Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.26438 del 19/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, con domicilio eletto in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI, N. 12;

– ricorrente –

contro

C.A., B.C., S.R.M. in quanto associati dello studio legale commerciale ” C.”;

e Studio Legale e Commerciale ” C.”, in persona del legale rappresentante p.t. nel domicilio eletto presso il predetto studio, in CATANIA, VIALE JONIO, N. 87;

– controricorrenti tardivi –

e CONCESSIONARIO SERIT SICILIA spa, in persona del legale rappresentante p.t. nel domicilio eletto presso lo studio dell’avv. LUPO ILLUMINATO, in NICOLOSI, VIA S.M. DELLA GRAZIE, N. 85;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Palermo

– Sezione staccata di Catania – Sez. 18 n. 41/18/11 depositata in data 10/02/2011 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 27 giugno 2018 dal Consigliere Dott. FRACANZANI Marcello M..

RILEVATO

che l’Agenzia delle Entrate notificava agli odierni intimati cartella di pagamento IRAP per l’anno di imposta 2001;

che insorgevano gli odierni contribuenti, affermando di essere liberi professionisti esercenti in forma associata attività di consulenza ed assistenza legale con condivisione degli spazi, in assenza di organizzazione, di personale in comune e dotati unicamente delle attrezzature minime necessarie per svolgere la propria attività: computer, stampante, fotocopiatrice;

che la CTP e la CTR erano favorevoli ai contribuenti, valorizzando la natura “artigianale” della gestione professionale, priva quindi dei presupposti impositivi IRAP;

che ricorre per cassazione l’Amministrazione finanziaria, lamentando violazione di legge per alterazione del riparto dell’onere della prova in materia IRAP, insufficiente motivazione sotto due autonomi profili;

che si sono costituiti i contribuenti con controricorso tardivo al solo fine di produrre documenti sopravvenuti e spiegare le difese nei limiti di cui all’art. 370 cod. proc. civ.;

che in prossimità dell’udienza l’Avvocatura ha depositato memoria controdeducendo sul ricorso tardivo dei contribuenti.

CONSIDERATO

che ricorre l’Ufficio sollevando tre motivi di doglianza, per violazione di legge e due per insufficienza di motivazione;

che, più in particolare, col primo motivo l’Avvocatura dello Stato lamenta violazione di legge dell’art. 2697 cod. civ. in rapporto al parametro di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, affermando che la sentenza gravata abbia alterato il riparto di onere della prova, con specifico riguardo ai presupposti impositivi IRAP;

che il secondo e terzo motivo la medesima Avvocatura ha lamentato la carenza argomentativa della motivazione della sentenza impugnata, ove afferma che sia stata versata in atti copiosa documentazione a sostegno del carattere artigianale dell’attività e l’affidamento personale degli incarichi ai singoli professionisti, senza riferimento alla struttura associativa;

che questa Sezione ha ribadito come in tema di IRAP relativamente alla libera professione non si debba fare riferimento nè alla tipologia della professione, nè alla struttura fisica, nè alla formula di associazione formalmente consacrata o di mero fatto, quanto piuttosto occorra un accertamento caso per caso in ordine alla quantità e qualità dei beni presenti nella struttura in rapporto alla tipologia di incarichi, ritenendo sussistere il requisito dell’autonoma organizzazione quando la dotazione strumentale ecceda quello che è ordinariamente il minimo indispensabile per l’attività individuale (cfr. Cass. 3672/2007);

che, più di recente, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato il principio per cui l’esercizio in forma associata di attività professionale è equiparato a società semplice e, al pari di un’attività gestita in forma societaria, è sottoposta ex lege ad IRAP senza bisogno di verificare la consistenza della struttura (cfr. Cass. S.U. 7371 del 14/04/2016);

che quindi il primo motivo di ricorso è fondato in ragione del non corretto riparto dell’onere della prova;

che il secondo motivo può ritenersi assorbito;

che con controricorso tardivo i contribuenti hanno depositato sentenza della medesima CTR n. 263/18/11 resa inter partes ed avente ad oggetto analoga vicenda, differendo solo l’anno fiscale, che nella specie è il 2002, ove quello oggi in cognizione è il 2001;

che tale sentenza è favorevole al contribuente, ove riconosce che la sua struttura professionale è in concreto quella dell’avvocato “artigiano”, quindi insuscettibile di assurgere ai requisiti di autonomia ed organizzazione tali da integrare i presupposti impositivi IRAP;

che il contribuente invoca la rilevanza del c.d. giudicato esterno in ordine a tale ultima sentenza: in quanto resa tra le medesime parti e con oggetto l’accertamento dei medesimi fatti (l’organizzazione professionale), l’arresto de quo dovrebbe esplicare gli effetti riflessi – propri del giudicato esterno – anche nella presente fattispecie, vincolando questo collegio all’accertamento di fatto ormai compiuto e cristallizzato nel giudicato, giusti gli insegnamenti di questa stessa Sezione (Cass. 5^, 24 novembre 2016, n. 24002);

che, non di meno, l’organizzazione professionale (intesa come i mezzi in dotazione, la presenza di personale dipendente etc.) è soggetta a mutamenti e che quindi va provata l’insussistenza dei requisiti impositivi IRAP per ogni anno d’imposta in contestazione;

che quindi la sentenza CTR sull’accertamento per l’anno 2002 invocata da parte contribuente anche in questa sede come dimostrazione dell’insussistenza dei requisiti impositivi IRAP non può esplicare effetti in questa sede, ove si tratta dell’anno di imposta 2001, per il quale – in assenza di specifici e puntuali elementi probatori di segno contrario – opera in pieno la presunzione sopra ricordata per cui la gestione in forma di associazione professionale è equiparata alla società semplice e, pertanto, soggetta ad IRAP;

che il ricorso merita accoglimento e non residuano ulteriori accertamenti in fatto;

che le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.

Condanna alla rifusione delle spese in favore dell’Agenzia delle Entrante che liquida in Euro duemilaquattrocento, oltre a spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018

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