LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. PERRINO Angel – Maria –
Dott. NONNO G.M. – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. GORI Pierpao – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 22625/2011 R.G. proposto da:
STIM S.R.L., (incorporante della GEPI S.R.L.), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Gianmarco Tardella, elettivamente domiciliata in Roma, via Giovanni Nicotera n.29, presso il suo studio;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, n. 358/40/2010 depositata in data 30 giugno 2010;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 22 maggio 2018 dal consigliere Pierpaolo Gori;
Udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dott. Vitiello Mauro, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
Udito per la parte ricorrente l’avvocato Tardella Gianmarco.
1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio sez. staccata di Latina, veniva accolto l’appello proposto dall’AGENZIA DELLE ENTRATE, e riformata la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Latina (in seguito, CTP) n. 78/08/2007, avente ad oggetto un avviso di accertamento con il quale è stata rettificata la dichiarazione presentata dalla società GEPI S.R.L. ai fini IVA e IRPEG relativamente all’anno di imposta 2003.
2. La società impugnava l’avviso avanti alla CTP per difetto di motivazione dell’avviso di accertamento e infondatezza nel merito delle riprese, sia quanto alle spese di manutenzione di un determinato opificio ritenute di natura straordinaria, che delle spese per lavorazioni esterne ritenute non documentate che, infine, per indebita ripresa di spese di costruzione di due individuati fabbricati ritenute non inerenti ai fini IVA e detratte; il ricorso veniva accolto nella ritenuta nullità dell’avviso di accertamento per carenza di motivazione e prove sottese.
3. L’Agenzia proponeva appello affermando la legittimità dell’accertamento, cui controdeduceva depositando memorie illustrative la STIM S.R.L., quale incorporante della GEPI S.R.L. (in seguito, la contribuente); la CTR accoglieva l’impugnazione, disattendendo l’argomentazione dei giudici di prime cure sulla carenza di motivazione dell’atto, e ritenendo nel merito fondate le riprese.
4. Contro la sentenza d’appello, la contribuente propone ricorso per Cassazione affidato a sei motivi, che illustra con memoria, cui resiste l’Agenzia con controricorso.
5. Con il primo motivo, si censura la nullità della sentenza, inesistenza o mera apparenza della motivazione, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., comma 1 ai fini del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62 e art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 in quanto inidonea ad esprimere la ratio decidendi in merito alle singole riprese.
6. Il motivo è infondato. Va premesso che può utilmente affermarsi l’inesistenza della motivazione solo in caso di sua fisica assenza (Cass. 29 aprile 2008 n.10839; Cass. 1 settembre 2006 n.18948), e ciò è escluso sin dalla lettura del motivo nel caso di specie, in quanto si denuncia la presenza di una motivazione seppure ritenuta inidonea. Ciò detto, la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che sussiste il vizio di motivazione apparente quando essa risulta fondata su una mera formula di stile, riferibile a qualunque controversia, disancorata dalla fattispecie concreta e sprovvista di riferimenti specifici, del tutto inadeguata a rivelare la “ratio decidendi” e ad evidenziare gli elementi che giustifichino il convincimento del giudice e ne rendano dunque possibile il controllo di legittimità, ovvero caratterizzata da un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e da “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. Un. 7 aprile 2014, n.8053).
Nel caso di specie la motivazione della sentenza gravata, quanto al merito delle riprese, è articolata in tre punti, corrispondenti a distinte riprese, la prima per costi da considerarsi indeducibili in quanto riferiti a lavori sussunti nella fattispecie della manutenzione e riparazione straordinaria, la seconda per spese per lavorazioni esterne, e la terza per indebite detrazioni IVA. Orbene, ciascuna delle tre riprese è confermata sulla base di una motivazione, e tanto basta per escludere anche la motivazione apparente in quanto non si tratta di irriducibile inconciliabilità delle affermazioni, nè di motivazione obiettivamente incomprensibile e nemmeno disancorata dalla fattispecie concreta, come confermato dal fatto che ciascuna delle rationes è oggetto dei restanti analitici motivi di ricorso e, dunque, è stata compresa e impugnata nello specifico.
7. Con il secondo motivo, si deduce la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 7 (T.U.I.R.) relativamente alla ripresa a tassazione IRPEG per spese di manutenzione e riparazione straordinaria e non ordinaria come prospettato dalla contribuente, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62 e dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il terzo motivo, si lamenta l’omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio relativamente alla medesima ripresa a tassazione IRPEG per spese di manutenzione e riparazione straordinaria e non ordinaria come prospettato dalla contribuente, come vizio motivazionale ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62 e dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per non aver la CTR considerato le spese in questione come afferenti a manutenzione e riparazione di natura straordinaria e non ordinaria.
8. I due motivi di ricorso sono strettamente connessi e da trattarsi congiuntamente, in quanto censurano, come violazione di legge e vizio di motivazione, la medesima ratio avente ad oggetto la medesima ripresa.
Il secondo motivo è fondato. La Corte rammenta che i costi di manutenzione straordinaria sono costituiti da quei costi rivolti all’ampliamento, ammodernamento o miglioramento degli elementi strutturali di un’immobilizzazione che si traducono in un aumento significativo e misurabile di capacità, di produttività, di sicurezza o di vita utile, mentre quelli di manutenzione ordinaria sono i restanti; come afferma lo stesso ricorrente nel corpo del motivo, la distinzione operata dalla CTR non è decisiva ai fini dell’applicazione dell’art. 67, comma 7 TUIR nel tempo vigente, in relazione all’anno di imposta 2003, ai fini della deducibilità delle spese.
Ciò detto, da un lato la Corte ha già da tempo affermato che, sotto il profilo civilistico, i costi per l’ampliamento, l’ammodernamento e il miglioramento di una singola immobilizzazione devono essere capitalizzati a incremento del valore di questa ove si traducano in un aumento significativo e tangibile di capacità o di produttività o di sicurezza o di vita utile (Cass. 21 maggio 1998 n.5071). Dall’altro, l’art. 67, comma 7 TUIR, nel testo ratione temporis applicabile alla presente fattispecie, consentiva ai fini fiscali, ove dal bilancio non risultassero portate a incremento del costo dei beni stessi, in alternativa alla capitalizzazione delle spese predette, la loro deducibilità nella misura del 5 per cento dell’ammontare del costo dei beni materiali quali risultano all’inizio dell’esercizio dal registro dei beni ammortizzabili, salve deroghe di settore.
E’ poi vero che l’Agenzia ha contestato il rispetto concreto da parte della contribuente di questa capienza del 5%, ma questa deduzione è avvenuta per la prima volta in controricorso, mentre l’avviso di accertamento non ne fa cenno e, la giurisprudenza di questa Corte ha più volte determinato che le ragioni poste a base dell’atto impositivo segnano i confini del processo tributario (Cass. 7 maggio 2014 n.9810).
9. L’accoglimento del secondo motivo determina l’assorbimento del terzo.
10. Con il quarto motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 1 ai fini del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62 e dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la CTR ritenuto l’IVA indebitamente detratta per assenza di inerenza in quanto eccessiva, dal momento che la previsione di legge richiamata non ammetterebbe alcun giudizio di congruità sul valore dei beni e servizi acquistati dal soggetto passivo per la propria attività imprenditoriale.
Con il quinto motivo si lamenta l’omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio relativamente al medesimo rilievo IVA quale vizio di motivazione ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per essere insufficienti gli elementi in base ai quali la CTR ha ritenuto eccessivo il ricarico addebitato dall’appaltatore ESA SRL rispetto al costo dei lavori a sua volta a lei addebitato dal subappaltatore EUROCOSTRUZIONI 2002 SRL, in relazione alla edificazione di due manufatti per conto della contribuente.
11. I motivi, strettamente connessi e da trattarsi congiuntamente in quanto afferiscono alla medesima ripresa, sotto i due angoli della violazione di legge e del vizio motivazionale, sono entrambi fondati.
La Corte ha di recente affermato come in tema di imposte sui redditi delle società, il principio dell’inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito di impresa. Esso infatti esprime la necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità, anche solo potenziale o indiretta, in quanto è configurabile come costo anche ciò che non reca alcun vantaggio economico e non assumendo rilevanza la congruità delle spese, perchè il giudizio sull’inerenza è di carattere qualitativo e non quantitativo (Cass. 11 gennaio 2018 n.450). Infatti, in tema di IVA, il principio di inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d’impresa ed esprime una correlazione tra costi ed attività in concreto esercitata, traducendosi in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde, in sè, da valutazioni di tipo utilitaristico o quantitativo (Cass. 17 luglio 2018 n.18904).
12. Anche a voler accedere a quell’orientamento giurisprudenziale che continua a valorizzare l’argomento dell’antieconomicità dei costi, va rammentato che questo è ormai circoscritto dalla giurisprudenza della Corte nei seguenti termini: “In tema di IVA, non è consentito all’Amministrazione rideterminare il valore delle prestazioni e dei servizi acquistati dall’imprenditore escludendo il diritto alla detrazione, salvo che dimostri l’antieconomicità manifesta e macroscopica dell’operazione, tale da assumere rilievo indiziario di non verità della fattura o di non inerenza della destinazione del bene o servizio all’utilizzo per operazioni assoggettate ad IVA: in detta ipotesi, spetta al contribuente provare che la prestazione del bene o servizio è reale ed inerente all’attività svolta.” (Cass. 30 gennaio 2018 n.2240).
13. Orbene, nel caso in esame, è vero che una complessiva sproporzione viene posta dall’Amministrazione a fondamento della ripresa condivisa dalla CTR, dal momento che le spese di costruzione di fabbricati sono state “ritenute non inerenti in quanto eccessive rispetto alle prestazioni rese dalla società interposte”.
In particolare, è stato ritenuto sproporzionato quanto pagato dalla contribuente ad una società commerciale, la ESA SRL, riconducibile alla medesima proprietà, la quale ha a sua volta dato in appalto a terzi, il subappaltatore EUROCOSTRUZIONI 2002 SRL, la costruzione dei due manufatti.
Tuttavia, in questa generica affermazione della CTR non si rinvengono elementi neppure presuntivi sufficienti per poter affermare che si tratti di una antieconomicità manifesta e macroscopica e, anche sotto questo profilo, la decisione merita di essere rimeditata.
14. Con il sesto motivo si censura l’omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio relativamente alla ripresa a tassazione IRPEG per costi per prestazioni di servizi della società STIMER S.R.L., consorella, non documentati, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62 e art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avendo omesso la CTR di esaminare il fatto decisivo “che la Guardia di Finanza aveva in realtà rinvenuto della documentazione comprovante la natura delle prestazioni di servizi rese alla GEPI SRL dalla consorella STIMER SRL”.
15. Il motivo è fondato, e non tende ad una rivalutazione del merito, non propria del giudizio di legittimità, dal momento che individua un documento decisivo non esaminato dalla CTR, nella specie le “schede di commessa”, ai fini della prova delle prestazioni rese tra le due società. Pertanto, la scarna motivazione riguardo alla ripresa va considerata insufficiente.
16. In conclusione, in accoglimento del secondo, quarto, quinto e sesto motivo di ricorso, assorbito il terzo e disatteso il primo, la sentenza impugnata dev’essere cassata, con rinvio alla CTR, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili accolti, oltre che per il regolamento delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il secondo, quarto, quinto e sesto motivo di ricorso, assorbito il terzo e rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili accolti, e per il regolamento delle spese di lite.
Così deciso in Roma, il 22 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2018