Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.26376 del 19/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ODDO & CIE in persona dei legali rappresentanti, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CARDINAL DE LUCA 10, presso lo studio dell’avvocato GIONTELLA MARCO, che lo rappresenta e difende giusta delega in calce;

– controricorrente –

sul ricorso 22299-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ODDO & CIE in persona dei legali rappresentanti, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CARDINAL DE LUCA 10, presso lo studio dell’avvocato GIONTELLA MARCO, che lo rappresenta e difende giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso le sentenze n. 178/2013 e n. 179/2013 della COMM. TRIB. REG.

SEZ. DIST. di PESCARA, depositate il 28/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/09/2017 dal Consigliere Dott. CAMPANILE PIETRO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO IMMACOLATA che ha concluso per il n. 22177/2013 la riunione al ricorso 22299/2013 e il rigetto dei motivi 1 e 2 ed accoglimento del 3 e 4 motivo;

per il n. 22299/2013 la riunione al ricorso 22177/2013 e l’inammissibilità dei motivi 1 e 2 e l’accoglimento del 3 motivo;

udito per il ricorrente l’Avvocato DE BONIS che ha chiesto l’accoglimento dei ricorsi previa riunione;

udito per il controricorrente l’Avvocato GIONTELLA che ha chiesto il rigetto dei ricorsi.

FATTI DI CAUSA

E’ opportuno premettere che i giudizi indicati in epigrafe attengono a temi comuni, e presentano significativi momenti di connessione. In particolare, come meglio si vedrà, risultano separatamente trattate in sede di merito questioni attinenti al rimborso richiesto dalla Banca d’Orsay in ordine al credito d’imposta su dividendi, per Euro 6.393.638,69, oltre interessi, e, quindi, all’impugnazione – nell’ottobre del 2008 – del silenzio rifiuto formatosi su una serie di istanze al riguardo proposte negli anni dal 1998 al 2003. Vale bene precisare che alcune di tali istanze era state accolte.

Si era poi verificato che la Procura della Repubblica di Pescara, nell’ambito di una più vasta indagine riguardante il settore dei rimborsi richiesti da banche inglesi e francesi, aveva disposto il sequestro della relativa documentazione, comprensiva delle suddette istanze di rimborso.

Con un provvedimento di diniego parziale in data 2 settembre 2009 il Centro Operativo di Pescara (terminata l’istruttoria all’esito dell’autorizzazione, da parte della Procura della Repubblica di Pescara, ad utilizzare la documentazione relativa ai rimborsi in questione), determinava in Euro 27.000,00 la somma spettante a titolo di rimborso, e quindi disponeva il recupero della somma di Euro 1.400.618,48.

Anche tale provvedimento veniva impugnato dalla Banca d’Orsay.

Dai suddetti ricorsi scaturivano, quindi, distinti giudizi di merito, conclusisi con le sentenze sopra indicate (entrambe emesse in data 14 marzo 2013), avverso le quali venivano presentati distinti ricorsi, che davano luogo ai seguenti procedimenti.

Proc. n. 22177/2913.

1. Con sentenza n. 113/1/11 la CTP di Pescara accoglieva il ricorso proposto da Banque d’Orsey avverso il silenzio rifiuto formatosi in relazione alle istanze di rimborso dalla stessa proposte ai sensi della Convenzione Italo francese in materia di doppie imposizioni.

2. Con sentenza n. 179, depositata il 28 marzo 2013, la C.T.R. di Pescara ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, disattendendo la tesi secondo cui il silenzio rifiuto non si sarebbe formato in considerazione della pendenza di un procedimento penale cha aveva comportato, fra l’altro, il sequestro giudiziario delle istanze medesime.

Nel merito è stato poi rilevato che le eccezioni dell’Ufficio circa l’insussistenza del diritto al rimborso non potevano essere esaminate, in quanto sollevate per la prima volta in appello, avendo l’Ufficio, nella contro-deduzioni depositate in primo grado, eccepito esclusivamente l’inammissibilità del ricorso.

3. Per la cassazione di tale decisione l’Agenzia delle Entrate propone ricorso, affidato a quattro motivi, cui resiste con controricorso la soc. Oddo & Cie, incorporante di Banque d’Orsay.

Proc. n. 22299/13.

4. Con sentenza n. 107/1/11 la CTP di Pescara dichiarava inammissibile il ricorso proposto da Banque d’Orsey avverso il provvedimento di diniego parziale del rimborso dalla stessa richiesto ai sensi della Convenzione Italo francese in materia di doppie imposizioni, con domanda di restituzione degli importi già versati per il medesimo titolo.

5. Con la sentenza indicata in epigrafe la CTR di Pescara ha accolto l’appello proposto dalla contribuente, rilevando in primo luogo la tempestività del ricorso ed osservando che, a prescindere dalle istanze di rimborso sulle quali si era formato il silenzio rifiuto, impugnato separatamente dalla società, doveva accogliersi, quanto alla restituzione, l’eccezione di prescrizione decennale sollevata dalla Banca.

6. Per la cassazione di tale decisione l’Agenzia delle Entrate propone ricorso, affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso la soc. Oddo & Cie, incorporante di Banque d’Orsay.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente va disposta la riunione dei procedimenti sopra indicati, tanto in considerazione della connessione soggettiva, quanto in relazione alla evidenziata comunanza dei temi trattati.

2. Nel procedimento n. 22177/13 l’Agenzia delle Entrate ha dedotto i seguenti motivi:

a) violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, artt. 19 e 62 e dell’art. 176 cod. proc. civ., comma 2, con riferimento all’art. 10, par. 4, della Convenzione fra Francia e Italia per evitare le doppie imposizioni: la sentenza impugnata avrebbe omesso di rilevare l’improcedibilità sopravvenuta dell’impugnazione avverso il silenzio rifiuto per essere stato successivamente emesso ed impugnato il provvedimento di diniego, anzi avrebbe, sia pure implicitamente, affermato che lo stesso sarebbe stato emesso in carenza di potere, per essere intervenuta al riguardo, nei confronti dell’amministrazione, una sorta di decadenza. Tale ipotesi, richiamata la giurisprudenza amministrativa in tema di “silenzio inadempimento”, non troverebbe alcun riscontro nel diritto positivo (essendo, anzi, contraddetta dall’art. 117 cod. proc. amm., comma 5), e, quindi, ribadita la legittimità del provvedimento di diniego espresso, si è sostenuto che l’impugnazione dello stesso avrebbe determinato l’improcedibilità del primo provvedimento.

b) In ogni caso la CTR avrebbe dovuto procedere alla riunione dei giudizi, ai sensi dell’art. 273 cod. proc. civ..

c) Con il terzo mezzo si deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 57 e 62, in relazione alla declaratoria di inammissibilità, nella sentenza impugnata, del motivo concernente la violazione dell’art. 2697 cod. civ., trattandosi non di eccezione in senso stretto, ma di questione attinente al fondamento della domanda.

d) La quarta censura attiene all’omesso esame di un fatto decisivo, vale a dire il contenuto delle contestazioni, svolte mediante il richiamo al p.v.c. redatto in merito alle domande di rimborso, con riferimento al ruolo di mera intermediaria svolto dalla banca.

2.1. Nel procedimento n. 22299/2013 sono stati dedotti i seguenti motivi:

a) Violazione dell’art. 10 della Convenzione fra Italia e Francia intesa ad impedire le doppie imposizioni e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19: vengono svolte argomentazione analoghe a quelle relative al primo motivo dell’altro ricorso, nel senso che l’amministrazione non sarebbe decaduta dal potere di provvedere.

b) Come corollario della tesi sopra esposta, si denuncia violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per aver la CTR omesso di pronunciarsi in merito alle ragioni ostative alla fondatezza della domanda di rimborso.

c) Con il terzo mezzo, denunciandosi violazione degli artt. 2935 e 2946 c.c., in relazione all’art. 2033 cod. civ., si sostiene che erroneamente la prescrizione del diritto alla ripetizione delle somme versate sarebbe stata calcolata a partire dalle date delle istanze di rimborso, e non già da quelle relative al pagamento effettivo delle somme stesse.

3. Le questioni attinenti al rapporto fra i due giudizi, così come dedotte in entrambi i ricorsi, vanno esaminate congiuntamente.

Ritiene il Collegio che, pur dovendosi condividere le argomentazioni intese a dimostrare che la formazione del silenzio rifiuto, e la sua conseguente impugnazione, non abbiano privato l’amministrazione del potere di pronunciarsi sulle domande (come dimostrato, a tacer d’altro, dalla decorrenza del termine decennale di prescrizione per far valere il diritto dopo la presentazione dell’istanza di rimborso), deve rilevarsi che non appare condivisibile la tesi secondo cui l’impugnazione del diniego espresso abbia determinato l’improcedibilità dell’impugnazione, già proposta, avverso il silenzio rifiuto. In realtà, attesa l’impossibilità di applicare, nel processo tributario e, quindi, in quello civile ordinario, cui rinvia espressamente il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, l’istituto dei motivi aggiunti, la parziale coincidenza delle questioni introdotte con i due ricorsi non determina nè l’improcedibilità (sopravvenuta) del primo giudizio, nè l’esclusione della necessità di impugnare il diniego esplicito e, conseguentemente, di pronunciare al riguardo. Deve quindi ribadirsi che, qualora due cause siano pendenti davanti allo stesso ufficio giudiziario, non potendo sorgere, unico essendo l’organo giudicante, alcuna questione di competenza per litispendenza o continenza, le quali presuppongono la contemporanea pendenza di causa davanti ad uffici giudiziari diversi, detta contemporanea pendenza, innanzi al medesimo giudice di procedimenti relativi alla stessa causa può dare luogo a provvedimenti di riunione, i quali, attesa la loro natura ordinatoria, non sono suscettibili di impugnazione.

Ove, pur ricorrendone i presupposti, non si faccia luogo alla riunione, non ne conseguono peraltro effetti negativi in ordine agli atti compiuti e ai provvedimenti conclusivi dei rispettivi procedimenti, atteso che le cause mantengono la loro individualità (anche all’esito dell’eventuale riunione) e che la riunione può essere d’altro canto disposta anche di ufficio, pure in sede di legittimità (Cass. 19 luglio 2004 n. 13348; Cass. ord. 21 aprile 2010 n. 9510; Cass., 11 settembre 2010 n. 19411).

Eventuali contrasti fra i giudicati in ogni caso possono risolversi in base alle norme che regolano tale aspetto: la riunione disposta in questa sede è intesa ad ovviare a tale inconveniente, pur senza pregiudicare l’obbligo, facente capo alla CTR di pronunciarsi in merito ai ricorsi proposti.

4. Sotto tale profilo deve rilevarsi l’infondatezza del rilievo secondo cui il merito della vicenda non avrebbe potuto essere esaminato sol perchè nel primo grado del giudizio l’amministrazione avrebbe sollevato soltanto questioni in merito all’ammissibilità del ricorso: al di là della natura assorbente di tale rilievo, è agevole constatare che non si tratta di eccezioni in senso stretto, ma di questioni che in ogni caso il giudice del merito aveva il dovere di esaminare, in quanto attinenti alla fondatezza della domanda.

In maniera del tutto speculare rispetto all’infondatezza del primo ricorso nella parte in cui si invoca l’improcedibilità dell’impugnazione del silenzio rifiuto in conseguenza di quella, successiva, del provvedimento di diniego, deve affermarsi l’erroneità della tesi, sostenuta nella sentenza n. 178 del 2013, della non impugnabilità, sotto ogni profilo, del provvedimento di diniego. Va quindi ribadito il dovere della Commissione di pronunciare al riguardo.

In conclusione, vanno rigettati i primi due motivi del ricorso nel proc. n. 22177 del 2013, nella parte in cui si deduce l’improcedibilità del ricorso e l’illegittimità dell’omessa adozione del provvedimento di riunione: il ricorso, cosi come quello relativo al proc. n. 22293/13, quanto alle speculari questioni attinenti al rito, va accolto nel resto.

5. Del pari fondata è la censura relativa all’erroneità del rilievo in tema di prescrizione dell’azione di ripetizione, dovendosi richiamare il consolidato orientamento secondo cui la prescrizione dell’azione di ripetizione di indebito (salva l’ipotesi in cui l’accertamento dell’indebito stesso sia divenuto definitivo in un memento successivo) decorre dalla data del pagamento (Cass., 9 dicembre 2016, n. 25270; Cass., 19 aprile 2016, n. 7749; Cass., 3 dicembre 2015, n. 24628).

6. Le sentenze suddette vanno quindi cassate in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla CTR dell’Abruzzo, che, in diversa composizione, applicherà i principi sopra indicati, provvedendo, altresì, in merito alle spese relative al presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Riunisce al ricorso n. 22177/13 il ricorso n. 22299/13. Rigetta, nei sensi di cui in motivazione, il primo e il secondo motivo del ricorso n. 22177/13; accoglie il terzo e il quarto nonchè il ricorso n. 22299/13. Cassa le sentenza impugnate in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla CTR dell’Abruzzo, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 21 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018

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