LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –
Dott. MUCCI Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 10294/2012 proposto da:
A.G. e A.A., il primo quale legale rappresentante ed entrambi quali soci di A.B.A. S.A.S. DI G. A.
& C., elettivamente domiciliati in Roma, via Dardanelli n. 46, presso lo studio dell’Avv. Maurizio Spinella, rappresentati e difesi dall’Avv. Vincenzo Natale giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 517/11 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 17 ottobre 2011;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 2 luglio 2018 dal Cons. Dott. ROBERTO MUCCI.
CONSIDERATO
che:
1. la CTR di Napoli rigettava il gravame interposto da A.A. e G., per la A.B.A. s.a.s., avverso la sentenza della CTP di Caserta che, confermando l’accertamento ai fini IVA, aveva ridotto gli imponibili accertati ai fini delle imposte sui redditi dovute dalla società e dai singoli soci nella misura del 25 per cento, quali costi non dedotti dall’ufficio;
2. la vicenda era originata dal rinvenimento, nel corso delle operazioni di verifica presso la sede della società, di un registro extracontabile sul quale erano riportate 11 fatture (dalla n. *****) relative all’anno 2005 per un imponibile di Euro 236.026,63, oltre corrispondente IVA per Euro 47.205,00; in conseguenza dell’omessa registrazione delle fatture non contabilizzate venivano pertanto emessi gli impugnati avvisi di accertamento ***** nei confronti di A.B.A., nonchè ***** e ***** nei confronti dei soci quali percettori di maggior reddito;
3. riteneva la CTR che l’omessa registrazione e contabilizzazione delle fatture – accertata non in via presuntiva, ma appunto a seguito di riscontro della mancata annotazione di fatture emesse comportava un occultamento di ricavi, i cui corrispondenti costi già trovavano allocazione nel conto economico; confermava peraltro la sentenza della CTP in assenza di gravame dell’Agenzia delle Entrate sul punto della riduzione dei costi;
4. avverso detta sentenza propongono ricorso per cassazione A.G. e A., nelle rispettive qualità, affidato a due motivi, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
RITENUTO
che:
5. con il primo motivo di ricorso si deduce vizio motivazionale per errata valutazione degli elementi acquisiti con l’accertamento impugnato: in carenza di contraddittorio preventivo con il contribuente, il semplice rinvenimento di un registro extracontabile non costituirebbe, di per sè, idoneo elemento probatorio ai fini di un accertamento induttivo, atteso anche che “fu subito chiarito agli accertatori che le fatture rinvenute erano relative ad operazioni già fatturate e contabilizzate ma conservate con errata precedente numerazione e tanto non ha comportato alcun occultamento di ricavi” (p. 4 del ricorso);
6. con il secondo motivo si deduce violazione dei principi sull’onere della prova ed ancora vizio motivazionale: la CTR avrebbe acriticamente aderito ai motivi addotti dall’ufficio, che a sua volta non avrebbe dimostrato “la percentuale di ricarico rilevante ai fini della determinazione del reddito di impresa e della eventuale rettifica contestata” (p. 5), così determinando un’illegittima inversione dell’onere della prova;
7. il ricorso – i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente poichè all’evidenza connessi – è inammissibile;
7.1. la pur sintetica motivazione offerta dalla CTR ha posto in evidenza il dato rilevante della fattispecie in esame, costituito dal rinvenimento di documentazione extracontabile concernente fatture emesse, ma non registrate e contabilizzate;
7.2. tale dato obiettivo e la sua attitudine probatoria ai fini del recupero fiscale oggetto del giudizio non risultano in alcun modo scalfiti dalle argomentazioni – affatto generiche e non suffragate da alcun riscontro di prova – svolte da parte ricorrente, con particolare riferimento all’allegazione (riportata supra, sub 5) relativa ai “chiarimenti” forniti agli accertatori in sede di accesso, ciò che complessivamente ridonda in un’inammissibile sollecitazione alla revisione, nella presente sede di legittimità, della valutazione in fatto operata dal giudice di merito;
7.3. è pertanto sufficiente qui ribadire i consolidati principi in tema di rilevanza probatoria della documentazione extracontabile a fini di rettifica fiscale, costituendo detta documentazione, ove legittimamente reperita presso la sede dell’impresa, e quand’anche risolventesi in annotazioni personali dell’imprenditore, elemento probatorio, ancorchè meramente presuntivo, utilmente valutabile in sede di accertamento indipendentemente dal contestuale riscontro di irregolarità nella tenuta della contabilità e di inadempimenti di obblighi di legge (cfr., tra le molte, Sez. 5, 24 settembre 2014, n. 20094, in tema di accertamento delle imposte sui redditi; Sez. 5, 8 settembre 2006, n. 19329 e Sez. 5, 1 febbraio 2006, n. 2217, in tema di accertamento dell’IVA).
8. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente regolamento delle spese processuali come in dispositivo.
P.Q.M.
dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 5.000,00 oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 2 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018