LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14609/2014 proposto da:
M.A., anche in proprio, L.G. e L.M., quali eredi di LA.GI., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TARANTO 116, presso lo studio dell’avvocato STEFANO TURCHETTO, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONIO MARINO, PAOLA MARINO;
– ricorrenti –
contro
CONDOMINIO PALAZZO *****, in persona dell’Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANDREA MILLEVOI 81, presso lo studio dell’avvocato CARMELA PARISI, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
L.S.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 582/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 04/05/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 12/04/2018 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Dott. MISTRI Corrado.
Ma.Gi. proponeva denuncia di nuova opera nei confronti del Condominio Palazzo ***** innanzi al Tribunale di Catanzaro, lamentando la posa in opera di una recinzione sul terreno di sua proprietà.
Il Tribunale condannava il convenuto alla demolizione del muro di cinta edificato sul terreno di La.Gi., avente causa del Ma..
La Corte d’Appello di Catanzaro veniva adita dal L. in relazione alla mancata condanna del condominio alla demolizione di un pilastro edificato arbitrariamente sul terreno di sua proprietà.
Il Condominio si costituiva, resistendo all’appello.
Con sentenza dell’8.4-4.5.2013, la Corte d’Appello di Catanzaro rigettava il gravame. La decisione muoveva dalla qualificazione della domanda come regolamento di confini sul rilievo che oggetto della lite fosse non il titolo di proprietà ma l’incertezza del confine. La corte territoriale accertava i passaggi di proprietà per verificare se nel primo atto di vendita fosse previsto uno spazio di isolamento tra i locali del L. e le particelle acquistate dal condominio; sulla base della CTU, che aveva attribuito valore probatorio all’atto di frazionamento allegato all’atto originario del 1973 per notar T., la corte territoriale accertava che il fabbricato si trovava all’interno della proprietà condominiale.
Per la cassazione della sentenza propongono ricorso M.A., L.G. e L.M., quali eredi di La.Gi. sulla base di tre motivi di ricorso, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c., depositata in prossimità dell’udienza; resiste con controricorso il condominio “Palazzo *****”.
Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 1362 c.c., per motivazione apparente in violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per avere la corte territoriale omesso di esaminare gli atti pubblici del 6.6.1975 e 14.7.1979, dai quali risulterebbe che i due immobili erano confinanti, sicchè non doveva farsi ricorso alla prova sussidiaria rappresentata dalle mappe catastali. Inoltre, i ricorrenti contestano l’errata a qualificazione giuridica attribuita dalla corte territoriale alla domanda, sostenendo che la prova avrebbe dovuto fondarsi sul titolo e non su accertamenti tecnici svolti.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame dei fatti oggetto di discussione tra le parti, decisivi per il giudizio, con violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 5 e la violazione degli artt. 1362 c.c. e segg. e dell’art. 950 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. I ricorrenti ripropongono la doglianza relativa all’erronea qualificazione giuridica della domanda ed all’omessa valutazione del comportamento del condominio, il quale, dopo la notifica del ricorso, avrebbe manifestato la volontà di transigere la lite acquistando la proprietà su cui sorgeva l’opera e concedendo la servitù di veduta sul suolo da acquistarsi, pagando al L. un’indennità.
Il motivi, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, non sono fondati sotto diversi profili.
Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, l’interpretazione della domanda e l’individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, al giudice del merito e questa Corte deve solo effettuare il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata.(Cassazione civile, sez. 6, 21/12/2017, n. 30684; Cassazione civile, sez. lav., 24/07/2008, n. 20373; Cassazione civile, sez. 1, 07/07/2006, n. 15603).
Nella specie, la corte territoriale, sulla base dell’atto introduttivo, ha accertato che la contestazione non riguardava il titolo originario, ma l’effettivo oggetto del trasferimento, ovvero l’esatta estensione della proprietà; la causa petendi era quella propria dell’azione di regolamento dei confini, venendo in gioco la determinazione quantitativa dell’oggetto della proprietà dei fondi confinanti.
L’effetto recuperatorio della porzione immobiliare illegittimamente posseduta dalla parte a svantaggio della quale è regolato il confine, non muta, infatti, la natura della azione (Cassazione civile, sez. 2, 11/03/2014, n. 5603).
Ne consegue, che l’attore è dispensato dall’avanzare un’espressa domanda di rilascio della porzione di terreno indebitamente occupata dalla controparte, giacchè implicita nella proposizione di detta azione, rappresentando un corollario del relativo accertamento (Cassazione civile, sez. 2, 30/03/2016, n. 6148).
Nell’accertamento del confine tra due fondi limitrofi, costituenti lotti separati di un appezzamento originariamente unico, la fonte primaria di valutazione è rappresentata dall’esame dei titoli di acquisto delle rispettive proprietà e del frazionamento agli stessi allegato, potendo il giudice di merito ricorrere ad ogni altro mezzo di prova solo qualora, sulla base delle risultanze dei predetti elementi, il confine risulti comunque incerto (Cassazione civile, sez. 2, 07/04/2016, n. 6740).
Nel caso in cui i dati sul confine siano discordanti e gli acquisti siano stati effettuati in tempi diversi, va dato rilievo probatorio al confine indicato nel tipo di frazionamento allegato al titolo di acquisto più risalente nel tempo (Cassazione civile, sez. 2, 04/02/2016, n. 2241).
Alla luce dei principi affermati da questa Corte, è inconferente la censura relativa all’errata interpretazione degli atti pubblici del 6.6.1975 e 14.7.1979, (peraltro genericamente richiamati in ricorso, senza alcuna indicazione della sede processuale in cui i documenti furono prodotti), in quanto la corte territoriale ha fatto riferimento all’atto originario, l’atto per notar T. del 1973, cui era allegato il frazionamento, al fine di verificare se lo spazio di isolamento potesse sussistere.
Ne consegue che, alla luce di quanto emerso dall’esame del titolo originario sull’estensione dei confini, era ultronea ogni valutazione dei titoli successivi.
Nessun rilievo può avere, ai fini dell’accertamento del confine, la valutazione del comportamento extraprocessuale del condominio, consistente nella manifestazione della volontà di transigere la lite acquistando la proprietà su cui sorgeva l’opera.
E del tutto insussistente anche il vizio di motivazione, sotto il profilo della motivazione apparente e della violazione di norme costituzionali.
In primo luogo, la violazione delle norme costituzionali non può essere prospettata direttamente col motivo di ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il contrasto tra la decisione impugnata e i parametri costituzionali, realizzandosi sempre per il tramite dell’applicazione di una norma di legge, deve essere portato ad emersione mediante l’eccezione di illegittimità costituzionale della norma applicata (Sez. 2, Sentenza n. 3708 del 17/02/2014).
In secondo luogo, la motivazione della corte è esaustiva ed aderente alle questioni prospettate dalle parti.
Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 91 c.p.c. e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la corte territoriale compensato tra le parti le spese di lite, ponendo a carico degli appellanti quelle di CTU.
Il motivo è manifestamente infondato.
La corte territoriale ha fatto corretta applicazione dell’art. 92 c.p.c., compensando le spese di lite in considerazione della soccombenza reciproca; nell’ambito del potere discrezionale, ha ritenuto che ci fossero giusti motivi per porre le spese di CTU a carico degli appellanti, in ragione del loro comportamento processuale, in quanto, reiterando argomentazioni già proposte in primo grado, avevano reso necessario rinnovare in appello le indagini tecniche.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di lite che liquida in Euro 2400,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge, Iva e Cpa come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Suprema Corte di Cassazione, il 12 aprile 2018.
Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018
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