Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26345 del 19/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

TELECOM ITALIA SPA *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUIGI GIUSEPPE FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato MARESCA ARTURO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ROMEI ROBERTO, MORRICO ENZO, BOCCIA FRANCO RAIMONDO;

– ricorrente –

contro

E.P., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 209, presso lo studio dell’avvocato SILVESTRI LUCA, rappresentato e difeso dall’avvocato CIRILLO ERNESTO MARIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5668/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 13/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/07/2018 dal Consigliere Dott.ssa GHINOY PAOLA.

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Napoli confermava la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva rigettato l’opposizione di Telecom Italia s.p.a. avverso il decreto ingiuntivo che aveva condannato la società al pagamento a E.P. delle spettanze retributive per i mesi da marzo a giugno 2012.

Tale pagamento era dovuto ad avviso della Corte in quanto con sentenza dello stesso Tribunale era stato disposto il ripristino del rapporto di lavoro con Telecom a seguito dell’illegittimità della cessione da Telecom S.p.A. a TNT Logistics Italia s.p.a. del ramo d’azienda cui l’ E. era addetto, ripristino cui Telecom non aveva ottemperato, sicchè la somma spettava al lavoratore a titolo di risarcimento del danno, essendo in tale periodo già cessato il rapporto di lavoro con la cessionaria.

2. Telecom Italia S.p.A. ha proposto ricorso per la cassazione di tale sentenza, affidato a due motivi, cui E.P. ha resistito con controricorso.

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo, la società ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte d’appello realizzato una trasmutazione dell’azione di adempimento in azione risarcitoria, avendo il lavoratore chiesto il pagamento delle retribuzioni dovute;

2. con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1206,1207,1217,1223,1256,1453 e 1463 c.c. nella parte in cui la Corte di merito non ha detratto, a titolo di aliunde perceptum, l’indennità di mobilità percepita in relazione al rapporto di lavoro con TNT.

3. Il primo motivo di ricorso è inammissibile, in quanto Telecom non ha interesse a dolersi della qualificazione della domanda come di natura risarcitoria operata dal giudice di merito, considerato che proprio sulla base di tale qualificazione la società chiede che sia detratto l’aliunde perceptum.

Inoltre, alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte, “nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, il giudice di merito non è condizionato dalla formula adottata dalla parte, dovendo egli tener conto del contenuto sostanziale della pretesa come desumibile dalla situazione dedotta in giudizio e dalle eventuali precisazioni formulate nel corso del medesimo, nonchè del provvedimento in concreto richiesto” (Cass. Sez. Un. n. 27 del 2000 e, più recentemente, Cass. n. 9724 del 18/4/2017 in relazione a fattispecie analoga a quella di causa). Sicchè, in sostanza, il motivo chiede che si proceda ad una diversa valutazione, sulla base dei medesimi presupposti già tenuti presenti dal giudice di merito.

4. Il secondo motivo non è fondato in quanto, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, non sono deducibili a titolo di aliunde perceptum dal risarcimento del danno per mancata costituzione del rapporto di lavoro le somme che traggono origine dal sistema di sicurezza sociale che appronta misure sostitutive del reddito in favore del lavoratore, considerato che l’eventuale non debenza dà luogo ad un indebito previdenziale ripetibile, nei limiti di legge, dall’Istituto previdenziale (cfr. Cass. n. 9724 del 18/4/2017, Cass. n. 7794 del 27/03/2017 e giurisprudenza ivi richiamata).

Le argomentazioni dell’odierna ricorrente ripropongono questioni già esaminate e disattese dai precedenti giurisprudenziali ai quali, pertanto, va data continuità.

Sulla base dell’ultima considerazione formulata negli arresti citati e sopra riportata non appare rilevante la soluzione adottata dalle Sezioni Unite nelle sentenze n. 12564, 12565. 12566, 12567 del 2018 all’esito delle ordinanze interlocutorie rese dalla Sezione 3^ che, pur trattando la questione della compensatio lucri cum damno, attengono a fattispecie concrete diverse rispetto a quella che qui viene in esame.

5. Per tali motivi, condividendo il Collegio la proposta del relatore, il ricorso, manifestamente infondato, va rigettato con ordinanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

6. La regolamentazione delle spese processuali in favore del controricorrente, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza, con distrazione ex art. 93 c.p.c. in virtù della dichiarata anticipazione.

7. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, con distrazione in favore del difensore avv. Cirillo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018

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