Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.25701 del 15/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 23975/’14) proposto da:

C.S. (C.F.: *****) e G.E. (C.F.: *****), rappresentati e difesi, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dagli Avv.ti Raffaele Mastrantuono e Sergio Nitrato Izzo ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv. Ilaria Cocco, in Roma, v. dei Gandolfi, n. 6;

– ricorrenti principali –

contro

FAECO S.R.L., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale a margine del controricorso, dagli Avv.ti Marina Zalin e Francesca Masso ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Massimo Veneruso, in Roma, Viale delle Milizie, n. 34;

– controricorrente –

e BECKER ITALIA S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore e legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. Stefano Petronio ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Marzia Amiconi, in Roma, Viale Mazzini, n. 88;

– altra controricorrente –

nonchè

FERRIERA VALSABBIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. Stefano Mendolia ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Nicola Domenico Petracca, in Roma, v. Ennio Quirino Visconti, n. 20;

– altra controricorrente –

e MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso “ex lege” dall’Avvocatura Generale dello Stato ed elettivamente domiciliato presso i suoi Uffici, in Roma, v. dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

Avverso l’ordinanza del Tribunale civile di Brescia, in composizione monocratica, resa – ai sensi dell’art. 702-ter c.p.c. in combinato disposto con il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15 e con il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170 – nel procedimento iscritto al n. R.G.

20476/2013 (comunicata via pec il 12 agosto 2014 e non notificata);

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 5 luglio 2018 dal Consigliere relatore Aldo Carrato;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Mistri Corrado, che ha concluso per il rigetto del primo motivo e l’inammissibilità del secondo motivo del ricorso principale ed, in subordine, per la reiezione di entrambi i motivi dello stesso ricorso principale, nonchè per il rigetto del primo motivo e l’inammissibilità del secondo motivo del ricorso incidentale e, in linea subordinata, per il rigetto di entrambi i motivi del ricorso incidentale;

uditi l’Avv. Raffaele Mastrantuono (anche per delega dell’Avv. Nitrato Izzo Sergio) nell’interesse dei ricorrenti principali, l’Avv. Stefano Petronio (anche per delega dell’Avv. Marzia Amiconi) per la controricorrente s.r.l. Becker Italia in liquidazione, l’Avv. Stefano Mendolia per la controricorrente s.p.a. Ferriera Valsabbia e l’Avv. Masso Francesca per la controricorrente s.r.l. Faeco.

FATTI DI CAUSA

Con ricorso depositato presso il Tribunale civile di Brescia e ritualmente notificato alle controparti, i dottori commercialisti C.S. e G.E. proponevano opposizione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170 e nelle forme previste dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15 avverso il decreto del Tribunale di Brescia – prima sezione penale emesso il 9-22/10/2013, con il quale, in relazione alla richiesta di liquidazione del compenso finale per l’attività svolta in qualità di curatori delle aziende sequestrate di cui al procedimento penale rubricato al n. R.G. 2680/2012 Mod. 16 dello stesso Tribunale, era riconosciuta in loro favore la sola somma di Euro 1.545,78, a titolo di spese di trasferta, nel mentre l’istanza era per il resto integralmente respinta.

Il Tribunale adito, nella costituzione delle parti controinteressate, con ordinanza adottata ai sensi dell’art. 702-ter c.p.c. in data 12 agosto 2014, previa valutazione dell’ammissibilità in rito (sul piano della tempestività) della formulata opposizione e definita, in via preliminare, l’attività professionale svolta dai due opponenti come riconducibile a quella di controllo di conformità degli atti assunti dagli amministratori delle società delle tre aziende sottoposte a sequestro conservativo, accoglieva per quanto di ragione l’avanzata opposizione.

In primo luogo, il giudice designato riteneva che non potevano essere più contestate le liquidazioni parziali di volta in volta operate con i provvedimenti antecedenti a quelli oggetto di opposizione, siccome non impugnati nei termini di legge, anche se non poteva ravvisarsi come giustificato il totale rigetto dell’istanza di liquidazione proposta il 3 luglio 2013, dal momento che sulla stessa occorreva provvedere quantomeno per il periodo non coperto dalle liquidazioni pregresse, ovvero per l’intervallo temporale decorrente dal 3 dicembre 2010 e fino alla data di chiusura delle operazioni coincidente con quella dei sopravvenuti dissequestri di ciascuna delle aziende.

Ciò premesso, lo stesso giudice rilevava che, ai fini della liquidazione dell’invocato compenso, si sarebbe dovuto ritenere che l’attività prestata dai due predetti ausiliari giudiziali rientrava nell’ambito di quella di custodia disciplinata dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 58 e che la conseguente quantificazione avrebbe dovuto essere effettuata secondo il criterio equitativo, richiamando – ma solo in via parametrica (e non applicandolo direttamente) – il disposto del D.P.R. n. 645 del 1994, art. 29 con i necessari temperamenti da ricollegarsi alla natura pubblica della funzione svolta dagli opponenti.

Pertanto, il medesimo giudice dichiarava l’ammissibilità dell’opposizione avverso il decreto di liquidazione limitatamente al riconoscimento della spettanza dei richiesti compensi in ordine al periodo compreso tra il 3 dicembre 2010 e la data di chiusura delle operazioni e, con riferimento alla conseguente liquidazione da quantificare secondo i criteri precedentemente richiamati, disponeva c.t.u..

Avverso la suddetta ordinanza resa ai sensi dell’art. 702-ter c.p.c. hanno proposto ricorso per cassazione – in virtù dell’art. 111 Cost., comma 7 e dell’art. 361 c.p.c. (come richiamati nella relativa intestazione) – C.S. e G.E., articolato in due complessi motivi, al quale hanno resistito con controricorso la Faeco s.r.l., la Becker Italia s.r.l. in liquidazione e la Ferriera Valsabbia s.p.a. nonchè il Ministero della Giustizia con controricorso contenente anche ricorso incidentale riferito ad un unico motivo.

I ricorrenti incidentali hanno formulato, altresì, controricorso al ricorso incidentale avanzato dal suddetto Ministero della Giustizia.

I difensori dei ricorrenti principali e della controricorrente s.r.l. Faeco hanno anche depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Rileva il collegio che deve ravvisarsi, in via pregiudiziale, l’ammissibilità del formulato ricorso incardinato correttamente dinanzi a questa Sezione civile (cfr. Cass. Sez. U. n. 19161/2009 e Cass. n. 15813/2010, ord. interloc.) siccome proposto avverso un’ordinanza riferita alla definizione di una controversia di opposizione prevista dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170 e disciplinata dal rito contemplato dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15 il cui ultimo comma stabilisce l’inapplicabilità del regime impugnatorio dell’appello con la conseguente sua sottoposizione al rimedio del ricorso straordinario per cassazione di cui all’art. 111 Cost., comma 7, come, in effetti, propriamente esperito dai ricorrenti (cfr., per riferimenti, Cass. n. 7699/2014).

2. Ciò premesso, si osserva che, con il primo motivo, i ricorrenti hanno dedotto – ponendo riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 72,168,169 e 170 avuto riguardo alla natura degli acconti corrisposti e ai criteri di liquidazione così come evincibili dall’ordinanza oggetto di ricorso. In particolare, con questa censura, i ricorrenti principali hanno prospettato la illegittimità dell’impugnata ordinanza nella parte in cui con essa era stata ritenuta preclusa la contestabilità delle liquidazioni parziali di volta in volta effettuate nei provvedimenti antecedenti a quello oggetto di opposizione, sul presupposto che i relativi provvedimenti avrebbero dovuto essere tempestivamente ed autonomamente impugnati, senza che le ragioni addotte a confutazione degli stessi potessero essere fatte rifluire nell’opposizione avverso il provvedimento liquidatorio finale.

3. Con la seconda doglianza i ricorrenti hanno prospettato – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, – la violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 321 c.p.p., artt. 104 e 104-bis disp. att. c.p.p. con il D.P.R. n. 645 del 1994, artt. 27 e 29 e L. n. 575 del 1965 e succ. modif. e integr., art. 2-octies, comma 4, in ordine alla individuazione dell’attività di amministrazione svolta e ai criteri di liquidazione dell’indennità, oltre che il vizio di mancanza assoluta di motivazione sul punto decisivo della controversia con riferimento all’applicazione dell’art. 29 D.P.R. del citato D.P.R. n. 645 del 1994.

4. Con l’unico motivo di ricorso incidentale proposto il Ministero della Giustizia ha dedotto la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 58 e 59 nonchè del D.P.R. n. 645 del 1994, art. 29 con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver il Tribunale di Brescia applicato il citato art. 29 malgrado avesse ricondotto l’attività dei due ausiliari ad un incarico di mera custodia delle società oggetto del sequestro preventivo.

5. Osserva il collegio che il primo motivo è fondato e, pertanto, merita accoglimento per le ragioni che seguono.

E’ pacifico, perchè lo assume lo stesso giudice bresciano nell’ordinanza impugnata in questa sede, che i precedenti provvedimenti avevano ad oggetto una mera liquidazione di acconti per le attività in corso di espletamento e che, quindi, erano tutti propedeutici (e funzionali, per l’appunto, a non imporre eccessivi carichi di anticipazione agli ausiliari) al riconoscimento del compenso finale, il cui diritto – per come si desume dal combinato disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 71 e 72 (incontestatamente applicabili nel caso di specie) viene a maturarsi all’atto del “compimento delle operazioni per gli onorari e le spese per l’espletamento dell’incarico” (v., da ultimo, Cass. n. 15509/2018, ord.), precisandosi – al citato art. 72, riguardante proprio l’indennità di custodia – che quest’ultima è liquidata “su domanda del custode successiva alla cessazione della custodia” all’autorità competente ai sensi dell’art. 168 del medesimo D.P.R. (evenienza, questa, che nella fattispecie, si è venuta concretamente a realizzare in coincidenza con le differenti date di dissequestro delle tre aziende sottoposte a sequestro conservativo).

Pertanto, dal coacervo delle riportate disposizioni normative si desume inequivocamente – contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di merito e condividendosi, perciò, la censura dei ricorrenti – che il menzionato diritto viene a configurarsi e ad essere esigibile nei suoi presupposti giuridici allorquando l’attività di custodia sia stata effettivamente ultimata, pur attribuendosi agli ausiliari custodi la facoltà di vedersi liquidati anticipatamente degli acconti, circostanza che, tuttavia, non incide sul necessario riconoscimento finale del compenso integrale da liquidarsi solo una volta cessata l’attività di custodia (da richiedere entro il termine fissato dallo stesso D.P.R. n. 115 del 2002, richiamato art. 71, comma 2: v. Cass. n. 28952/2011 e Cass. n. 11577/2017), salvo – ovviamente – lo scomputo dalla somma calcolata in via definitiva dei singoli importi assegnati ed incassati, per l’appunto, a titolo di acconti nel corso dello svolgimento dell’incarico.

Pertanto, avendo il Tribunale di Brescia ritenuto precluso il diritto al compenso in ordine ai periodi di espletamento dell’incarico cui si riferivano agli acconti preventivamente erogati (sull’erroneo presupposto che ogni distinto provvedimento di liquidazione dell’anticipo avrebbe dovuto essere autonomamente impugnato tempestivamente), la prima censura merita accoglimento. A tal proposito va, quindi, ribadito il principio di diritto – al quale dovrà uniformarsi il giudice di rinvio – secondo cui, in tema di spese di giustizia, il decreto con il quale il magistrato liquidi all’ausiliario un compenso a titolo di acconto non è autonomamente impugnabile, mancando nel D.P.R. n. 115 del 2002 previsioni circa il controllo di tale statuizione ed avendo la stessa ad oggetto una mera anticipazione di carattere provvisorio e, quindi, modificabile con ulteriori provvedimenti di acconto e con quello di liquidazione finale.

6. Anche il secondo motivo del ricorso principale è da ritenersi fondato nei sensi di cui in appresso.

Il Tribunale di Brescia, adito in sede di opposizione, ha escluso – adottando una motivazione obiettivamente apparente – che l’incarico conferito ai due ausiliari giudiziari, sulla scorta della documentazione acquisita in atti, avesse implicato anche l’espletamento di un’attività di amministrazione attiva o sostitutiva, oltre che meramente conservativa, delle tre aziende sottoposte a sequestro preventivo e, sulla base di tale presupposto, ha riconosciuto ai due attuali ricorrenti principali i compensi riconducibili all’attività di mera custodia, provvedendo alla liquidazione degli stessi (oltretutto ponendo illegittimamente riferimento – per quanto evidenziato in ordine all’accoglimento del primo motivo – al solo periodo non coperto dalle liquidazioni pregresse riconosciute a titolo di anticipazioni) applicando le correlate indennità computate secondo i criteri stabiliti dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 58, ancorchè con il richiamo, ma solo in via parametrica e secondo equità, del D.P.R. n. 645 del 1994, art. 29 (ma non procedendosi alla sua diretta applicazione).

A tal proposito il giudice bresciano ha completamente omesso di considerare anche in base alla necessaria (ed, invece, obliterata) valorizzazione del provvedimento di nomina dei due ausiliari in sede penale (laddove essi erano stati nominati anche amministratori giudiziari delle aziende assoggettate a sequestro) – l’effettiva natura ed entità del complessivo incarico attribuito ai predetti, limitandolo alla sola attività di custodia, per poi, contraddittoriamente (e, quindi, in modo perplesso ed antitetico), sostenere (v. pag. 1 dell’ordinanza impugnata) che tale attività aveva ricompreso anche l’assunzione di determinazioni in via sistematica che si erano sostanziate in controlli di conformità degli atti adottati dagli amministratori delle società titolari delle tre aziende sottoposte a sequestro preventivo, con frequenza anche delle riunioni dei Consigli di amministrazione, il tutto in un’ottica finalizzata all’efficace svolgimento di un’opera di controllo preventivo finalizzato ad impedire che dall’esercizio delle tre imprese potesse derivare il rischio della commissione di ulteriori reati della medesima indole di quelli per i quali già si procedeva e per evitare che la prosecuzione di questi ultimi potesse provocare ulteriori danni. Da questo accertamento – ancorchè sommario – sembrerebbe da escludersi che l’incarico assegnato ai due ausiliari sia consistito nella sola custodia delle aziende assoggettate a sequestro, essendosi concretato (oltre che nella loro conservazione) anche nella prosecuzione della loro amministrazione (ancorchè – per effetto dell’esame superficiale compiuto dal giudice di merito – non è dato sapere in che modo ed in quali limiti essa si sia realmente svolta), senza potersi escludere la possibile effettuazione di operazioni che potevano garantire una certa redditività dei beni stessi costituenti le rispettive aziende. Tuttavia, per stessa ammissione del Tribunale bresciano, l’attività degli ausiliari era – come già posto in risalto – consistita anche nel controllo di conformità degli atti assunti dagli amministratori delle società titolari delle tre aziende sequestrate, era finalizzata ad impedire che dall’esercizio delle relative imprese potesse derivare il rischio della commissione di ulteriori reati del tipo omologo a quelli per i quali si procedeva o della perpetuazione di questi ultimi.

Pertanto, non può escludersi che l’attività degli ausiliari (oggi ricorrenti principali) – per effetto delle attribuzioni che erano state loro conferite con l’adottato provvedimento di sequestro – fosse venuta a sovrapporsi (e, comunque, ad affiancarsi a titolo di autorità vigilante) su quella degli organi societari, assumendo, così, la connotazione di attività necessaria e funzionale all’amministrazione dell’attività aziendale, risultando essa integrativa della validità e dell’efficacia dell’operato degli amministratori rimasti in carica. E ciò parrebbe confortato dalla circostanza che gli acconti liquidati agli stessi ausiliari erano stati riconosciuti per l’amministrazione delle aziende sottoposte a sequestro.

Oltretutto, proprio per la natura complessiva del compito assegnato ai due ricorrenti e delle caratteristiche dei beni sottoposti a sequestro (coincidenti con aziende commerciali), le funzioni di custodia, conservazione, amministrazione e gestione si configuravano (presumibilmente) tra loro necessariamente interconnesse (per come appare dimostrato anche dalle complessive distinte attività espletate raccolte in numerosi faldoni: v., in particolare, pagg. 39-41 del ricorso). Ciò sembrerebbe risultare confermato anche dalla sentenza n. 18790/2008 della Cassazione penale con la quale, proprio decidendo sul ricorso del legale rappresentante di una delle tre aziende sottoposte a sequestro preventivo (specificamente la Faeco s.r.l.), nel rigettarlo, si chiarì ravvisando la legittimità dell’incarico conferito ai due attuali ricorrenti principali – che esso, proprio per la natura del bene (azienda commerciale) assoggettato alla misura cautelare reale, non poteva esaurirsi nel solo compito di provvedere alla sua custodia, non potendosi prescindere anche da una correlata attività di conservazione e di amministrazione giudiziaria, anche allo scopo di incrementare la redditività dei beni che componevano il complesso aziendale.

Del resto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 58, comma 1 ritenuto applicabile nel caso di specie dal Tribunale bresciano così recita:

“Al custode, diverso dal proprietario o avente diritto, di beni sottoposti a sequestro penale probatorio e preventivo, e, nei soli casi previsti dal codice di procedura civile, al custode di beni sottoposti a sequestro penale conservativo e a sequestro giudiziario e conservativo, spetta un’indennità per la custodia e la conservazione”.

Dal riportato disposto si desume che si può legittimamente ricorrere ai criteri di cui al successivo art. 59 per la liquidazione della sola attività di custodia dei beni sottoposti a sequestro penale, mentre questa disposizione normativa non è suscettibile si involgere anche la disciplina per la quantificazione dei compensi degli ausiliari la cui attività abbia implicato attività di controllo e di amministrazione di complessi di beni potenzialmente produttivi, come sono le aziende commerciali.

Pertanto, poichè non possono ritenersi adattabili alla fattispecie i precedenti di cui a Cass. civ. n. 24106/2011 (invocato anche dal ricorrente incidentale Ministero della Giustizia) e a Cass. civ. 21649/2017 (i quali pongono riferimento ai soli incarichi implicanti mere attività di custodia), deve reputarsi fondato anche il secondo motivo del ricorso principale nella parte in cui, con l’ordinanza impugnata, si è falsamente applicato il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 58 (in correlazione con il seguente art. 59) e non è stata ravvisata – in ordine ai criteri di liquidazione del compenso in favore dei due ausiliari – come applicabile (in via analogica) propriamente la disciplina di cui all’art. 27 – e, correlativamente, per quanto di ragione, del D.P.R. n. 645 del 1994, artt. 28 e 29 il quale, ancorchè abrogato dal D.M. 2 settembre 2010, n. 169, art. 57 era “ratione temporis” ancora vigente al momento – anno 2010 – della cessazione degli incarichi, poichè la nuova disciplina relativa alla determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi professionali di cui al D.M. 20 luglio 2012, n. 140 è divenuta applicabile a decorrere dal 23 agosto 2012.

Pertanto, la liquidazione che dovrà essere operata in sede di rinvio in favore dei due ausiliari andrà rapportata a quest’ultimo parametro normativo e non ai criteri indicati dal D.P.R. n. 115 del 2002, richiamato art. 58 procedendosi, tuttavia, alla ricognizione dei poteri effettivi conferiti agli stessi ausiliari con i provvedimenti della loro nomina e tenendo conto delle attività realmente svolte e compiutamente provate, con esclusione di qualsiasi automatismo. Dall’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale deriva l’assorbimento dell’unico motivo di ricorso incidentale avanzato dal Ministero della Giustizia, siccome riferito alla deduzione – in senso contrario dell’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 58 e 59 e dell’inapplicabilità del D.P.R. n. 645 del 1994, art. 29.

7. In definitiva, sulla scorta delle argomentazioni complessivamente esposte, vanno accolti i due motivi del ricorso principale con conseguente declaratoria di assorbimento dell’unico motivo di ricorso incidentale formulato dal controricorrente Ministero della Giustizia. Ne deriva la cassazione dell’ordinanza impugnata, con il rinvio della causa di opposizione D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 15 e D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170 al Tribunale monocratico di Brescia, in persona di altro magistrato che, oltre a conformarsi al principio di diritto prima enunciato (circa la ritenuta illegittima preclusione della valutazione anche delle attività relative ai periodi per i quali erano intervenute le disposte anticipazioni, i cui relativi provvedimenti non avrebbero dovuto, invero, essere ritenuti da impugnarsi autonomamente) e a rivalutare la natura e l’entità della complessiva attività espletata dai due ausiliari quantificandone i compensi alla stregua dell’evidenziato criterio normativo, provvederà anche a liquidare le spese della presente fase giudiziale di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie entrambi i motivi del ricorso principale e dichiara assorbito il motivo di ricorso incidentale proposto dal Ministero della Giustizia; cassa l’ordinanza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Brescia in composizione monocratica, in persona di altro magistrato.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile, il 5 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018

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