Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.25667 del 15/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24984/2012 proposto da:

AUTOCARS S.R.L., già AUTOCARS S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Varrone n. 9, presso lo studio dell’Avv. Giuseppe Graziano che la rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 57/01/12 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 26 gennaio 2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 2 luglio 2018 dal Cons. Dott. ROBERTO MUCCI.

CONSIDERATO

che:

1. la CTR di Roma accoglieva il gravame interposto dall’Agenzia delle Entrate rigettando il ricorso di Autocars s.r.l. contro l’avviso di accertamento ***** per maggiori imposte a fini IRES, IRAP e IVA per l’anno d’imposta 2006, recante sanzioni per complessivi Euro 8.459.326,50, derivante dalle risultanze del processo verbale di contestazione della Guardia di Finanza emesso a seguito di ispezioni presso società fornitrici di Autocars; dette pretese fornitrici avevano effettuato mera attività di interposizione nell’acquisto intracomunitario di autovetture attraverso l’emissione di fatture false cui non corrispondeva l’effettivo passaggio di merce, secondo lo schema della cd. frode carosello;

2. riteneva la CTR insussistente la violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, poichè “Nella specie tutti gli atti prodromici all’accertamento erano a conoscenza della Autocars in quanto l’avviso di accertamento oggetto dell’impugnazione riportava dettagliatamente gli esiti della precedente attività investigativa a carico delle altre società coinvolte nel giro di operazioni ritenute fittizie e sulla base delle quali l’accertamento stesso era stato elevato” (p. 3 della sentenza) e, nel merito, richiamava gli art. 17 della direttiva n. 388/77/CEE del 17 maggio 1977 e del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 21-bis, osservando che Autocars “non può far valere la propria buona fede sostenendo di non essere parte di una frode organizzata da altri, in quanto risultano presenti tutti gli elementi indiziari per considerare scientemente svolta l’attività di interposizione. (…)” (p. 5), elementi in prosieguo analiticamente indicati dalla CTR con riferimento sia ad Autocars (cui è stato contestato il ruolo di società-filtro), sia alle società interposte;

3. avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione Autocars affidato ad un unico motivo, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

RITENUTO

che:

4. con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione di legge e dei principi del giusto processo, nonchè vizio motivazionale: i giudici di secondo grado, lungi dal verificare in concreto la buona fede di Autocars nella scelta dei fornitori ed in dispregio all’orientamento di legittimità formatosi nella soggetta materia, si sarebbero “limitati ad affermare, in modo affatto categorico, apodittico ed indimostrato” la natura di sostanziali “scatole vuote” delle società sospettate di interposizione fittizia; avrebbero omesso di operare “alcuna valutazione degli elementi argomentativi offerti dalla Parte Ricorrente Autocars srl, finanche della Sentenza del Tribunale di Roma, Sezione 6^ Penale, in data 5 Luglio 2011, di assoluzione “perchè il fatto non costituisce reato” (…)”; avrebbero “operato valutazione assolutamente assurde, quasi grottesche (…), con affermazioni tanto categoriche quanto apodittiche (…)” (pp. 5-6 del ricorso);

5. il mezzo è inammissibile;

5.1. come già osservato dalla Sezione in analoga fattispecie riguardante la medesima ricorrente (Sez. 5, 9 giugno 2014, n. 12993), ancorchè nella rubrica dell’unico motivo si faccia riferimento al vizio di violazione di legge (senza tuttavia precisare quali norme di diritto sarebbero state violate dalla sentenza gravata) ed alla violazione dei principi regolatori del giusto processo (senza tuttavia precisare quali errori procedurali sarebbero stati commessi dal giudice di merito in violazione di tali principi), lo svolgimento del motivo medesimo si risolve in una censura della motivazione della sentenza gravata che, tuttavia, non individua specifici vizi del relativo iter logico motivazionale, ma si limita a contrapporre alla valutazione materiale istruttorie operata dal giudice di merito quella propugnata dalla ricorrente;

5.2. nel motivo in esame, infatti, non vengono menzionati specifici fatti storici (con la precisazione, imposta dal principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, delle modalità con cui tali fatti siano state dedotti in sede di merito e dei luoghi degli atti del giudizio di merito contenenti dette deduzioni) non esaminati dalla sentenza gravata e che, se fossero stati esaminati, avrebbero diversamente orientato il convincimento del giudice di merito nella ricostruzione dei fatti rilevanti ai fini del decidere, limitandosi Autocars a censure del tutto generiche e, per quanto riguarda la doglianza relativa alla sentenza penale, carenti di autosufficienza, difettando una completa esplicitazione delle argomentazioni di fatto svolte in detta sentenza, peraltro riferita – per quanto è dato evincere dalla narrativa di cui alle pp. 2-3 del ricorso – a fatti afferenti alla frode perpetrata da “cartiera” (High Performance Cars s.r.l.) diversa da quelle citate dall’Agenzia controricorrente (A.B. Rent Cars s.r.l. e Dream Cars s.r.l.);

5.3. a tale ultimo riguardo non può mancarsi di osservare ulteriormente che l’invocata autorità del giudicato penale collide frontalmente con i consolidati principi in materia: la Sezione ha infatti più volte avuto modo di chiarire – ed a tale insegnamento si intende qui dare continuità – che “In materia di contenzioso tributario, nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali, ancorchè i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l’accertamento degli Uffici finanziari, dal momento che nel processo tributario vigono i limiti in tema di prova posti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4 e trovano ingresso, invece, anche presunzioni semplici, di per sè inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna; ne consegue che il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza penale definitiva in materia di reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni assolutorie, ma, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 c.p.c.), deve procedere ad un suo apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli elementi di prova acquisiti al giudizio” (così, da ultimo, Sez. 6-5, 24 novembre 2017, n. 28174; si v. in precedenza, le conformi Sez. 6-5, 28 giugno 2017, n. 16262; Sez. 5, 23 maggio 2012, n. 8129; Sez. 5, 27 settembre 2011, n. 19786; Sez. 5, 8 ottobre 2010, n. 20860);

5.4. quanto poi alla doglianza relativa alla violazione dei “principi regolatori del giusto processo”, è appena il caso di osservare che, ove si volesse riferirla alla lamentata trattazione della causa innanzi alla CTR in camera di consiglio e non con la chiesta discussione in pubblica udienza (profilo evidenziato a p. 3 della narrativa di ricorso), la doglianza risulta all’evidenza priva di pregio, non comprendendosi (nè essendo dedotto) a quale pretesa decisiva lesione del contraddittorio e delle facoltà processuali di Autocars condurrebbero le “assai meno garantite forme” (così ancora p. 3 del ricorso) camerali.

6. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con ogni conseguenza sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 30.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 2 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018

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