LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. LA TORE Maria Enza – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26050-2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del Direttore e legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
G.P.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NIZZA, 45, presso lo studio dell’avvocato STEFANO FIORENTINI, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2112/23/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI BARI SEZIONE DISTACCATA di LECCE, depositata il 08/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio non partecipata del 18/07/2018 dal Consigliere Dr. NAPOLITANO LUCIO.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal del D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;
La CTR della Puglia – sezione staccata di Lecce – con sentenza n. 2112/23/2015, depositata l’8 ottobre 2015, non notificata, rigettò l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della signora G.P.M. avverso la decisione della CTP di Lecce, che aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente avverso avviso di liquidazione emesso dall’Ufficio, per il recupero della maggiore imposta di registro dovuta sul decreto di trasferimento in favore della medesima d’immobile acquistato ad asta giudiziaria, a seguito della revoca del beneficio cd. prima casa, non avendo trasferito la contribuente la propria residenza nel Comune di ***** (LE), ove è ubicato l’immobile, entro il termine di diciotto mesi dalla relativa dichiarazione d’intento previsto dalla normativa in oggetto.
Avverso detta sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo.
La contribuente resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria critica alla proposta del relatore depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
1. In via preliminare deve essere rigettata, in quanto infondata, l’eccezione della controricorrente d’inammissibilità dell’avverso ricorso per tardività.
1.1. Risulta incontroverso, in fatto, che la controversia in esame sia stata introdotta in primo grado anteriormente al 4 luglio 2009, per cui, quanto al c.d. termine lungo d’impugnazione, secondo la formulazione dell’art. 327 c.p.c., applicabile ratione temporis, trova applicazione il termine di un anno dalla data di deposito (8 ottobre 2015) della sentenza della CTR, non notificata.
1.2. Tenendo conto della sospensione feriale dall’1 al 31 agosto secondo della L. n. 742 del 1969, art. 1, nel testo a sua volta applicabile ratione temporis, la notifica del ricorso a mezzo PEC tentata dall’Amministrazione erariale l’8 novembre 2016, sebbene non andata a buon fine, si rilevava pertanto tempestiva.
1.3. Essendo stato peraltro il procedimento notificatorio ripreso dall’Avvocatura erariale con la notifica per il tramite del servizio postale con consegna dell’atto all’Ufficio postale il 10 novembre 2016, con ricezione da parte della destinataria in data 17 novembre 2016, nella fattispecie in esame la notifica deve intendersi tempestivamente eseguita in relazione alla prima data in cui è stata tentata la notifica, in quanto l’Amministrazione ricorrente, appreso del suo esito negativo, ha con assoluta immediatezza, nel rispetto del limite temporale pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., riattivato il procedimento notificatorio andato quindi a buon fine (cfr. Cass. sez. Unite 15 luglio 2016, n. 14594; Cass. sez. 6-3, ord. 31 luglio 2017, n. 19059).
2. Con l’unico motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione dell’art. 1, nota 2 bis, della Tariffa, parte 1, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (TUR), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la decisione impugnata ha ritenuto integrare causa di forza maggiore per il mancato trasferimento della residenza nel Comune ove è sito l’immobile nel termine stabilito dalla norma l’avere la contribuente ricevuto come destinazione per lo svolgimento della propria attività d’insegnamento i Comuni di ***** e *****.
2.1. Esso è manifestamente fondato.
Di là dal richiamo della ricorrente alla pronuncia di questa Corte (Cass. sez. 5, 10 febbraio 2016, n. 2616), espressione di orientamento minoritario e rimasto sostanzialmente isolato, giunto a negare la stessa possibilità di individuare nella forza maggiore causa ostativa alla decadenza dall’agevolazione in questione, il ricorso risulta ugualmente fondato alla stregua dell’indirizzo tradizionale della Corte (cfr., tra le molte, anche successivamente alla succitata pronuncia, Cass. sez. 6-5, ord. 23 gennaio 2018, n. 1588; Cass. sez. 6-5, ord. 12 luglio 2017, n. 17225; Cass. sez. 5, 24 giugno 2016, n. 13148), secondo cui “In tema di benefici fiscali per l’acquisto della “prima casa”, è consentito il mantenimento dell’agevolazione esclusivamente qualora il trasferimento della residenza nel comune, ove è ubicato l’immobile non sia tempestivo per causa sopravvenuta di forza maggiore, rilevando, a tal fine, i soli impedimenti non imputabili alla parte obbligata, inevitabili ed imprevedibili”.
2.2. La collocazione in ruolo della contribuente per l’insegnamento consegue a domanda dell’interessata, essendo tutt’altro che imprevedibile, soprattutto per gli insegnanti meridionali, trattandosi di fatto di comune esperienza, la possibilità di essere utilmente collocati in graduatoria nel Nord Italia piuttosto che nelle regioni di residenza. Deve ritenersi pertanto che la decisione impugnata si ponga in evidente contrasto con la norma indicata in epigrafe alla stregua del succitato principio di diritto, espressione dell’indirizzo espresso dalla giurisprudenza largamente prevalente di questa Corte in materia, cui va data ulteriore continuità.
3. Nè detta conclusione, alla stregua del succitato indirizzo interpretativo, può destare dubbi di legittimità costituzionale, così come invece prospettati dalla controricorrente, della nota 2 – bis della Tariffa, Parte 1, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, in relazione all’art. 3 Cost., nella parte in cui non estende, al contribuente che si trasferisce in un’altra Regione per ottenere il primo impiego, l’esclusione dell’onere di residenza previsto per il contribuente “trasferito all’estero per ragioni di lavoro; ed ancora nella parte in cui non estende al contribuente che si trasferisce in un’altra Regione per ottenere il primo impiego, l’esclusione dall’onere di residenza previsto invece per “il contribuente cittadino emigrato all’estero”.
3.1. Le condizioni di cui alla lett. a) della citata Nota 2 – bis per usufruire dell’agevolazione attengono, infatti, a fattispecie obiettivamente diverse, sicchè il prevedere l’assunzione della residenza nel Comune in cui è situato l’immobile per chi acquisti la prima casa se residente altrove su territorio italiano, diversamente da quanto previsto per il contribuente trasferito all’estero per ragioni di lavoro o sia emigrato all’estero, risponde a scelte discrezionali del legislatore non manifestamente irragionevoli, venendo peraltro in rilievo, con riferimento al lavoratore trasferito all’estero per ragioni di lavoro o ivi emigrato in primo luogo in rilievo, con riguardo alla disciplina eurounitaria, la necessità di assicurare il rispetto della libera circolazione (cfr. art. 45 del TFUE) dei lavoratori all’interno dell’Unione.
La questione di legittimità costituzionale così come proposta dalla controricorrente deve ritenersi pertanto manifestamente infondata.
La sentenza impugnata va dunque cassata in accoglimento del ricorso dell’Amministrazione finanziaria.
4. Non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2, con rigetto dell’originario ricorso della contribuente.
5. Possono essere compensate le spese tra le parti del doppio grado del giudizio di merito, tenuto conto dell’andamento dello stesso, ponendosi a carico della contribuente, come da dispositivo, secondo soccombenza, le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente.
Dichiara compensate tra le parti le spese del doppio grado del giudizio di merito e condanna la controricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio, il 18 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018