Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.26430 del 19/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. BERNAZZANI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che le rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SOGEPA GENERALE PARTECIPAZIONI SPA IN LIQUIDAZIONE, FATA ENGINEERING SPA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA OTTAVIANO 42, presso lo studio dell’avvocato LO GIUDICE BRUNO, rappresentati e difesi dall’avvocato SERA GIUSEPPE;

– controricorrenti –

e contro

FATA GROUP SPA IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 33/2010 della COMM. TRIB. REG. di TORINO, depositata il 14/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/05/2018 dal Consigliere Dott. FEDERICI FRANCESCO.

CONSIDERATO

che:

l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 33/34/10, depositata il 14.05.2010 dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte.

Premettendo che la pronuncia impugnata aveva deciso su tre appelli avverso altrettante sentenze emesse dalla Commissione Tributaria Provinciale di Torino, relative a due società, la Fata Engineering s.p.a. e la Fata Group s.p.a., ha riferito che: a) in data 16.06.2003 la Fata Engineering aveva presentato la dichiarazione modello 2003 – di definizione dei ritardati od omessi versamenti L. n. 289 del 2002, ex art. 9 bis, con rateizzazione dei pagamenti, dei quali versava l’importo iniziale di Euro 6.000,00, ometteva il versamento della seconda rata, che però indicava tra i versamenti ritardati od omessi nella dichiarazione – modello 2004 – sempre ai sensi dell’art. 9 bis cit., infine versava regolarmente le residue due rate; b) in data 27.05.2004 presentava la dichiarazione ex art. 9 bis modello 2004, rateizzando anche gli importi ivi indicati; anche in questo caso, dopo l’iniziale versamento di Euro 18.000,00, versava in ritardo la seconda rata, ricorrendo all’istituto del ravvedimento operoso, versava tempestivamente la terza, versava infine la quarta, in misura inferiore al dovuto e con codice tributo errato; c) in data 11.02.2006 l’Agenzia notificava alla contribuente il diniego della definizione ex art. 9 bis presentata il 16.03.2003; d) nella stessa data notificava anche il diniego relativo alla definizione dei ritardati ed omessi versamenti presentata il 27.05.2004; e) negli anni 2006 e 2007 oltre ai dinieghi era notificata la cartella esattoriale n. *****, emessa per il recupero delle imposte dovute a seguito del controllo automatizzato D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis; f) analogamente in data 16.06.2003 l’altra società, denominata Fata Group, presentava la dichiarazione modello 2003 per la definizione dei ritardati od omessi versamenti ex art. 9 bis cit., optando per la rateizzazione, provvedendo però al corretto versamento della prima, omettendo il versamento della seconda, che però al pari dell’altra società indicava tra i versamenti in ritardo od omessi della dichiarazione modello 2004 presentata nell’anno successivo, tempestivamente la terza e la quarta; g) in data 27.05.2004 presentava il modello 2004 di definizione ex art. 9 bis cit., optando anche in questo caso per il versamento rateale, regolarmente versando la prima rata, in ritardo la seconda – cui provvedeva con il ravvedimento operoso-, tempestivamente la terza, con importo inferiore e con codice tributo errato la quarta, h) in data 5.12.2006 l’Agenzia notificava anche alla Fata Group il diniego di definizione dei ritardati ed omessi versamenti ex art. 9 bis cit. presentata il 27.05.2004; i) analogo diniego era notificato relativamente alla definizione presentata il 16.06.2003; l) nel corso del 2006 e del 2007 erano notificati sia i dinieghi che, per quello che qui interessa, la cartella esattoriale n. *****.

Premettendo ancora che l’oggetto del giudizio aveva dunque ad oggetto, quanto alla Fata Engineering, il diniego di condono notificatole l’1.02.2006 e la cartella esattoriale n. ***** relativamente alla dichiarazione Unico 2002 per i redditi 2001 e, quanto alla Fata Group, la cartella esattoriale n. ***** relativa alla dichiarazione Unico 2002 per i redditi 2001, riferiva che la Commissione Tributaria Provinciale con tre distinte sentenze accoglieva i ricorsi delle contribuenti. La Commissione Tributaria Regionale adita dalla Agenzia, riunendo gli appelli, con la sentenza ora oggetto di impugnazione confermava le statuizioni del giudice di primo grado, affermando che il pagamento della prima rata, ancorchè una delle rate successive non fosse stata tempestivamente versata, produceva comunque la validità ed efficacia del condono ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis.

Avverso la sentenza l’Amministrazione propone ricorso con sei motivi:

con il primo per nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per l’insufficiente esposizione dei fatti pur complessi dell’intera vicenda e per l’affermazione di dati anche inesatti;

con il secondo – relativo al diniego della definizione ex art. 9 bis presentata il 27 maggio 2004 dalla Fata Engineering – per violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente sostenuto che tutte le forme di condono, compresa quella disciplinata dall’art. 9 bis cit., si perfezionano con il versamento della prima rata di condono;

con il terzo – subordinato al primo motivo e relativo alle due cartelle esattoriali – per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza, per non aver tenuto conto che le cartelle erano state impugnate non per vizi propri, ma solo per il difetto di presupposto, ossia per il diniego di condono;

con il quarto – subordinato al primo e al terzo e relativo alla cartella emessa nei confronti della Fata Engineering – per omessa pronuncia su un motivo di gravame ex art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, perchè erroneamente la sentenza impugnata si era limitata a statuire sulla istanza di definizione e non anche sulla validità o meno della cartella;

con il quinto – subordinato al primo e al terzo e sempre relativo alla cartella erariale emessa nei confronti della Fata Engineering – per omessa pronuncia su un motivo di gravame ex art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per essersi limitato il giudice regionale a respingere il gravame motivando solo in relazione alla validità della istanza di definizione, senza nulla argomentare sulla cartella esattoriale;

con il sesto – subordinato al primo, terzo, quarto, quinto motivo e relativo alle due cartelle – per violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che il condono previsto e disciplinato dall’art. 9 bis cit. fosse valido anche nella ipotesi di omesso o ritardato versamento di una delle rate.

Chiedeva pertanto la cassazione della sentenza.

Si costituiva la Fata Engineering s.p.a., che contestava le avverse motivazioni, chiedendo il rigetto del ricorso.

Si costituiva inoltre la SO.GE.PA. Società Generale di Partecipazioni s.p.a. quale incorporante la Fata Group, che parimenti contestava le avverse motivazioni, rilevando in ogni caso l’integrale pagamento delle imposte dovute e chiedendo il rigetto del ricorso.

Con comunicazione datata 6.07.2016 il difensore della Fata Engineering dichiarava l’avvenuta fusione per incorporazione della Fata Engineering nella SO.GE.PA. s.p.a..

Dopo un rinvio d’udienza perchè in corso trattative tra la Fata Engineering e l’Agenzia per la composizione stragiudiziale delle pendenze fiscali relative all’oggetto di causa, il giudizio era definito nell’adunanza camerale ex art. 380 bis c.p.c., comma 1.

RILEVATO

Che:

Preliminarmente deve darsi atto che tra l’Agenzia delle Entrate e la Fata Engineering è stato sottoscritto un accordo stragiudiziale, relativamente alla cartella n. *****, e limitatamente alla controversia relativa alla suddetta cartella risulta depositata la rinuncia parziale della Agenzia al ricorso, con previsione di compensazione delle spese.

Va dunque dichiarata cessata la materia del contendere tra l’Amministrazione e la Fata Engineering. Ne consegue che non andranno esaminati i motivi secondo, quarto e quinto, nonchè, con riferimento ai residui motivi, la posizione relativa alla Fata Engineering.

Esaminando quindi i motivi residuali della controversia, relativi alla cartella n. ***** notificata alla Fata Group, poi incorporata nella SO.GE.PA., ed in particolare il primo motivo, con il quale la ricorrente lamenta la nullità della sentenza per carenza della esposizione dei fatti di causa, va riconosciuto che nell’esposizione della vicenda il giudice regionale non ha rappresentato adeguatamente i fatti, non menzionandosi in alcun modo la Fata Group, ricostruendo invece la vicenda come integralmente riconducibile alla Fata Engineering; omettendo di indicare le cartelle di pagamento oggetto di contestazione; riconducendo il ricorso contro il ruolo 150232 alla Fata Engineering e non alla Fata Group.

Questa Corte ha ripetuta mente affermato che in ordine al contenuto della sentenza la previsione della concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa non costituisce un elemento meramente formale, bensì un requisito da apprezzarsi esclusivamente in funzione dell’intelligibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, la cui assenza configura motivo di nullità della sentenza quando non sia possibile individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione (cfr. Cass., ord. n. 920/2015; sent. n. 22845/2010).

In ogni caso può ritenersi che la carente esposizione dei fatti possa superare il vaglio di nullità se rapportato alla unitarietà ed al parallelismo delle vicende che hanno accompagnato il contenzioso delle due società con l’Amministrazione, unitamente ai dati riportati nella sentenza, ossia le tre pronunce appellate, emesse dalla CTP di Torino, l’indicazione delle due società contribuenti, l’indicazione delle due cartelle impugnate.

Esaminando invece, per il principio della ragione più liquida, il sesto motivo, esso è fondato e trova accoglimento.

Con il sesto motivo l’Agenzia ha infatti censurato l’errore di diritto in cui è incorsa la sentenza della Commissione Tributaria Regionale laddove ha ritenuto che il condono previsto e disciplinato dall’art. 9 bis cit. fosse valido anche nella ipotesi di omesso o ritardato versamento di una delle rate di pagamento. A tali conclusioni è pervenuta per applicazione analogica della disciplina prevista dalla L. n. 289 del 2002 per le altre forme di definizione delle pendenze fiscali (art. 7, comma 5, art. 8, comma 3, art. 9, comma 12, art. 16, comma 2). Al contrario l’Agenzia sostiene che quando il versamento delle rate successive alla prima avvenga in ritardo, o sia del tutto omesso, la parte decada dal beneficio della definizione ex art. 9 bis cit..

Ricostruendo la disciplina del condono fiscale, più correttamente delle forme di condono previste dalla legge menzionata, questa Corte anche di recente ha affermato che la definizione agevolata ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, comportante la non applicazione delle sanzioni relative al mancato versamento delle imposte o delle ritenute risultanti dalle dichiarazioni annuali presentate entro il 31 dicembre 2002, e per le quali il termine di versamento è scaduto anteriormente a tale data, si perfeziona solo se si provvede all’integrale pagamento del dovuto nei termini e nei modi previsti dalla medesima disposizione, attesa l’assenza di previsioni quali quelle contenute negli artt. 8, 9, 15 e 16 della medesima legge, che considerano efficaci le ipotesi di condono ivi regolate anche senza adempimento integrale, ma che sono insuscettibili di applicazione analogica, in quanto – come tutte le disposizioni di condono – di carattere eccezionale (da ultimo cfr. ord. n. 31133/2017; ma vedi, tra le tante, anche sent. n. 19546/2011; sent. n. 21364/2012; ord. n. 10650/2013; ord. 25238/2013).

Si è infatti sostenuto che le norme sui condoni fiscali, tutte derogatorie di quelle generali dell’ordinamento tributario, integrano sistemi compiuti di natura eccezionale (cfr. Cass., sent. n. 514/2002), perchè ciascuna delle ipotesi di definizione agevolata regolamentata nella L. n. 289 del 2009 costituisce disposizione (eccezionale) assistita da una propria specifica disciplina, di stretta interpretazione e non integrabile per via ermeneutica dalle norme generali dell’ordinamento tributario, nè da quelle dettate per altre forme di definizione, ancorchè contemplate dalla medesima legge.

In particolare l’art. 9 bis citato dispone al comma 1, per quanto interessa, che “Le sanzioni previste dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13, non si applicano ai contribuenti e ai sostituti d’imposta che alla data del 16 aprile 2003 – poi prorogata al 16 aprile 2004 – provvedono ai pagamenti delle imposte o delle ritenute risultanti dalle dichiarazioni annuali presentate entro il 31 ottobre 2002, per le quali il termine di versamento è scaduto anteriormente a tale data. Se gli importi da versare per ciascun periodo di imposta eccedono… la somma di 6.000 Euro, gli importi eccedenti, maggiorati degli interessi legali… possono essere versati in tre rate di pari importo”.

La norma prevede dunque semplicemente che le sanzioni non si applicano se entro un certo termine si provvede al pagamento delle imposte, pagamento che può, in alcuni casi, essere rateale. Pertanto, in assenza di disposizioni quali quelle di cui alla L. n. 289 del 2002, artt. 8,9 e 15 (prevedenti che “l’omesso versamento delle eccedenze entro le date indicate non determina l’inefficacia della definizione”) ovvero alla L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 2 (prevedente che “l’omesso versamento delle rate successive alla prima entro le date indicate non determina l’inefficacia della definizione”) deve ritenersi semplicemente che la non applicazione delle sanzioni si verifica solo se si provvede al pagamento (in unica soluzione o rateale che sia) delle imposte nei termini e nei modi di cui alla medesima disposizione, con la conseguenza che tale effetto non si verifica neppure parzialmente se il pagamento non interviene nei suddetti termini e modi. Peraltro, essendo l’istanza del contribuente elemento indefettibile del condono e motore dell’intera procedura, il perfezionamento di quest’ultima deve essere valutato in rapporto all’istanza suddetta, con la conseguenza che il mancato pagamento della somma integrale dovuta sulla base di detta istanza comporta l’inefficacia della medesima siccome formulata, con conseguente perdita – in mancanza di espresse contrarie previsioni – della possibilità di avvalersi della definizione agevolata. Ribadito peraltro che le previsioni di cui alla L. n. 289 del 2002, artt. 8,9,15 e 16citati non possono applicarsi in via analogica ad altre diverse forme di definizione, proprio la assenza di una espressa previsione di tale tenore nell’art. 9 bis costituisce un argomento a contrario di notevole spessore per affermare che, in ipotesi di condono diverse da quello contemplato nelle suddette, l’omesso versamento delle rate successive alla prima entro le date indicate determina l’inefficacia integrale della definizione (sent. n. 19546/2011 cit.).

Il sesto motivo trova dunque accoglimento, essendo errato il ragionamento del giudice regionale.

Gli altri motivi restano assorbiti.

Rilevato che:

La sentenza va pertanto cassata e va rinviata alla Commissione Tributaria Regionale, in diversa composizione, che, oltre che sulle spese del presente giudizio, deciderà la controversia residuata con la Fata Group, incorporata nella costituita SO.GE.PA., tenendo conto dei principi enunciati e dei debiti tributari persistenti della contribuente per gli anni d’imposta per i quali aveva richiesto il condono ex art. 9 bis cit., non più fruibile, al netto degli importi già versati. Provvederà inoltre sulle spese del presente giudizio tra le parti ancora in causa.

P.Q.M.

La Corte dichiara cessata la materia del contendere tra l’Agenzia delle Entrate e la Fata Engineering s.p.a., per intervenuto accordo stragiudiziale; compensa le spese tra la Agenzia e la Fata Engineering s.p.a.;

Accoglie il ricorso della Agenzia nei confronti della SO.GE.PA. spa quale società incorporante la Fata Group s.p.a.; cassa la sentenza con riferimento alla cartella di pagamento n. ***** e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, in diversa composizione, che deciderà per quanto esposto in parte motiva, oltre che sulle spese del presente giudizio tra le parti ancora in causa.

Così deciso in Roma, il 30 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018

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