Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.25677 del 15/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7686/2014 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’avvocato X.Y.;

– ricorrente –

contro

M.E., M.L., S.P., elettivamente domiciliati in Roma, Via Dei Gracchi 187, presso lo studio dell’avvocato Q.Y., che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato Z.K.;

– controricorrenti –

e contro

A.A.A.F.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 6731/2013 della Corte d’appello di Roma, depositata il 11/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/03/2018 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte;

udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’inammissibilità ovvero in subordine per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato Q.Y. per i controricorrenti che ha chiesto l’inammissibilità ovvero in subordine il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. La vicenda giudiziaria riguarda un terreno sito in ***** con sovrastante costruzione, oggetto di trasferimento nel 1982 da parte dell’A.A.A.F. (d’ora in poi l’Azienda) a M.V.E. ed a S.P., quali usufruttuari, ed ai loro figli, E. e L., in qualità di nudi proprietari. Trascorsi quasi nove anni dalla vendita ed eseguiti nel frattempo consistenti lavori edilizi di completamento e di condono, gli acquirenti venivano informati del fatto che i medesimi beni erano stati oggetto di altro trasferimento a favore di tale C.M. e che, nell’ambito del giudizio ex art. 2932 c.c., introdotto dal C. quale promissario acquirente, era stata emessa la sentenza definitiva di trasferimento degli immobili a quest’ultimo, trasferimento subordinato al pagamento da parte dello stesso acquirente del residuo prezzo di Lire 220.000.000. Poichè l’atto di citazione relativo a questo giudizio risultava già trascritto al momento dell’acquisto del medesimo bene da parte dei M. e S., ed al fine di evitare i rischi connessi all’esecuzione della sentenza, gli stessi avevano chiesto un sequestro conservativo nei confronti della loro dante causa, ottenuto il quale avviavano con due separati atti di citazione, rispettivamente la domanda per la convalida del sequestro conservativo e per la condanna della venditrice al risarcimento dei danni e quella di opposizione ai sensi dell’art. 404 c.p.c., nei confronti del C. e dell’A.A.A.F. avverso la sentenza del Tribunale di Roma che avendo riconosciuto il trasferimento a favore del C. aveva pregiudicato i loro diritti. Riuniti i due distinti giudizi, il Tribunale adito con la sentenza n. 15.159 del 2007 rigettava la domanda ex art. 404 c.p.c., convalidava il sequestro conservativo, e condannava l’Azienda convenuta al risarcimento dei danni in favore degli attori della misura di Euro 1.900.000,00; al contempo condannava gli attori a rilasciare l’immobile a favore di C.M. oltre al pagamento a titolo di indennità di occupazione la somma di Euro 870.000, in accoglimento della domanda riconvenzionale da questo proposta.

2. Avverso tale sentenza proponevano appello S.P., M.E. e L. e la Corte d’appello di Roma con la sentenza n. 6731 depositata l’11/12/2013 in parziale riforma della sentenza appellata accoglieva l’opposizione ex art. 404 c.p.c., comma 2 e dichiarava l’inefficacia del trasferimento del bene immobile da parte della società A.A.A.F. a favore di C.M.. Inoltre la Corte territoriale annullava la sentenza di prime cure nel capo in cui, in accoglimento della riconvenzionale proposta dal convenuto C.M., aveva condannato gli appellanti S.P., M.E., L. e V. al pagamento a suo favore dell’indennità di occupazione dei medesimi beni immobili.

3. La cassazione della sentenza del giudice di secondo grado è stata chiesta da C.M. con ricorso notificato il 17/03/2014 ed articolato su quattro motivi, cui resistono con controricorso S.P., M.E. e L. mentre non ha svolto attività difensiva l’intimata A.A.A.F. s.r.l.. In prossimità dell’udienza le parti costituite hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso va rigettato per le considerazioni che seguono.

2. Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 404 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

3. Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2932 e 2644 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, laddove la Corte territoriale ha affermato che il trasferimento del bene al C. non è nullo ma inefficace nei confronti degli allora appellanti.

4. Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 543 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al capo della sentenza che obbliga il ricorrente C. a versare il saldo prezzo nei 60 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza, non potendo il giudice di merito emanare provvedimenti sulle somme sequestrate.

5. Con il quarto motivo viene, infine, dedotta la nullità del giudizio d’appello e della relativa sentenza perchè pronunciata nei confronti della società A.A.A.F. s.r.l. che era stata dichiarata cessata dal registro delle Imprese in data 16/12/2004, con la conseguenza che l’appello avrebbe dovuto essere notificato nei confronti dei soci ai sensi dell’art. 2456 c.c., comma 2.

6. Enunciate tutte le censure mosse dal ricorrente, appare prioritario dal punto di vista logico partire dall’esame dell’ultimo motivo perchè, diversamente da quanto dedotto, il ricorso è ammissibile per essere la questione circa l’ammissibilità dell’appello nei confronti della società cessata, coperta dal giudicato formatosi sulla sentenza non definitiva emessa dalla Corte d’appello di Roma n. 3480 del 2012 (cfr. pag. 3 controricorso) che aveva rigettato l’appello sulla pronuncia di inammissibilità dell’opposizione ex art. 404 c.p.c., comma 1 e affermato l’ammissibilità dell’opposizione c.d. revocatoria ex art. 404 c.p.c., comma 2.

7. Tuttavia occorre rilevare che, come osservato dal P.M., il nuovo difensore del ricorrente non è munito di procura speciale ed i documenti dallo stesso prodotti non sono ammissibili per conseguente irritualità della produzione e perchè non attinenti alla nullità della sentenza o all’ammissibilità del ricorso secondo quanto previsto dall’art. 372 c.p.c..

8. Con riguardo al primo motivo del ricorso, ne va dichiarata l’infondatezza dal momento che invece di denunciare l’indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina (come da tempo richiesto nel caso di tale vizio, cfr. Cass. 1317/20041a; 635/2015), si censura la circostanza che il giudice del gravame, diversamente da quello di primo cure, aveva accolto l’opposizione revocatoria in relazione alla fattispecie concreta ravvisando, nel merito, gli estremi del dolo ai danni degli appellanti. La Corte ha, infatti, ravvisato nella condotta del sig. G.G., amministratore unico della A.A.A.F., che ha mentito al suo legale, che ha rinunciato a difendersi nella causa intentata dal C., gli estremi della condotta processuale scientemente volta a determinare la soccombenza processuale, con evidente danno per i suoi aventi causa ed odierni controricorrenti. Nè appare contrario a legge ritenere che il dolo, diversamente dalla collusione, possa provenire da una sola parte ed in particolare da quella soccombente, ben potendo la parte vittoriosa trovare tutela attraverso la revocatoria straordinaria dell’art. 395 c.c., n. 1, esercitabile in via surrogatoria dal terzo.

9. Con riguardo al secondo motivo, va dichiarato il difetto di interesse del ricorrente a dolersi per la mancata declaratoria di nullità della vendita a suo favore in luogo della pronuncia costitutiva di trasferimento con efficacia ex nunc sottoposta alla condizione sospensiva del pagamento.

Peraltro, la censura appare inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., poichè parte ricorrente non si confronta con la giurisprudenza della Corte secondo la quale la sentenza ex art. 2932 c.c., non ha effetto retroattivo ex tunc ma ex nunc, dal momento del suo passaggio in giudicato (cfr. Cass. 12236/2015; id. 19341/2011; id. 10600/2005), cui nel caso di specie si aggiunge la condizione sospensiva mai avveratasi del pagamento.

10.11 terzo motivo è anch’esso inammissibile ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, perchè non indica da quali atti risulterebbe l’esistenza del sequestro e la sua attualità, a fronte della eccepita estinzione dello stesso da parte dei controricorrenti.

11. Atteso l’esito complessivo del ricorso, parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese di lite a favore di parte controricorrente nella misura liquidata in dispositivo.

12. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese a favore dei controricorrenti che liquida in Euro 12.200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018

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