LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. CONDELLO Pasqualina A. Piera – Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
W.S. GMBH & CO KG in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 288, presso lo studio dell’avvocato REGGIO D’ACI MICHELA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato HOLZEISEN RENATE giusta delega a margine;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 97/2010 della COMM. TRIBUTARIA 2^ GRADO di BOLZANO, depositata il 31/12/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/02/2018 dal Consigliere Dott. FEDERICI FRANCESCO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa ZENO IMMACOLATA che ha concluso per l’accoglimento per quanto di ragione del 2^ motivo e in subordine il 6^ motivo di ricorso;
udito per il ricorrente l’Avvocato PELUSO che ha chiesto l’accoglimento dell’intero ricorso;
udito per il controricorrente l’Avvocato REGGIO D’ACI che ha chiesto il rigetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 97/1/10, depositata il 31.12.2010 dalla Commissione Tributaria di 2^ Grado di Bolzano.
Ha riferito che a seguito di verifica della Guardia di Finanza erano notificati alla Wilhelm Schwenker Gmbh & Co Kg tre avvisi di accertamento, per imposte dirette, Irap e Iva relative agli anni 2002, 2003 e 2004, attribuiti alla società quale stabile organizzazione di quella sedente in *****. Gli avvisi erano notificati il 27.12.2007; il 12 febbraio 2008 la contribuente presentava una istanza, a mezzo fax, lettera raccomandata, e posta elettronica proveniente dalla studio Rimbl Holzeien & Partners, con la quale, oltre a chiedere la notifica dell’atto impositivo ai legali rappresentanti della società in Germania, e non presso il signor L.R., individuato dall’Ufficio quale legale rappresentante della stabile organizzazione in Italia, eccepiva la nullità degli atti notificati ai sensi del D.P.R. n. 574 del 1988, art. 8 perchè redatti in lingua italiana, richiedendo invece la traduzione in lingua tedesca. Su quest’ultima richiesta l’Agenzia, rispondendo all’indirizzo di posta elettronica, osservava che l’eccezione di nullità dell’atto ai sensi della D.P.R. n. 574 cit. era tardiva.
Seguiva l’impugnazione degli atti impositivi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Bolzano, con la quale si eccepiva la nullità degli avvisi per non essere redatti in lingua tedesca nel termine di dieci giorni previsto dal cit. D.P.R. n. 574, art. 8, la nullità degli accertamenti per carenza di motivazione, l’infondatezza nel merito della pretesa per inesistenza di una stabile organizzazione in Italia, l’illegittimo recupero dell’iva. La CTP rigettava il ricorso. La Commissione Tributaria di 2^ grado di Bolzano, adita dalla società soccombente, dichiarava invece nulli gli atti impositivi per la mancata osservanza del procedimento previsto dal cit. D.P.R. n. 574, art. 10. In particolare sosteneva che gli avvisi non contenevano l’avvertimento del diritto del destinatario di ricorrere alla competente Autorità per ottenere la traduzione degli atti nella lingua tedesca, sicchè la istanza presentata ai sensi dell’art. 8 cit. non poteva considerarsi tardiva.
L’Agenzia si duole:
con il primo motivo del difetto di giurisdizione del giudice tributario, per essere il procedimento previsto e disciplinato dal D.P.R. n. 574 del 1988, artt. 8 e 10 nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo della sezione autonoma di Bolzano;
con il secondo motivo della violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per non aver ritenuto nuovo motivo, sollevato per la prima volta in grado d’appello, la violazione dell’obbligo di informazione sul diritto di adire l’Autorità per la nullità dell’atto non redatto in lingua tedesca ai sensi dell’art. 8 cit.;
con il terzo motivo della violazione e falsa applicazione del cit. D.P.R. n. 574 del 1988, artt. 7,8 e 10, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver considerato che la disciplina suddetta riguardava esclusivamente le persone fisiche cittadine di lingua tedesca, destinatarie di provvedimenti e comunicazioni delle autorità, e non le società;
con il quarto motivo della violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8 e 10 cit. in relazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver considerato che il diritto alla redazione degli atti in tedesco ha per presupposto il possesso della cittadinanza italiana e l’appartenenza all’area linguistica tedesca, laddove nel caso di specie si trattava di società tedesca, con rappresentanti di cittadinanza tedesca;
con il quinto motivo del difetto di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver trascurato il giudice d’appello di verificare la carenza dei requisiti previsti dall’art. 8 cit., in ordine alla cittadinanza italiana di colui che ha formulato l’istanza;
con il sesto motivo della violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 574 del 1988, art. 10 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver ritenuto che il mancato esperimento del rimedio ex art. 10 cit. comporti la sanatoria della nullità eventualmente verificatasi;
con il settimo motivo della violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 574 del 1988, artt. 7, 8 e 10 e della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente statuito l’obbligo della pubblica amministrazione di indicare in ogni provvedimento il diritto dell’interessato all’eccezione di nullità di cui all’art. 8 cit.;
con l’ottavo motivo della violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che l’omessa indicazione del diritto a sollevare l’eccezione di nullità costituisse una nullità dell’atto e non una mera irregolarità meramente impeditiva di preclusioni processuali a seguito del suo mancato rispetto.
I motivi dal terzo all’ottavo erano subordinati al mancato accoglimento dei primi due. Chiedeva in conclusione la cassazione della sentenza impugnata.
Si costituiva la società contribuente, che contestava gli avversi motivi di ricorso evidenziando che le conclusioni cui il giudice regionale era pervenuto, dopo aver affermato la propria giurisdizione e aver ritenuto irrilevante la tardiva richiesta di nullità dell’atto non redatto in tedesco, per mancanza dell’avvertimento del diritto all’esperimento del rimedio di cui all’art. 8 cit., erano corrette alla luce della disciplina vigente e dell’inerte silenzio tenuto dalla P.A., sicchè corretta era la declaratoria di nullità degli atti.
All’udienza pubblica del 14 febbraio 2018, dopo la discussione, il P.G. e le parti concludevano. La causa era trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso, con il quale l’Amministrazione eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice tributario, per essere la controversia relativa alla applicazione del D.P.R. n. 574 del 1988, artt. 8 e 10 nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo della sezione autonoma di Bolzano, è inammissibile perchè sulla questione si è ormai formato il giudicato interno. A tal fine questa Corte ha anche di recente affermato che il giudicato interno sulla giurisdizione si forma tutte le volte in cui il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando anche implicitamente la propria giurisdizione, e le parti abbiano prestato acquiescenza a tale statuizione, non impugnando la sentenza sotto questo profilo, sicchè non può validamente prospettarsi l’insorgenza sopravvenuta di una questione di giurisdizione all’esito del giudizio di secondo grado, perchè tale questione non dipende dall’esito della lite, ma da due invarianti primigenie, costituite dal “petitum” sostanziale della domanda e dal tipo di esercizio di potere giurisdizionale richiesto al giudice (Sez. U, sent. 10265/2018; 28503/2017; Sez. 3, sent. 19498/2017). Nel caso di specie, a fronte delle lamentele sollevate dalla contribuente sulla mancata applicazione del cit. D.P.R. n. 574, art. 8, è pacifico che la Commissione di 1^ Grado si fosse pronunciata nel merito, rigettando il ricorso, senza che l’Amministrazione avesse eccepito dinanzi a quel giudice questione di giurisdizione; nè sul punto la sentenza di quel giudice è stata oggetto di appello per difetto di giurisdizione.
Infondato è anche il secondo motivo, con il quale l’Agenzia si duole dell’errore processuale in cui il giudice regionale sarebbe incorso per non aver ritenuto nuovo motivo, sollevato per la prima volta in appello, la violazione dell’obbligo di informazione sul diritto di adire l’Autorità per la nullità dell’atto non redatto in lingua tedesca ai sensi dell’art. 8 cit.
Dallo stesso ricorso emerge che la contribuente aveva invocato la violazione della disciplina dettata dal D.P.R. n. 574 cit. in materia di diritto all’utilizzo della lingua tedesca nei rapporti dei cittadini appartenenti a quella minoranza linguistica con la pubblica amministrazione. L’Agenzia sul punto si era difesa denunciando la tardività, ben oltre i termini previsti dall’art. 8 cit., della sollevata eccezione di nullità. La sentenza di primo grado, rigettando il ricorso della contribuente, aveva con evidenza aderito alla prospettazione difensiva dell’Amministrazione. A fronte della decisione del giudice provinciale invocare pur sempre la nullità degli atti impositivi per la mancata applicazione della suddetta disciplina, sotto lo specifico profilo della violazione dell’obbligo di informazione sul termine entro cui ricorrere e dell’Autorità alla quale ricorrere per la tutela prevista dall’art. 8 (al fine della traduzione in lingua tedesca dell’atto amministrativo) non costituisce un nuovo motivo di ricorso, per petitum (nullità degli atti impositivi) e causa petendi (violazione della disciplina relativa alla tutela delle minoranze linguistiche avverso gli atti amministrativi e giudiziari). Con esso infatti la contribuente ha sostenuto che l’eccezione da essa sollevata non era tardiva – perchè inutilmente decorsi i dieci giorni previsti dalla disciplina, come sostenuto dalla Amministrazione ed affermato dal giudice di primo grado – perchè mancava negli atti impositivi l’avvertenza della possibilità di ricorrere alla procedura disciplinata nel cit. D.P.R. n. 574, art. 8, e segg., sicchè il termine breve non aveva mai cominciato a decorrere.
I motivi dal terzo all’ottavo, articolati in via subordinata, sono riferibili ai presupposti richiesti per l’applicabilità della disciplina dettata dal D.P.R. n. 574 cit. e alle conseguenze dell’omesso avvertimento della procedura per l’utilizzo della lingua tedesca.
La disciplina introdotta con D.P.R. n. 574 del 1988 prevedeva (e prevede) all’art. 1 l’uso della lingua tedesca nei rapporti del cittadino appartenente a quella minoranza linguistica con le pubbliche amministrazioni e gli uffici giudiziari. L’art. 7 dispone l’utilizzo di questa lingua nella redazione degli atti e provvedimenti. L’art. 8 prevede che ove non sia utilizzato il tedesco il destinatario dell’atto possa sollevare, senza formalità, eccezione di nullità alla Amministrazione, ciò nel termine perentorio di dieci giorni dal momento in cui ne ha avuto notizia o dalla comunicazione o notificazione dell’atto medesimo. L’eccezione va sollevata all’organo amministrativo, che nei successivi dieci giorni, se presenti le condizioni prescritte dalla legge (sostanzialmente rivolte a dimostrare l’appartenenza al gruppo linguistico – art. 9 -), riproduce l’atto in tedesco, mentre, se ritiene insussistenti le condizioni, rigetta l’istanza. L’art. 10 prevede che “In caso di rigetto della eccezione di cui all’art. 8, l’interessato può ricorrere entro il termine di dieci giorni dalla comunicazione, alla sezione autonoma di Bolzano del tribunale regionale di giustizia amministrativa al fine di fare pronunciare la nullità dell’atto, del provvedimento, della comunicazione o della notificazione per violazione, da parte dell’organo, dell’ufficio o del concessionario, delle disposizioni di cui agli artt. 8 e 9.”. Nell’ipotesi in cui l’Amministrazione adita dall’interessato nel prescritto termine di dieci giorni non abbia dato risposta all’eccezione di nullità, l’art. 8, comma 8 prevede che l’atto notificato o comunicato diventi inefficace.
In sintesi la normativa, anche quella vigente ratione temporis, prevede, nella ipotesi di notifica o comunicazione di un atto amministrativo o giudiziario in lingua italiana, che nei successivi dieci giorni il destinatario possa sollevare eccezione di nullità dell’atto; nei successivi dieci giorni l’Amministrazione ha l’obbligo di rispondere, redigendo il medesimo atto in lingua tedesca ove riconosca i requisiti dell’istante, oppure rigettando l’eccezione. Nell’ipotesi di rigetto l’interessato può adire il giudice amministrativo per la declaratoria di nullità dell’atto. Quando invece l’Amministrazione non da alcuna risposta, l’atto notificato o comunicato diventa inefficace.
Nel caso di specie risulta incontestato che negli atti impositivi mancava l’avvertimento della possibilità di ricorrere alla procedura prevista dall’art. 8; che dopo la notifica degli avvisi di accertamento, avvenuta il 27.12.2007, la contribuente, in data 12.2.2008, sollevò istanza di nullità degli atti perchè redatti in lingua italiana. Nel ricorso l’Agenzia afferma di aver risposto eccependo il ritardo della istanza, ma tale risposta è negata dalla controparte e non trova alcun riscontro negli atti.
Questi i dati, con i motivi terzo, quarto e quinto l’Agenzia si duole che il giudice regionale non abbia avvertito che la società contribuente non aveva i requisiti per veder riconosciuto il diritto alla traduzione dell’atto in lingua tedesca (sotto molteplici profili). I motivi non colgono nel segno. La sentenza ha accolto la domanda della contribuente perchè gli atti impositivi non contenevano l’avvertenza sulla possibilità di adire il procedimento ex art. 8 cit.. Ogni valutazione in ordine alla sussistenza o meno dei presupposti per il diritto di redazione dell’atto in lingua tedesca esulava dalla decisione del giudice tributario. La normativa prevede anzi una riserva di giurisdizione del giudice amministrativo per l’ipotesi in cui formalmente l’Amministrazione rigetti l’eccezione di nullità sollevata dal contribuente-destinatario dell’atto (art. 10; cfr. inoltre il citato Consiglio di Stato, sent. n. 3508/2000).
Il sesto motivo, con cui si denuncia la erroneità della sentenza per non aver ritenuto che il mancato esperimento del rimedio ex art. 10 cit., ossia il ricorso al giudice amministrativo, comporti la sanatoria della nullità eventualmente verificatasi, parimenti non coglie nel segno. Il giudice regionale, denunciando l’omessa comunicazione del procedimento cui ricorrere ai sensi dell’art. 8 cit., ha affermato l’esatto contrario, ossia che il contribuente non fosse stato messo nelle condizioni di adire tempestivamente l’Amministrazione al fine di attivare la procedura di redazione in lingua tedesca degli atti impositivi e quindi, per implicita consequenzialità, la tutela giurisdizionale prevista dall’art. 10. In tale ipotesi nessuna sanatoria è prospettabile.
Il settimo motivo è assorbito dal rigetto del sesto.
L’ottavo motivo, con il quale ci si duole della erroneità della sentenza che ha ritenuto affetto da nullità e non da irregolarità, meramente impeditiva di preclusioni processuali, l’atto impositivo nel quale sia stata omessa l’informazione sul diritto di sollevare eccezione di nullità per il mancato utilizzo della lingua tedesca, è infondato sebbene la motivazione vada integrata. Il giudice regionale, invocando la L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 4, ha sostenuto che l’omissione della avvertenza del diritto di adire il procedimento previsto dal D.P.R. n. 574 del 1988, art. 8, e segg., sia motivo di nullità degli avvisi di accertamento. In realtà dalla lettura complessiva della motivazione emerge con chiarezza che l’omessa informazione sui possibili rimedi, di natura amministrativa o anche giurisdizionale, posti a tutela della minoranza linguistica, mortificando la possibilità di sollevare l’eccezione di nullità dell’atto amministrativo non redatto in lingua tedesca, denuncia più in generale la ingiustificata limitazione degli strumenti procedimentali o processuali di difesa dei propri diritti. D’altronde l’invocazione di alcune pronunce del giudice amministrativo hanno inequivocamente tale finalità. In tale contesto non è l’omissione in sè dell’avvertimento obbligatorio la causa della nullità, tant’è che se il destinatario dell’atto volesse attivare il procedimento di tutela perchè ne è ugualmente venuto a conoscenza, l’atto notificato sarebbe sanato. Ciò che viene sanzionato dalla nullità nel caso che ci occupa è invece proprio la circostanza che la carenza dell’avvertimento non abbia messo il contribuente nelle condizioni di conoscere gli strumenti di difesa e dunque di attivarsi, quanto meno con tempestività. In questo senso la nullità dichiarata dalla sentenza è corretta.
D’altronde, per mera completezza, è emerso che sia pur tardivamente la contribuente aveva eccepito la nullità degli atti perchè redatti in italiano. A tale eccezione non si riscontra una risposta ricevuta dalla Amministrazione, o quanto meno di tale risposta non vi è prova. Ebbene, in questa ipotesi il cit. D.P.R. n. 574, art. 8, comma 10 prevede che, decorsi inutilmente dieci giorni, l’atto diventa inefficace.
In conclusione il ricorso è infondato e va rigettato.
La complessità della vicenda giustifica la compensazione integrale delle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 febbraio 2018.
Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018