cass. 26 aprile 2017, n. 10269).
8.- Ne risulta assorbito il quinto motivo del ricorso principale, col quale si lamenta la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 85 e 86 contestando che il valore dei beni e dei servizi oggetto dei cambi merce abbiano determinato reddito d’impresa.
E ciò perchè le considerazioni che precedono smentiscono l’assunto.
9.- Il secondo tema pertinente al trattamento impositivo delle prestazioni pubblicitarie svolte da Sipra concerne il loro carattere di extraterritorialità, quanto a quelle diffuse tramite RAI INTERNATIONAL fuori dal territorio dell’allora Comunità Europea, che il giudice d’appello ha escluso, facendo leva sull’identità delle prestazioni oggetto dei rapporti Sipra/RAI/RAI INTERNATIONAL e sull’esecuzione di esse fuori dal territorio dell’Unione.
Il tema è oggetto del terzo motivo del ricorso principale, col quale la società si duole della violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 3 e art. 7, comma 4, nonchè dell’art. 1705 c.c., sostenendo che debba essere escluso il carattere di extraterritorialità della prestazione.
9.1.- In fatto, emerge dalla sentenza impugnata che la società incaricata della pubblicità da parte di RAI avesse sede in Italia. Quindi, le prestazioni pubblicitarie sono state rese da SIPRA, società ubicata in Italia, per mezzo dello strumento televisivo di RAI, parimenti ubicata in Italia, a clienti stabiliti in paesi extracomunitari.
9.2.- Va premesso che la nozione di prestazione pubblicitaria implica quella di pubblicità, che, in base alla definizione che ne ha fornito la Corte di giustizia (in particolare con sentenza 17 novembre 1993, causa C-68/92, Commissione c. Francia), comporta necessariamente la diffusione di un messaggio destinato a informare il consumatore dell’esistenza e delle qualità di un prodotto o di un servizio, allo scopo di incrementarne le vendite; e tale diffusione in genere avviene mediante parole, scritti o immagini via stampa, radio o televisione (punto 36).
La circostanza, pacifica in fatto, che la trasmissione del messaggio sia avvenuta col mezzo televisivo gestito dalla RAI conduce all’applicabilità alla catena di rapporti RAI/SIPRA e SIPRA/clienti committenti la pubblicità della regola stabilita dalla giurisprudenza unionale (Corte giust. 19 febbraio 2009, causa n. 1/2008, Soc. Athesia Druck, resa su pregiudiziale proposta da questa Corte) in base alla quale in un caso di prestazioni di servizi indiretti, che comportano un primo prestatore di servizi, un destinatario intermedio e un committente di pubblicità che riceve prestazioni di servizi dal destinatario intermedio, occorre esaminare separatamente l’operazione di prestazioni di servizi fornita dal primo prestatore al destinatario intermedio, al fine di determinare il luogo d’imposizione di tale operazione.
9.3.- Ebbene, in deroga alle regola generale stabilita dall’art. 9, n. 2, lett. e), della sesta direttiva, il successivo art. 9, n. 3, lett. b) consente ad uno Stato membro di considerare il luogo di prestazione dei servizi situato al di fuori della Comunità a norma di detto art. come se fosse situato all’interno del paese quando l’effettiva utilizzazione e l’effettivo impiego hanno luogo all’interno del paese.
Facoltà che nel caso in esame è stata esercitata dallo Stato italiano, il quale con l’art. 7, comma 4, lett. d), nel testo vigente ratione temporis, stabilisce che “le prestazioni pubblicitarie…, ((di radiodiffusione e di televisione, le prestazioni di servizi rese tramite mezzi elettronici,))…, nonchè le prestazioni di intermediazione inerenti alle suddette prestazioni o operazioni e quelle inerenti all’obbligo di non esercitarle,… si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese a soggetti domiciliati nel territorio stesso o a soggetti ivi residenti che non hanno stabilito il domicilio all’estero e quando sono rese a stabili organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati o residenti all’estero, a meno che non siano utilizzate fuori dalla Comunità economica Europea”.
9.4.- Ebbene, la Corte di giustizia ha chiarito “che, per paese all’interno del quale hanno luogo l’effettiva utilizzazione e l’effettivo impiego, in base all’art. 9, n. 3, lett. b), della sesta direttiva, s’intende, in materia di prestazioni pubblicitarie, il paese dal quale vengono diffusi i messaggi pubblicitari” (punto 29 della sentenza in causa Soc. Athesia Druck). E, giustappunto con riguardo alla diffusione in Italia, ha soggiunto che “indipendentemente dalla circostanza che i destinatari di tali prestazioni possano essere distribuiti in tutto il mondo, è certo che i media italiani sono diffusi soprattutto in Italia. Pertanto, l’effettiva utilizzazione e l’effettivo impiego di messaggi pubblicitari devono essere considerati, in circostanze come quelle di cui alla causa principale, effettuati in Italia” (punti 30 e 31 della medesima sentenza).
9.5.- Erronea è, quindi, la statuizione di segno contrario della sentenza impugnata, con la quale, invece, si è puntato sull’effettuazione delle operazioni fuori dal territorio dell’Unione.
La censura va accolta e in conseguenza cassata per il profilo corrispondente la sentenza impugnata.
10.- Col secondo motivo del ricorso principale, che va esaminato congiuntamente al secondo motivo del ricorso incidentale, che concerne questione connessa, si lamenta, rispettivamente:
– la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19-bis1 e dell’art. 27, nn. 1 e 5, della sesta direttiva, là dove si è esclusa la detraibilità dell’iva in questione benchè le operazioni concernenti telefoni cellulari, alimenti e bevande rientrassero nell’attività propria della contribuente;
– la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19-bis 1 e della L. n. 388 del 2000, art. 30 e dell’art. 2697 c.c., là dove la Commissione tributaria regionale ha affermato la piena detraibilità dell’iva concernente gli acquisti di autoveicoli, senza considerare se fossero, o no, inerenti all’attività d’impresa.
10.1.- Le censure rispettivamente proposte dalla società e dall’Agenzia sono fondate.
In relazione all’acquisto dei telefoni cellulari, questa Corte ha già chiarito (con sentenza 25 marzo 2015, n. 5958; conf., tra varie, 9 agosto 2016, n. 16726 e 31 maggio 2018, n. 13897) che il principio espresso dalla Corte di giustizia con la sentenza 14 settembre 2006 in causa C-228/05, Stradasfalti, secondo cui le autorità tributarie nazionali non possono applicare le disposizioni con cui uno stato membro abbia escluso alcuni beni dal regime delle detrazioni senza previa consultazione del comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto, in violazione dell’art. 17, comma 7, della sesta direttiva 17 maggio 1977 n. 77/388/Cee, sicchè il soggetto passivo deve poter ricalcolare il suo debito d’imposta senza tenerne conto della misura derogatoria illegittimamente adottata è applicabile, per identità di ratio, anche relativamente al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19-bis 1, comma 1, lett. g), vigente ratione temporis, nella parte in cui limita la detraibilità delle spese per l’acquisto e l’uso dei telefoni cellulari nella misura del 50 per cento).
10.2.- Ma sia per tali acquisti, sia per le operazioni concernenti alimenti e bevande, indipendentemente dal titolo che le sorregga, sia per l’acquisto di autoveicoli, occorre pur sempre la verifica relativa alla loro inerenza all’attività d’impresa. Di contro, il giudice d’appello nei primi due casi ha escluso in maniera anapodittica l’inerenza e nel terzo caso in modo altrettanto assertivo l’ha affermata.
10.3.- Sicchè la valutazione va operata in maniera concreta, previa cassazione della sentenza in relazione ai profili accolti.
11.- In definitiva, in accoglimento del secondo e del terzo motivo del ricorso principale, nonchè del ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai profili accolti, con rinvio, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione, che si atterrà ai seguenti principi di diritto:
“In tema di iva, il momento impositivo della prestazione pubblicitaria remunerata col diritto al c.d. cambio merce, ossia alla futura cessione di beni o alla futura prestazione di servizi da parte del committente la pubblicità, che s’inquadra nel novero delle operazioni permutative, coincide con l’effettuazione della prestazione, la quale, costituendo a sua volta il corrispettivo anticipato del c.d. cambio merce, determina al contempo l’imponibilità anche di questa prestazione, purchè ne sia già noto l’oggetto alle parti”.
“In tema di iva, la prestazione pubblicitaria eseguita mediante diffusione del messaggio pubblicitario per il tramite di mezzo radiotelevisivo ubicato in Italia a un’impresa, anch’essa ubicata in Italia, a sua volta incaricata di svolgere servizi pubblicitari, prima di essere fatturata da quest’ultima al committente di pubblicità, è munita del requisito della territorialità, benchè sia indirizzata e giunga a utenti ubicati fuori dal territorio dell’Unione Europea”.
P.Q.M.
dispone la riunione dei ricorsi; accoglie il secondo e il terzo motivo del ricorso principale, assorbito il quinto, e accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai profili accolti e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione.
Dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso principale e lo respinge nel resto.
Così deciso in Roma, il 19 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018