Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.25689 del 15/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19981-2014 proposto da:

A.G. & C SRL in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ATTILIO REGOLO 19, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE LIPERA, rappresentato e difeso dagli avvocati NICOLETTA CERVIA, FRANCESCO PAOLO LUISO;

– ricorrente –

contro

COOP. CAVATORI CANALGRANDE ARL, SAM SRL, elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 28, presso GREZ STUDIO, rappresentati e difesi dall’avvocato NATALE GIALLONGO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 983/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 31/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/06/2018 dal Consigliere GUIDO FEDERICO.

La società Apuana Marmi srl (di seguito S.A.M srl) proponeva opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c., comma 1 avverso la sentenza del Tribunale di Massa n. 826/2001, passata in giudicato il 27.1.2003, che aveva dichiarato l’avvenuta usucapione ” della piena ed esclusiva proprietà, ovvero, ove,specificato, del solo – “diritto di livello”, in favore di A. srl, del compendio immobiliare sito in *****, costituito da agri marmiferi, e costituito in particolari dai terreni distinti al *****.

Parte opponente eccepiva di essere titolare di un diritto autonomo e incompatibile con quello accertato nella sentenza opposta, asserendo di essere unica titolare di un diritto di “concessione livellaria – su vari mappali, tra cui il mappale ***** oggetto del giudizio. Nel processo interveniva con atto di intervento adesivo dipendente a sostegno di SAM srl la Coop Canalgrande.

Con sentenza n. 966/2007, il Tribunale di Massa, dichiarava inammissibile l’opposizione, affermava l’insussistenza dell’incompatibilità tra il diritto di S.A.M. e l’accertato diritto di usucapione di A., avendo la sentenza pronunciato sulla sola usucapione pro quota del diritto di livello sul mappale in questione, statuizione compatibile con la coesistenza del diritto pro quota di S.A.M..

La Corte d’Appello di Genova, con la sentenza n. 983/2013, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava la nullità del capo della sentenza di primo grado concernente il mappale ***** e, nel merito, respingeva la domanda di usucapione del diritto livellario sullo stesso bene proposta da A.G. & C srl..

La Corte d’Appello rilevava che:

l’usucapione del diritto di livello (riconducibile al diritto di enfiteusi) era incompatibile con il diritto di S.A.M, alla luce della nuova regolamentazione in materia di agri marmiferi: S.A.M srl aveva infatti ottenuto in concessione dal Comune di Carrara il diritto di estrazione su alcuni mappali, tra cui il mappale ***** e dunque era l’unica legittimata ad esercitare il diritto di livello, dato il carattere esclusivo della concessione;

– non poteva dunque riconoscersi l’usucapione del diritto di livello sul mappale in questione, rientrando la relativa area nel patrimonio indisponibile comunale.

Avverso detta sentenza, propone ricorso per cassazione la A.G. & C srl, affidandosi a due motivi di ricorso.

Resistono con controricorso S.A.M srl e la Coop. Cavatori Canalgrande scarl.

In prossimità dell’odierna adunanza entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c..

IN DIRITTO Deve anzitutto disattendersi l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza, sollevata dalla controricorrente, atteso che esso contiene l’esposizione dei fatti di causa, in modo sintetico ma esauriente, nonchè lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni essenziali (Cass. 19767/2015), contenendo gli elementi necessari a desumere le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito (Cass. 14784/2015).

Passando all’esame del merito, con il primo mezzo si denuncia la violazione dell’art. 404 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, per avere la Corte d’Appello accolto l’opposizione di terzo, negando il diritto dell’attuale ricorrente, piuttosto che accertare l’esistenza di un diritto dell’opponente incompatibile e prevalente su quello accertato nella sentenza passata in giudicato. Il motivo è infondato.

La Corte territoriale, con statuizione rescindente, ha anzitutto affermato la nullità della sentenza oggetto dell’opposizione ex art. 404 c.p.c., comma 1, per aver omesso di considerare la sussistenza del diritto esclusivo di estrazione in capo a SAM srl, avente titolo nella concessione stipulata con il Comune di Massa, diritto incompatibile con il c.d. diritto di livello (enfiteusi) della A., alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 488/1995.

Risulta quindi specificamente accertato l’interesse all’opposizione di terzo in capo a SAM srl, quale concessionaria, titolare del diritto di estrazione di cava, incompatibile e dunque pregiudicato dal riconoscimento dell’acquisto per usucapione del c.d. diritto di livello (enfiteusi) in favore di A. srl.

Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione dell’editto di Maria Teresa del 1751; della L. n. 1443 del 1927,; dell’art. 64; dell’art. 13 Regolamento delle Cave 1994 (approvato con L.R. n. 105 del 1995), dell’art 13 medesimo regolamento con riferimento all’art 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte d’appello negato che i diritti vantati dalla ricorrente siano tuttora esistenti ed aver affermato che essi si sarebbero estinti a seguito dell’entrata in vigore del c.d. “regolamento Cave”.

In particolare la ricorrente deduce l’errata valutazione del giudice di appello:

a) in ordine alla natura dei beni oggetto di usucapione, riconducibili alla categoria dei c.d. “beni estimati”;

a) in ordine alla natura dei beni oggetto di usucapione, riconducibili alla categoria dei c.d. “beni estimati”;

b) alla declaratoria di cointestazione dei beni in oggetto a SAM srl, con conseguente carenza di interesse, per la domanda ex art. 404 c.p.c., in capo a quest’ultima;

c) alla mancata considerazione delle delibere comunali n. 1106 – 1107 del 28.8.1974, afferenti alla questione dei diritti dei terzi.

Quanto alla prima censura (sub a). se ne rileva l’inammissibilità per novità della questione, posto che la riconducibilità dei beni in oggetto alla categoria dei c.d. “beni estimati” non risulta essere stata sottoposta all’esame della Corte territoriale.

E’infatti giurisprudenza pacifica di questa Corte che i motivi del ricorso per Cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in Cassazione questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase del merito e non rilevabili d’ufficio e che implichino ulteriori accertamenti di fatto (Cass. 4787/2012).

Il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha dunque l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito (Cass. 2140/2006).

Quanto alla censura relativa alla carenza di interesse di SAM (sub b), in relazione alla situazione di comproprietà dei beni con la odierna resistente, fatta valere dalla ricorrente, la stessa è inammissibile, in quanto non coglie la ratio della pronuncia.

La Corte territoriale ha qualificato la domanda di A. come domanda di titolarità piena ed esclusiva del diritto di livello ed in ogni caso la sentenza del Tribunale di Massa n. 826/2001 oggetto di revocazione aveva in tal senso disposto.

Tale statuizione è dunque incompatibile con la titolarità della concessione e del diritto di estrazione dagli agri marmiferi in capo a SAM.

La Corte territoriale, premesso che il diritto alla “estrazione”, non era assoggettabile ad usucapione, poichè la coltivazione degli agri marmiferi del Comune di Massa e di quello di Carrara, appartengono al patrimonio indisponibile del Comune, ha ritenuto che il diritto di escavazione concesso a SAM, fondato sul rapporto concessorio costituito con l’ente territoriale fosse incompatibile con le pretese aventi ad oggetto il c.d. “diritto di livello” vantate da A.. Tale statuizione è conforme a diritto, stante il pregiudizio derivante dalla limitazione del diritto concessorio di SAM, in conseguenza del riconoscimento del “diritto di livello”(diritto reale di godimento, riconducibile all’ enfiteusi) all’odierna ricorrente. Del pari inammissibile, per carenza di decisività in quanto non coglie la ratio della pronuncia, la terza censura (sub c), con la quale si deduce che la concessione di agri marmiferi tra il Comune di Carrara e la SAM, conclusa nel ***** faceva salvi i diritti dei terzi, e dunque il Comune, nel concedere il diritto di escavazione alla SAM non poteva privare i terzi del “diritto di livello”, che trovava la sua origine nella Notificazione Governatoriale del 1846. Si osserva in contrario che, come evidenziato nella sentenza impugnata, la Corte Costituzionale, decidendo sulla legittimità costituzionale della L.R. Toscana n. 104 del 1995, ha escluso che il R.D. 1443 del 1927, art. 64 possa qualificarsi come norma recettizia nell’ordinamento delle leggi estensi ed ha definitivamente sancito la riconducibilità degli agri marmiferi al patrimonio indisponibile dei Comuni di Massa e di Carrara, affermando che la legislazione preunitaria era stata mantenuta solo in via transitoria fino all’entrata in vigore dei regolamenti comunali.

La nuova normativa, regionale e comunale, sugli agri marmiferi, mirando al perseguimento di finalità di ordine pubblico in ordine allo sfruttamento di detti beni, è dunque imperniata su schemi tali da garantire la difesa del patrimonio comunale attraverso una maggiore tutela dell’ambiente e del territorio, sì da evitare abusi da parte dei privati e da ciò deriva la non assoggettabilità ad usucapione del c.d. diritto di livello, in relazione ad un bene riconducibile al patrimonio indisponibile del Comune e l’ incompatibilità di detto diritto di livello (diritto reale di godimento riconducibile all’enfiteusi) con il diritto di concessione amministrativa di estrazione in favore di SAM, posto che il rapporto concessorio costituisce il titolo di attribuzione di diritti (di carattere necessariamente temporaneo) a privati su beni del patrimonio indisponibile. Non risulta, inoltre, specificamente censurata la autonoma ratio della sentenza impugnata, che, in sede rescissoria, ha escluso l’acquisto per usucapione del diritto di enfiteusi, in quanto il relativo possesso postulava l’adempimento dell’obbligazione di pagamento del canone che A. non ha mai allegato di aver corrisposto nel periodo della dedotta occupazione. Il ricorso va dunque respinto e le spese, regolate secondo soccombenza, si liquidano come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi 5.200,00 Euro, di cui 200,00 Euro per esborsi, oltre a rimborso forfettario per spese generali in misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018

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