Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.26433 del 19/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

CALCESTRUZZI BELICE S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in PALERMO, VIA GIOACCHINO DI MARZO N. 11 presso lo studio dell’Avv. CALI’ Rosario che la rappresenta e difende per procura a margine del ricorso.

– ricorrente –

contro

AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore centrale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI N. 12 presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n.48/35/11 della Commissione tributaria regionale della Sicilia, depositata il 12 aprile 2011.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27 giugno 2018 dal relatore Cons. Dott.ssa CRUCITTI Roberta;

lette le conclusioni del P.G. nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DI LEO Giovanni.

RILEVATO

che:

la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, adita dalla Calcestruzzi Belice s.r.l., con ricorso per giudizio di ottemperanza delle sentenze n.ri 5462/08, 5460/08, 5461/08, 5463/08, 5464/08, tutte depositate il 29 febbraio 2008 (con le quali questa Corte aveva ritenuto che “le cartelle di pagamento avrebbero dovuto essere emesse D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 15 e non D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis”), – dato atto che, nella motivazione e nei dispositivi di dette sentenze, la Corte di Cassazione aveva, in accoglimento dei ricorsi, cassato le sentenze impugnate e, decidendo nel merito, accolto la domanda introduttiva della contribuente, e che tale domanda era circoscritta ad ottenere l’annullamento dell’iscrizione a ruolo effettuata dall’Ufficio… di cui alla cartella di pagamento indicata in epigrafe – dichiarava il ricorso inammissibile in quanto le sentenze delle quali si era chiesto l’ottemperanza non statuivano degli “obblighi” ai quali l’Amministrazione finanziaria non aveva ottemperato;

la C.T.R. aggiungeva che il chiesto rimborso costitutiva una conseguenza dell’annullamento delle cartelle di pagamento che, però, non poteva essere ottenuto con la procedura prescelta;

avverso la sentenza Calcestruzzi Belice s.r.l., in amministrazione giudiziaria, propone ricorso su due motivi;

l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso;

il ricorso è stato fissato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197;

il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DI LEO Giovanni ha depositato le sue conclusioni chiedendo il rigetto del ricorso;

la Società ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

CONSIDERATO

che:

preliminarmente va dichiarata l’irricevibilità della memoria presentata nell’interesse della ricorrente siccome tardiva;

con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 laddove la C.T.R. aveva dichiarato inammissibile il ricorso malgrado l’annullamento delle cartelle, come disposto dalle sentenze della Corte di Cassazione, comportasse, secondo la prospettazione difensiva, necessariamente l’obbligo dell’Amministrazione alla restituzione delle somme pagate a titolo provvisorio, senza la necessità di un’apposita domanda in tal senso;

con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione della stessa norma di cui al motivo precedente sotto diverso profilo; secondo la prospettazione difensiva il Giudice dell’ottemperanza avrebbe motivato l’inammissibilità del ricorso per giudizio di ottemperanza per il tramite di valutazioni che attenevano al merito della vicenda processuale;

i due motivi posso trattarsi congiuntamente e sono infondati;

la giurisprudenza consolidata di questa Corte è ferma nel ritenere che il giudizio di ottemperanza agli obblighi derivanti dalle sentenze delle Commissioni Tributarie, regolato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70 è ammissibile ogni qualvolta debba farsi valere l’inerzia della pubblica amministrazione rispetto al giudicato, ovvero la difformità dell’atto posto in essere dalla medesima, in ottemperanza al giudicato, rispetto al contenuto della sentenza da eseguire. Esso presenta connotati diversi rispetto al corrispondente e, per alcuni versi, concorrente giudizio esecutivo civile dal quale si differenzia, perchè il suo scopo non è quello di ottenere l’esecuzione coattiva del comando contenuto nel giudicato, ma di rendere effettivo quel comando anche, e specificamente, se privo dei caratteri di puntualità e precisione tipici del titolo esecutivo (Cass. n. 646/2012; id. n. 20202/2010);

ne discende che se, per un verso non può che essere esercitato entro i confini invalicabili posti dall’oggetto della controversia definita con il giudicato, non potendo essere attribuiti alle parti diritti nuovi e ulteriori rispetto a quelli riconosciuti con la sentenza da eseguire (c.d. carattere chiuso del giudizio di ottemperanza); per altro verso, può – e deve – essere enucleato e precisato dal quel giudice il contenuto degli obblighi scaturenti dalla sentenza da eseguire, chiarendosene il reale significato (v. Cass. n. 15827/2016);

è stato, altresì, chiarito ch’e (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 28286 del 18/12/2013) che in tema di contenzioso tributario, il giudizio di ottemperanza agli obblighi derivanti dalle sentenze delle commissioni tributarie, disciplinato dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 70, è consentito unicamente in presenza di una sentenza esecutiva, che, decidendo nel merito una controversia tra contribuente ed erario, abbia impartito specifiche prescrizioni da eseguire. Ne consegue che è inammissibile il ricorso alla suddetta procedura per ottenere un rimborso d’imposta, ove il giudice tributario non abbia deciso in ordine ad un’istanza di rimborso, ma si sia limitato ad accertare l’illegittimità di un avviso di rettifica in base al quale era stata richiesta al contribuente la restituzione del rimborso stesso;

ciò è quanto avvenuto nel caso in esame avendo il Giudice dell’ottemperanza accertato sulla base delle contrapposte versioni delle parti, i limiti oggettivi del giudicato di cui si chiedeva l’esecuzione con riferimento ad una pretesa fiscale attuata in modo non conforme sotto il profilo delle norme di rito, ma oggettivamente esistente e dovuta, come accertato con altro giudicato (che aveva ritenuto insussistente il diritto all’agevolazione fiscale), che a quello azionato si contrapponeva in modo pregiudiziale;

egualmente infondato è il secondo motivo in quanto nella ricostruzione della complessa vicenda processuale relativa alla contestazione della pretesa tributaria non è possibile ravvisare una valutazione del “merito” della controversia esorbitante dalla cognizione del giudice dell’ottemperanza, spettando a quest’ultimo in via esclusiva, la determinazione dell’esatto confine del giudicato la cui ottemperanza viene richiesta;

ne consegue il rigetto del ricorso con la condanna della ricorrente, soccombente, al pagamento in favore della controricorrente delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente alla refusione in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 8.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018

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