Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.25691 del 15/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 17516/14) proposto da:

B.D., (C.F.: *****), rappresentato e difeso, in forza di procura speciale apposta a margine del ricorso, dall’Avv. Francesca Rota ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Andrea Bandini, in Roma, viale Liegi, n. 35/B;

– ricorrente –

contro

P.E., (C.F.: *****), M.P. (C.F.: *****), P.G. (C.F.: *****), P.C. (C.F.:

*****) e PA.ER. (C.F.: *****), tutti rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale apposta a margine del controricorso, dagli Avv.ti Stefania Saraceni e Luigi Giordano ed elettivamente domiciliati presso lo studio della prima, in Roma, v. U. Bartolomei, n. 23;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 730/2014, depositata il 19 febbraio 2014 (e non notificata);

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 14 giugno 2018 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. TRONCONE Fulvio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi l’Avv. Andrea Bandini (per delega) nell’interesse del ricorrente e l’Avv. Luigi Giordano per i controricorrenti.

FATTI DI CAUSA

Con ricorso ex art. 702-bis c.p.c., depositato il 26 marzo 2013 presso la cancelleria del Tribunale di Lecco, i sigg. P.E., P.G., M.P., P.C. e Pa.Er., quali proprietari di distinte unità immobiliari site nel fabbricato adibito a civile abitazione in *****, acquistate dall’originario proprietario B.D., che continuava a risiedere presso la stessa palazzina, chiedevano che venisse riconosciuto, nei confronti di quest’ultimo, il loro diritto, quali condomini, ovvero ai sensi dell’art. 843 c.c., di accedere al tetto del fabbricato per effettuare le necessarie opere di verifica e pulizia delle canne fumarie relative ai rispettivi camini, il cui passaggio era possibile soltanto attraverso una botola sita nel solaio in uso allo stesso B. mediante l’utilizzazione di un vano scala di cui solo il convenuto era in possesso delle relative chiavi.

Nella costituzione del B. (che resisteva al ricorso), il Tribunale adito, con ordinanza adottata in data 10 luglio 2013 ai sensi dell’art. 702-ter c.p.c., accoglieva la domanda dei ricorrenti sul presupposto della condominialità del controverso vano scale, subordinando l’autorizzazione all’accesso nella proprietà del resistente a congruo preavviso ed all’approntamento di regole tecniche idonee ad evitare danni alle persone o cose.

Decidendo sul gravame proposto dal B. e nella costituzione degli appellati, la Corte di appello di Milano, con sentenza n. 730/2014 (pronunciata ai sensi dell’art. 281-sexies c.p.c., all’esito dell’udienza collegiale del 19 febbraio 2014), rigettava l’impugnazione.

A sostegno dell’emessa pronuncia la Corte territoriale confermava l’iter decisorio del primo giudice e chiariva che, ai fini del consentito accesso in favore degli appellati, non era dovuta alcuna indennità siccome dall’assentita attività non derivava alcun danno a carico del B..

Avverso la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, il B.D., al quale hanno resistito con controricorso tutti gli intimati. La difesa del ricorrente ha anche depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – l’asserita violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1117,1350,1362 e 1363 c.c., sul presupposto dell’assunta erroneità della sentenza impugnata che aveva confermato l’ordinanza di primo grado sulla condivisa affermazione della condominialità del contestato vano scala, nel mentre, sulla base del titolo (costituito dal contratto di compravendita del 6 dicembre 1973) e delle intenzioni dei contraenti allo stesso sottese, la controversia avrebbe dovuto essere definita applicandosi gli artt. 832 e 843 c.c..

2. Con la seconda censura il ricorrente ha prospettato – sempre con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la supposta violazione dell’art. 1117 c.c., deducendo che, nella fattispecie, avrebbe dovuto essere esclusa ogni operatività della presunzione di comunione rispetto al vano scala in questione, poichè essa è destinata a non operare nelle ipotesi in cui le scale non costituiscano effettivamente la via di accesso al tetto o alle altre parti comuni dello stabile condominiale.

3. Con la terza doglianza il ricorrente ha denunciato – ancora una volta con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione dell’art. 843 c.c., comma 2, con riferimento all’esclusione del riconoscimento dell’indennizzo in suo favore per l’esercizio dell’accesso, da parte degli appellati, ad accedere alla sua proprietà esclusiva con temporanea compromissione della stessa, a prescindere dalla sussistenza di un danno in concreto.

4. Rileva il collegio che i primi due motivi – esaminabili congiuntamente siccome all’evidenza connessi – sono infondati e devono, pertanto, essere rigettati.

Invero, diversamente da quanto prospettato dal ricorrente, la Corte territoriale – sulla base di una corretta interpretazione del titolo alla stessa devoluta e sulla scorta della concreta funzione alla quale era demandata la contestata scala – ha legittimamente ritenuto che essa, per effetto dell’operatività della presunzione stabilita dall’art. 1117 c.c. (non superata da un’idonea prova contraria) fosse comune, costituendo un passaggio necessario per giungere alla botola che garantiva l’accesso al tetto per gli interventi di manutenzione spettanti ai singoli condomini per la pulizia dei camini.

A tal proposito il giudice di appello – confermando, peraltro, il decisum del Tribunale di prima istanza – ha adeguatamente riscontrato che, dall’esame del titolo di acquisto degli odierni controricorrenti (atto pubblico di compravendita del 6 dicembre 1973), era univocamente emerso che, unitamente alla proprietà delle unità immobiliari, si erano intese trasferite, alle singole parti acquirenti, anche le proporzionali quote di comproprietà negli enti comuni dell’intero stabile spettanti alle porzioni immobiliari oggetto di vendita ai sensi e per gli effetti dell’art. 1117 c.c. e segg., senza che si potesse desumere dal suo contenuto l’esclusione specifica dalle parti comuni del vano scala oggetto della causa.

Di conseguenza la Corte ambrosiana, nel procedere all’analisi del titolo di provenienza degli appellati (poi controricorrenti), non è incorsa nella violazione dei denunciati criteri ermeneutici in assenza di elementi univoci in contrasto con l’emergenza di una reale esistenza di un diritto di comunione sul suddetto vano scale riconducibile alla condominialità dell’intero stabile in cui erano ubicati le unità immobiliari di tutte le parti in giudizio, pervenendo, perciò, alla logica conclusione che tale vano costituiva, in effetti, un passaggio necessario per giungere alla botola conducente sul tetto comune (onde consentire la manutenzione delle canne fumarie ivi sfocianti), ragion per cui – proprio in virtù della sua accertata condominialità – gli appellati avevano titolo ad accedervi.

Alla stregua di tale accertamento in concreto ed in applicazione dei conferenti principi giuridici in materia la Corte di merito ha, quindi, legittimamente escluso che il vano scala, rientrante nell’elencazione di cui all’art. 1117 c.c., per obiettive caratteristiche strutturali e funzionali, servisse in modo esclusivo solo l’appartamento di proprietà del B., dovendosi, per converso, ravvisare la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento di una contitolarità necessaria sullo stesso in capo a tutti i condomini (cfr., tra le tante, Cass. n. 1498/1998; Cass. n. 15444/2007; Cass. n. 4410/2013 e, da ultimo, Cass. n. 9986/2017).

5. Anche il terzo ed ultimo motivo è destituito di fondamento e va respinto.

Infatti la Corte di appello di Milano – proprio in base all’applicazione dell’art. 843 c.c., comma 2 – ha escluso, con l’impugnata sentenza, il riconoscimento di un danno per effetto dell’assentito accesso alla proprietà del ricorrente per raggiungere la scala conducente alla botola per salire sul tetto comune, siccome in concreto insussistente o, comunque, non provato, avendo, peraltro, già il giudice di primo grado – con statuizione confermata dal giudice di seconde cure – richiesto il previo avviso ai condomini che intendevano accedere e l’adozione di idonei accorgimenti per evitare, per l’appunto, danni a persone e cose, che, perciò, non sono da considerarsi automatici o “in re ipsa” (cfr. Cass. n. 3796/1968 e Cass. n. 1670/1969), e, quindi non potevano, nella fattispecie, ritenersi sussistenti per la sola circostanza della necessità di passare attraverso la proprietà esclusiva del B. al fine di esercitare il suddetto accesso.

6. In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente esposte, il ricorso deve essere integralmente rigettato, con la conseguente condanna del soccombente ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.

Ricorrono, infine, le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dello stesso ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 1.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario al 15%, iva e cap nella misura e sulle voci come per legge.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 14 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018

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