LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –
Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
POSTE ITALIANE SPA *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190, presso la sede della FUNZIONE AFFARI LEGALI dell’Istituto medesimo, rappresentata e difesa dall’avvocato CAMPISI ANTONIO SEBASTIANO;
– ricorrente –
M.F.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 3439/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 26/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 19/07/2018 dal Consigliere Dott. FERNANDES GIULIO.
RILEVATO
che, con sentenza del 26 giugno 2016, la Corte di Appello di Roma confermava la decisione del primo giudice di revoca del decreto ingiuntivo ottenuto da Poste Italiane s.p.a. nei confronti di M.F. con il quale era stato intimato a quest’ultima il pagamento della somma lorda di Euro 143.732,11 oltre accessori a titolo di restituzione delle somme indebitamente percepite in virtù di una pronuncia di primo grado, che aveva dichiarato la nullità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso tra esse parti, con il riconoscimento di ogni conseguenza risarcitoria, successivamente riformata in appello;
che, in particolare, il Tribunale di Latina aveva limitato il diritto alla restituzione unicamente delle somme percepite “al netto”, pari 108.074,27 oltre interessi legali dal febbraio 2008 e non anche di quelle relative alle ritenute fiscali versate;
che, ad avviso della Corte territoriale la richiesta di restituzione non poteva che essere limitata alle somme effettivamente percepite dal lavoratore, salvi i rapporti con il Fisco del datore di lavoro;
che per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso Poste Italiane s.p.a. affidato a tre motivi;
che la M. è rimasta intimata;
che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
CONSIDERATO
che: con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 nonchè degli artt. 12 e 14 preleggi, art. 2033 cod. civ. e D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 23 e 64(in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) non potendo il datore di lavoro chiedere il rimborso delle somme versate all’Erario se non nelle ipotesi tassative previste dall’art. 38 (errore materiale, duplicazione o inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento) tra cui non rientrava la fattispecie in esame; con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38,D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 10, comma 1, lett. D bis, art. 111 Cost., D.P.R. n. 600 del 1973, art. 23, art. 53 Cost. e D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) evidenziando che la società era solo sostituto d’imposta ragion per cui le era preclusa la domanda di rimborso essendo il lavoratore unico legittimato a proporla e che il recupero, da parte dell’ente erogatore, avrebbe dovuto essere effettuato al lordo delle imposte come da Risoluzioni nn. 110/2005, 101/2007 e 71/2008 dell’Agenzia delle Entrate; con il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38,L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) non potendo trovare applicazione lo Statuto del contribuente e neppure il cit. D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21;
che i motivi di ricorso, da trattare congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono infondati alla luce degli orientamenti di questa Corte cui si ritiene di dare continuità secondo cui: a) in tema di rimborso delle imposte sui redditi, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, sono legittimati a richiedere alla Amministrazione finanziaria il rimborso delle somme non dovute e ad impugnare l’eventuale rifiuto dinanzi al giudice tributario sia il soggetto che ha effettuato il versamento (cd. “sostituto di imposta”) sia il percipiente delle somme assoggettate a ritenuta (cd. “sostituito”) (Cass. 29 luglio 2015 n. 16105 ed i riferimenti giurisprudenziali ivi contenuti); b) il datore di lavoro non può pretendere di ripetere somme al lordo delle ritenute fiscali, allorchè le stesse non siano mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente (cfr. Cass. 29 gennaio 2018 n. 2135; Cass. 2.2.2012 n. 1464; in tali termini anche Consiglio di Stato Sez. 6 2.3.2009 n. 1164 con riguardo al rapporto di pubblico impiego); invero, nel caso in esame, è pacifico che le ritenute fiscali non siano state versate direttamente alla M. per cui la società, a prescindere da ogni altra considerazione, non avrebbe potuto ripeterli nei confronti della lavoratrice perchè appunto da questa non percepiti;
che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va rigettato;
che non si provvede in ordine alle spese del presente giudizio essendo la M. rimasta intimata;
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,comma 17, (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso, nulla per le spese del presente giudizio.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 19 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018