LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19239/2017 proposto da:
C.U., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PAOLO MERCURI 8, presso lo studio dell’avvocato PAOLO MARIA GEMELLI, rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMO DI COLA;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI VALFORNACE succeduto ex lege al Comune di Pievebovigliana, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IGNAZIO GUIDI 75, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO RIZZO, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO COPPONI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 512/2016 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 10/05/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 10/07/2018 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.
RILEVATO
che:
in relazione alla locazione di un immobile ad “uso diverso”, il Tribunale di Macerata dichiarò la risoluzione del contratto per grave inadempimento del Comune di Pievebovigliana (locatore) all’obbligo di mantenere l’immobile in buono stato locativo, con condanna al risarcimento dei danni in favore della conduttrice C. (che aveva già rilasciato i locali); la Corte di Appello di Ancona ha riformato la sentenza di primo grado, affermando che i vizi lamentati dalla C. avrebbero potuto essere rimossi mediante interventi di ordinaria manutenzione (gravanti sulla conduttrice) e che, comunque, non valevano ad integrare la gravità dell’inadempimento a carico del Comune; ha conseguentemente ritenuto giustificata l’escussione – ad opera del Comune – della fideiussione rilasciata dalla conduttrice, per la quota relativa al recupero dei canoni correlati al mancato preavviso di rilascio; ha, invece, ritenuto non provati gli ulteriori danni lamentati dal Comune e ha condannato quest’ultimo a restituire alla C. l’importo di Euro 8.689,24 (oltre accessori);
ha proposto ricorso per cassazione la C., affidandosi ad un unico motivo; ha resistito – con controricorso notificato oltre il termine di cui all’art. 370 c.p.c. – il Comune di Valfornace (succeduto ex lege al Comune di Pievebovigliana);
entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.
CONSIDERATO
che:
con l’unico motivo (che denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1105 e 1576 c.c.), la ricorrente ribadisce che i vizi che affliggevano l’immobile erano di natura strutturale e avrebbero dovuto essere rimossi dal locatore, che era invece rimasto gravemente inadempiente;
il motivo è inammissibile in quanto non deduce specifiche violazioni in iure, ma le postula sull’assunto di un diverso apprezzamento dei fatti, in tal modo sollecitando alla Corte un nuovo accertamento di merito, non consentito in sede di legittimità;
in punto di spese di lite, ritiene il Collegio che la tardività del controricorso non consenta di liquidare al Comune il compenso per tale atto e che, tuttavia, l’avvenuta notifica del controricorso consentisse il deposito della memoria, comportando la necessità di riconoscere al controricorrente il rimborso delle spese ad essa correlate;
deve considerarsi, infatti, che la giurisprudenza di questa Corte, pur non avendo preso posizione univoca sulla possibilità – in termini generali – che nel procedimento camerale venga depositata una memoria difensiva in difetto di notifica del controricorso (cfr. Cass. n. 13093/2017, in motivazione a pag. 3, e Cass. n. n. 7701/2017, in motivazione, a pag. 5, nonchè Cass. n. 14330/2017), quale attività difensiva sostitutiva della partecipazione alla pubblica udienza in precedenza pacificamente ammessa, è tuttavia consolidata nel ritenere che la notifica tardiva del controricorso -come nel caso in esame-consenta comunque il deposito della memoria difensiva (cfr. 13093/2017, Cass. n. 24835/2017 e Cass. n. 27140/2017);
sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 2.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018
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