LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M. G – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici in Roma, VIA DEI PORTOGHESI N. 12, è domiciliata;
– ricorrente –
contro
Olimpia s.r.l., in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al controricorso, dagli Avv.ti ROVEDA Angela e CAPOREALE Antonio Michele, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SARDEGNA N. 38, presso lo studio di quest’ultimo difensore;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale delle Marche, n. 8/1/12, depositata in data 24 gennaio 2012;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 luglio 2018 dal Consigliere Dott. TRISCARI Giancarlo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa SANLORENZO Rita che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
udito per l’Agenzia delle entrate l’Avvocato dello Stato DE BONIS Eugenio e per la società l’Avv. ROVEDA Angela.
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate ricorre con due motivi per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale delle Marche con la quale è stato rigettato l’appello da essa proposto avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Pesaro.
Il giudice di appello ha premesso, in punto di fatto, che: l’Agenzia delle entrate aveva emesso nei confronti della società contribuente un avviso di accertamento con il quale, relativamente all’anno di imposta 2005, aveva contestato la indebita deduzione di costi relativi a prestazioni ricevute dalla Tecnotex di V. M. per l’attività di assistenza e allestimento mostre e per l’acquisto di “listelli di faggio” dalla V. & C. s.a.s.; il suddetto atto impositivo era stato impugnato dalla società contribuente dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Pesaro che accoglieva il ricorso; avverso la suddetta pronuncia aveva proposto appello l’Agenzia delle entrate, nel contraddittorio con la contribuente.
La Commissione tributaria regionale delle Marche ha rigettato l’appello.
In particolare, ha ritenuto che: l’atto impositivo era viziato da difetto di motivazione, non essendo in esso indicati gli elementi contestati nè riprodotto il contenuto essenziale degli atti richiamati per relationem consistenti nel p.v.c. redatto a carico di un soggetto diverso e non reso noto alla contribuente; per quanto riguarda la contestazione relativa alla deduzione di costi non deducibili per operazioni inesistenti, gli stessi (sostenuti a favore della ditta Tecnotex di V. a titolo di servizio di manutenzione e assistenza alle mostre cui la contribuente partecipava in varie parti d’Italia) erano inerenti all’attività svolta; sussistevano elementi di prova che la Tecnotex di V. fosse un soggetto esistente, tenuto conto della iscrizione alla Camera di Commercio, dell’inerenza all’oggetto sociale, della presenza di collaboratori esterni e di banche presso cui appoggiare il consistente volume di affari; non risultava, inoltre, allegato il p.v.c. redatto nei confronti della suddetta ditta Tecnotex; circa le fatture di acquisto di listelli di faggio dalla V. s.a.s., le stesse erano regolari e relative a operazioni effettivamente esistenti e inerenti.
Avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso l’Agenzia delle entrate, affidato a due motivi di censura.
La Olimpia s.r.l., in liquidazione, si è costituita depositando controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio.
In particolare, la ricorrente lamenta che il giudice di appello, pronunciandosi sulla questione del difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, non ha esplicitato l’iter logico seguito al fine di pervenire alla considerazione che lo stesso non riproduceva il contenuto essenziale degli atti in esso richiamati e, inoltre, non ha tenuto conto che nel suddetto atto impositivo erano stati specificamente indicati, per ciascuna delle riprese a tassazione, gli elementi di fatto e di diritto su cui le stesse si fondavano.
In particolare, con riferimento ai costi fittizi relativi a prestazioni ricevute dalla Tecnotex di V., l’avviso di accertamento precisava che la pretesa era da riferirsi a prestazioni inesistenti e che, inoltre, dal foglio 44 del p.v.c. risultava che in allegato era stata notificata la copia informatica del processo verbale di constatazione a carico della ditta Tecnotex del 23 febbraio 2006.
Il motivo è fondato.
Il giudice di appello, nel definire la questione relativa alla motivazione dell’atto di accertamento, ha precisato che doveva rilevarsi, nella fattispecie, che in esso non erano indicati gli elementi contestati nè risultava indicato il contenuto essenziale degli atti, richiamati per relationem, sconosciuti alla contribuente e redatti a carico di terzi soggetti.
Il suddetto percorso argomentativo, tuttavia, è insufficiente, in quanto si limita, genericamente, a dare atto della mancata indicazione dei suddetti elementi essenziali, senza tuttavia dar conto della non rilevanza dei diversi elementi che risultano espressamente indicati nell’avviso di accertamento.
Dall’esame, in particolare, del suddetto atto si evince che: per quanto riguarda la contestazione relativa ai costi relativi alle prestazioni ricevute dalla Tecnotex di V., era stato specificamente indicato sia la misura dell’importo ripreso a tassazione che la contestazione della inesistenza delle operazioni e che, con riferimento alla prestazioni ricevute dalla V. & C. s.a.s., era stata contestata l’inesistenza della società, in quanto cessata in data 5 marzo 1987.
Va precisato, a tal proposito, che secondo questa Corte, il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè la citata norma non conferisce alla Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, a tale scopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (ex plurimis, da ult. Cass. nn. 27162 del 2009, 6288 del 2011).
Nella fattispecie, risulta che la sentenza del giudice di appello si è limitata a negare la sufficienza della motivazione dell’avviso di accertamento, senza tuttavia indicare su quali presupposti si è fondato il proprio convincimento e, in particolare, senza tenere conto dei diversi rilievi contenuti nel suddetto atto, sopra descritti, particolarmente significativi ai fini della corretta valutazione della esistenza della motivazione.
L’affermazione, contenuta nella sentenza, del difetto di motivazione dell’atto impugnato in quanto mancante degli elementi essenziali, senza alcuna ulteriore specificazione e riferimento ai suddetti rilievi non consente di dirsi correttamente chiarito il percorso logico seguito ai fini della valutazione operata.
Sotto tale profilo, la pronuncia risulta viziata per insufficiente motivazione sul punto in esame.
Con il secondo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio.
In particolare, la ricorrente lamenta che il giudice di appello non ha tenuto conto che il fatto decisivo e controverso per il giudizio risiedeva nella sussistenza di elementi di prova sufficienti per accertare l’inesistenza delle operazioni intercorse tra la contribuente e la ditta individuale Tecnotex di V. M. e la V. & C. s.a.s., e che i suddetti elementi di prova erano stati del tutto pretermessi dal giudice di appello, che si era limitato a valorizzare circostanze del tutto irrilevanti, quali l’inerenza dei costi e l’avere la Tecnotex di V. M. una struttura in astratto idonea a svolgere le attività di cui alle fatture.
Il motivo è fondato.
Va premesso che, secondo il consolidato orientamento di questa Suprema Corte, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che prevede l'”omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione”, come riferita ad “un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, comporta che la motivazione omessa o insufficiente è configurabile qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento (Cass. civ. Sez. 5^, 11 aprile 2018, n. 8913).
Si è, in particolare, precisato che per fatto decisivo e controverso deve intendersi un vero e proprio fatto, non una “questione” o un “punto”, posto che l’art. 360 c.p.c. (nella parte in cui prevedeva l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia) è stato modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006 nel senso, appunto, che l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve riguardare un fatto controverso e decisivo. La modifica non può essere ritenuta puramente formale e priva di effetti: il fatto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 è perciò un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, ossia un fatto principale, ex art. 2697 c.c. (cioè un “fatto” costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) o anche, secondo parte della dottrina e giurisprudenza, un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo.
Ciò premesso, la questione di fondo di questa controversia, in relazione al profilo in esame, atteneva alla verifica della legittimità della pretesa in relazione a costi dedotti per operazioni inesistenti. La pronuncia oggetto di censura, pur motivando sul punto, ha ritenuto infondata la ripresa ragionando sulla sola base della inerenza dei costi nonchè sulla effettiva esecuzione delle prestazioni e sulla ritenuta esistenza della ditta Tecnotex di V. e della V. & C. s.a.s..
Sotto tale profilo, se, da un lato, la questione dell’inerenza dei costi non costituisce aspetto conferente alla verifica da compiere ai fini della decisione della controversia, d’altro lato, proprio con riferimento all’accertamento dell’effettiva esecuzione delle prestazioni rese dalla ditta Tecnotex di V. con cui la contribuente ha avuto rapporti commerciali, non risulta che il giudice di appello abbia tenuto conto di elementi, pur prospettati dall’Ufficio finanziario, che avrebbero potuto assumere rilevanza, quali: le condizioni di salute del titolare della ditta V.; il mancato ritrovamento di beni strumentali dell’impresa; la mancata presentazione delle dichiarazioni dei redditi e Iva per l’anno 2003; la dichiarazione del V. della diversità dell’attività effettivamente svolta rispetto a quello oggetto del contratto stipulato; la condanna penale del V. per emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Per quanto riguarda, poi, le operazioni rese dalla V. s.a.s., nessuna specifica considerazione di diversi elementi prospettati dall’Agenzia delle entrate risulta compiuta dal giudice di appello, quali: la circostanza che la V. & C. s.a.s. era cessata sin dal 1987 e la circostanza che le targhe utilizzate dai presunti vettori delle merci erano risultate inesistenti.
Si tratta, a ben vedere, di un complesso di elementi non presi in considerazione dal giudice di appello che, ove adeguatamente valutati dal giudice del merito, assumono rilevanza ai fini della verifica della legittimità della pretesa dell’Ufficio finanziario, in quanto introducono la necessità di verificare se la ditta V. s.a.s. fosse nelle condizioni, strutturali e organizzative, di eseguire le prestazioni e se la V. & C. s.a.s. fosse un soggetto effettivamente esistente, al di là di profili meramente formali, considerati dal giudice di appello, quale l’iscrizione alla Camera di commercio ovvero la esistenza delle fatture.
Non si tratta, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa della controricorrente, di procedere ad un ulteriore esame nel merito degli stessi elementi valutati dal giudice di appello, ma di una non sufficiente motivazione, non avendo la sentenza tenuto conto di fatti decisivi per il giudizio, secondo quanto sopra evidenziato, avendo fatto unicamente riferimento alla contestazione della non regolare tenuta della contabilità o all’equivoco comportamento fiscale del V..
In realtà, sul punto in esame il giudice di appello si è limitato a motivare sulla questione della effettiva esistenza delle operazioni svolte dalla Tecnotex di V. nonchè della esistenza della V. s.a.s. sulla base di profili meramente formali, senza pronunciarsi sui diversi elementi dedotti dall’Agenzia delle entrate, sopra indicati, decisivi ai fini del giudizio.
Per quanto sopra esposto, la sentenza impugnata è viziata per insufficiente motivazione non avendo tenuto conto di una serie di elementi, sopra indicati, che avrebbero potuto condurre a una diversa valutazione.
Il ricorso è, pertanto, fondato, con conseguente cassazione della sentenza e rinvio alla Commissione tributaria regionale, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.
Preme evidenziare, inoltre, che al caso di specie (attinente come si è detto ad accertamento di operazioni soggettivamente e oggettivamente inesistenti), ricorrendone le condizioni, va applicato d’ufficio, limitatamente all’accertamento delle imposte sui redditi, lo ius superveniens di cui al D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 8, comma 1 e 2,(convertito dalla L. 26 aprile 2012, n. 44) (cfr. Cass. n. 2064 del 2016), sicchè il giudice del rinvio dovrà procedere, nell’esaminare la questione di merito conseguente all’accoglimento del ricorso, anche al suddetto accertamento.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale delle Marche, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 13 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018