LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MATERA Lina – Presidente –
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20751-2015 proposto da:
G.D.V., G.L., G.A., D.L.A.L., elettivamente domiciliati in Roma, Via Giuseppe Gioacchino Belli 96, presso lo studio dell’avvocato Alessandra Abbate, rappresentati e difesi dall’avvocato Franco Bracciale;
– ricorrenti –
contro
Banca Popolare Di Fondi Cooperativa Società, elettivamente domiciliato in Roma, Via C Mirabello 5, presso lo studio dell’avvocato Russo G Studio, rappresentato e difeso dall’avvocato Ermete Sotis;
– controricorrente-
e contro
Curatela Fallimento ***** Srl In Liquidazione;
– intimato –
avverso la sentenza n. 3974/2014 della Corte d’appello di Roma, depositata il 12/06/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/04/2018 dal Consigliere Annamaria Casadonte.
RILEVATO
che:
– la vicenda oggetto del giudizio trae origine dal ricorso proposto da G.L., G.D.V., quali eredi di G.L.V. e da D.L.A.L., G.A. e G.L. e notificato il 28.7.2015 a Banca Popolare di Fondi soc. coop. nonchè alla curatela del Fallimento ***** s.r.l. per la cassazione della sentenza n. 3974/2014 depositata il 12/6/2014 dalla Corte d’appello di Roma;
– a conclusione dei giudizi di merito in riforma della sentenza di primo grado la Corte territoriale aveva rigettato le domande di nullità per simulazione del contratto di mutuo stipulato in data 18/3/1999 in concomitanza al quale erano state rilasciate garanzie personali e reali, con condanna della Banca Popolare convenuta alla restituzione di quanto ricevuto, poichè la somma mutuata non era mai stata erogata ma portata in parziale compensazione di preesistenti partite debitorie;
– avverso detta pronuncia parte ricorrente ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi;
– la Banca intimata ha resistito con controricorso;
– i ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..
CONSIDERATO
che:
– il primo motivo censura la sentenza d’appello assumendone la nullità per avere la Corte territoriale deciso ultra petita, cioè anche su una delle due rationes decidendi della sentenza di prime cure, quella cioè riguardante il motivo illecito comune che, tuttavia, parte appellante non aveva censurato;
– il secondo motivo deduce la nullità della sentenza per vizio di omessa motivazione in relazione alle censure di inammissibilità dell’appello proposte da parte appellata;
– il terzo motivo censura la pronuncia per violazione dell’art. 2909 c.c., artt. 324 e 329 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per non avere la Corte rilevato il giudicato interno formatosi sulla ratio decidendi non impugnata relativa alla nullità del contratto di mutuo per motivo illecito comune alle parti;
– il quarto motivo censura la sentenza sotto il profilo della violazione dell’art. 100 c.p.c. per non avere la Corte dichiarato l’inammissibilità dell’appello per difetto di interesse attesa la mancata impugnazione della ratio decidendi relativa al motivo illecito;
– i motivi possono essere esaminati congiuntamente perchè si fondano sul comune presupposto che la decisione del giudice di prime cure fosse basata su due rationes decidendi dotate di autonomo rilievo e cioè difetto di causa e motivo illecito comune di cui una sola, la prima, sarebbe stata impugnata in appello;
– in realtà, il Tribunale di Latina – sezione distaccata di Terracina, la cui pronuncia può essere in questa sede vagliata in ragione della natura del vizio eccepito, ha ritenuto la nullità del contratto di mutuo per vizio causale per essere la causa concreta di garanzia perseguita dalle parti incompatibile con quella tipica di finanziamento propria del mutuo;
– il giudice di prime cure ha sviluppato l’esame della causa concreta ed evidenziato come le parti, attraverso le garanzie reali previste nel mutuo, avevano inteso creare i presupposti per l’operatività della disposizione di cui all’art. 67 L. Fall., n. 3 che esclude dalla revocatoria fallimentare le ipoteche volontarie costituite nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non scaduti;
– in relazione a ciò, il Tribunale ha ravvisato un motivo illecito comune alle parti, confermando l’incidenza causale del vizio;
– la Corte territoriale con l’impugnazione proposta dalla Banca è stata investita della complessiva declaratoria di nullità per vizio causale del contratto di mutuo (cfr. penultimo cpv. pag. 3 della sentenza d’appello), con conseguente insussistenza dell’ipotizzato vizio di ultrapetizione, e ha accolto l’appello esaminando tutti i profili connessi alla ricostruzione giuridica operata in proposito dal giudice di prime cure;
– con riguardo al profilo della nullità per mancanza di causa, ha motivatamente escluso che il contratto potesse esserne ritenuto privo, puntualizzando che la somma erogata era stata impiegata per consolidare l’esposizione debitoria della società e che la “sostituzione di una precedente obbligazione chirografaria con una nuova ipotecaria era l’effetto dell’operazione e non assumeva rilievo causale;
– con riguardo al profilo del motivo illecito comune l’ha parimenti escluso, non vertendosi nella fattispecie di cui all’art. 1345 c.c. quanto piuttosto in quella del contratto in frode a terzi (cfr. in proposito Cass. 4 ottobre 2010 n. 20576);
– peraltro, le considerazioni del giudice del gravame con particolare riguardo al profilo del difetto di causa non sono state impugnate da parte ricorrente e ciò depone ulteriormente per l’infondatezza dei motivi in esame;
– le considerazioni sin qui svolte comportano il rigetto di tutti i motivi atteso che la complessiva contestazione della nullità da parte dell’appellante è incompatibile con il vizio di omessa motivazione sulla dedotta inammissibilità dell’appello per mancata impugnazione della decisione di primo grado in punto di motivo illecito, così come con l’asserito mancato rilievo del giudicato formatosi su di esso, e parimenti con la prospettata mancanza di interesse all’impugnazione;
– in considerazione dell’esito di tutti i motivi, il ricorso va respinto e, in applicazione del principio di soccombenza, parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese di lite a favore della parte controricorrente ma non dell’intimata Curatela, che non ha svolto attività difensiva, nella misura liquidata in dispositivo; – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore di parte controricorrente e liquidate in Euro 5200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 aprile 2018.
Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018