LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –
Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –
Dott. TRIA Lucia – Consigliere –
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19207-2013 proposto da:
P.A.P. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’ 20, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE RUTA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARGHERITA ZEZZA, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
REGIONE MOLISE, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;
– controricorrente –
e contro
AGENZIA REGIONALE MOLISE LAVORO;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1/2013 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 09/05/2013 R.G. 84/2011.
RILEVATO
che:
la Corte d’Appello di Campobasso, a conferma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda di P.A.P. con cui lo stesso aveva chiesto al Giudice del merito la disapplicazione dell’atto d’inquadramento nella categoria D, profilo D3, da parte dell’amministrazione regionale molisana, in seguito alla partecipazione alla procedura selettiva di stabilizzazione riservata, perchè lesivo del proprio diritto soggettivo ad essere inquadrato con la qualifica di dirigente;
il P. aveva dedotto di aver rivestito la qualifica di “Esperto”, prima presso il Ministero del Lavoro, poi presso l’Agenzia regionale Molise Lavoro, espletando compiti di studio, ricerca, consulenza, progettuali, di direzione e controllo, di coordinamento e gestione in piena autonomia e con discrezionalità di decisione, e, dunque, in piena aderenza alla connotazione propria della funzione dirigenziale;
la Corte territoriale ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, affermando che l’attribuzione dell’inquadramento quale atto prodromico all’espletamento di una procedura concorsuale, finalizzata all’accesso ai ruoli di soggetti già svolgenti attività con contratti di natura privatistica, attiene alle prerogative della pubblica amministrazione di disporre l’organizzazione degli uffici, e che, pertanto, essendo il diritto rivendicato dal P. rivolto a contestare la correttezza della scelta amministrativa, la legittima sede per instaurare tale giudizio fosse quella amministrativa e non già quella ordinaria;
per la cassazione della sentenza ricorre P.A.P. con un unico articolato motivo, illustrato da memoria; resiste con controricorso la Regione Molise, mentre l’Agenzia regionale Molise Lavoro rimane intimata.
CONSIDERATO
che:
con provvedimento del Magistrato coordinatore delle Sezioni Unite civili, depositato il 14 febbraio 2018, in risposta ad una nota del Presidente Titolare della Sezione Lavoro, questa Sezione è stata autorizzata ad esaminare la questione di giurisdizione proposta nel presente ricorso, essendosi su di essa ripetutamente pronunciate le Sezioni Unite;
il motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 3 e 5 contesta “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 63, comma 4 e della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5, all. E); sussistenza della giurisdizione e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”; ai fini del riparto della competenza giurisdizionale, il ricorrente afferma che la sua domanda era rivolta a sentir riconoscere il proprio diritto al mantenimento della qualifica dirigenziale, in suo possesso ancor prima del passaggio nei ruoli regionali; che al concorso in sede di stabilizzazione non può essere attribuita la stessa valenza assegnata alle procedure selettive aperte all’esterno, o, anche, a quelle interne, finalizzate ad una progressione di carriera (o ad un passaggio di categoria); che non sono dirimenti le affermazioni le quali, al fine di radicare la competenza del Giudice amministrativo evidenziano, per un verso, che il ricorrente aveva prestato attività con contratti di diritto privato, posto che col D.Lgs. n. 29 del 1993 anche il rapporto di pubblico impiego è stato contrattualizzato, per altro verso che la natura del datore di lavoro è pubblica;
nè alcun rilievo assumerebbe l’obiezione secondo cui la pretesa di vedersi riconoscere il diritto soggettivo al corretto inquadramento sarebbe arretrata di fronte ad esigenze di natura organizzativa dell’ente, tanto più che nella pianta organica della Regione esistevano aree dirigenziali pari al numero degli Esperti soggetti alla procedura di stabilizzazione; la scelta dell’inquadramento non avrebbe carattere autoritativo, in quanto l’assetto organizzativo rappresentato nell’organico dell’Ente non consente alla Regione di discriminare il personale dell’Agenzia dell’impiego rispetto al personale della Regione Molise svolgente medesime funzioni, in violazione dell’art. 49 dello statuto, il quale dispone l’equiparazione a tutti gli effetti del personale degli Enti e delle Aziende dipendenti dalla Regione al personale di ruolo;
la Corte d’Appello avrebbe omesso di considerare che, ai fini del corretto inquadramento del ricorrente, e in assenza di specifiche disposizioni normative circa l’equiparazione della figura di “Esperto” alle qualifiche di ruolo, la Regione avrebbe dovuto indagare sulla natura dell’attività e sulle mansioni effettivamente svolte dallo stesso per verificare che lo status di “Esperto” corrisponde alla funzione dirigenziale e non all’inferiore qualifica D-D3, illegittimamente attribuita;
il motivo è fondato;
il ricorrente prospetta di aver diritto all’inquadramento nel ruolo dirigenziale essendo già in possesso di tale qualificazione professionale, sulla base del presupposto che le mansioni da lui svolte in qualità di “Esperto” fino al momento della procedura per la stabilizzazione nei ruoli regionali corrispondevano a quelle ordinariamente svolte dai dirigenti regionali;
nel ritenere sussistente la giurisdizione amministrativa, la sentenza impugnata non ha tenuto conto di tale prospettazione, limitandosi ad accertare la centralità del pubblico concorso anche rispetto alle assunzioni rivolte a una platea limitata di riservatari, come quella composta anche da chi presta attività in virtù di contratti d’opera, la cui stabilizzazione è dovuta a una scelta discrezionale della pubblica amministrazione di natura organizzativa, che, involgendo l’esercizio del relativo potere pubblico, comporterebbe il radicarsi della giurisdizione amministrativa;
tale statuizione appare idoneamente censurata dal ricorrente, il quale rileva che il Giudice dell’Appello illegittimamente si sarebbe spogliato della competenza giurisdizionale, giacchè nel caso de quo la selezione si era risolta in un giudizio finalizzato non già all’instaurazione ex novo di un rapporto di lavoro, ma nel suo definitivo inquadramento nell’ambito della stessa amministrazione di appartenenza;
la Corte territoriale, nel dichiarare il proprio difetto di giurisdizione, ha ritenuto che il tipo di prospettazione avanzata dal ricorrente “…in realtà solo apparentemente modifica la prospettiva di disamina della questione in oggetto” (p. 4 sent.);
nel caso in esame soccorre il principio di diritto, pacificamente affermato dalle Sezioni Unite, secondo cui “In tema di pubblico impiego privatizzato, il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4 si interpreta, alla stregua dei principi enucleati dalla giurisprudenza costituzionale sull’art. 97 Cost., nel senso che le “procedure concorsuali per l’assunzione”, riservate alla giurisdizione del giudice amministrativo, sono quelle preordinate alla costituzione “ex novo” dei rapporti di lavoro, involgente l’esercizio del relativo potere pubblico, dovendo il termine “assunzione” intendersi estensivamente, comprese le procedure riguardanti soggetti già dipendenti di pubbliche amministrazioni ove dirette a realizzare la novazione del rapporto con inquadramento qualitativamente diverso dal precedente e dovendo, di converso, il termine “concorsuale” intendersi restrittivamente con riguardo alle sole procedure caratterizzate dall’emanazione di un bando, dalla valutazione comparativa dei candidati e dalla compilazione finale di una graduatoria di merito” (Sez. Un. 8522/2012; Sez. Un. n. 8522/2012; Sez. Un. 21558/2009; Sez. Un. n. 28058/2008);
il P. ha rivendicato il riconoscimento del diritto ad essere inquadrato in una qualifica che riteneva di possedere da oltre cinque anni, dunque la sua domanda non si riferisce nè alla costituzione di un nuovo rapporto d’impiego, nè alla novazione di un rapporto già esistente, con inquadramento qualitativamente diverso dal precedente; involgendo le caratteristiche soggettive proprie del rapporto d’impiego soggetto alla stabilizzazione, la domanda del ricorrente esclude un giudizio sulla correttezza della procedura selettiva in parola;
il petitum sostanziale non contiene, come erroneamente ritenuto dalla Corte territoriale, alcun presupposto volto a giustificare la sussistenza della giurisdizione del Giudice amministrativo;
in definitiva, la giurisdizione sulla controversia appartiene al Giudice Ordinario; il ricorso è accolto; la sentenza impugnata è cassata e la causa è rinviata alla Corte d’Appello di Campobasso in diversa composizione, cui si demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara la giurisdizione del Giudice Ordinario. Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d’Appello di Campobasso in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 13 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018