Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.26439 del 19/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

A.L., rappresentato e difeso dall’Avv. DI LEVA Gianfranco, del Foro di Napoli, il quale ha indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. COSTA Linda, alla VIA PANAMA N. 74 IN ROMA;

– ricorrente –

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege, dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, e presso gli Uffici di questa domiciliata, alla VIA DEI PORTOGHESI N. 12 IN ROMA;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 33, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale di Napoli il 16.12.2010, e pubblicata il 12.1.2011;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere Dott. DI MARZIO Paolo.

la Corte osserva:

FATTI DI CAUSA

il contribuente, già dipendente della S.r.l. INTELIT, ha percepito, in data 31.1.1997, indennità integrativa del TFR, finalizzata a favorire l’esodo dei lavoratori dipendenti. In data 26.7.2006 ha presentato all’Agenzia delle Entrate istanza di rimborso per l’importo di Euro 4.029,55, ritenendo di aver diritto all’applicazione della riduzione al 50% dell’aliquota fiscale. Non avendo l’Agenzia risposto, ed essendosi perciò formato il silenzio rifiuto, l’odierno ricorrente ha proposto impugnazione innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli la quale, con sentenza n. 314 del 2009, ha rigettato il ricorso ritenendolo infondato, ed ha affermato la legittimità dell’aliquota applicata per la tassazione dal sostituto di imposta.

L’odierno ricorrente, in conseguenza, ha proposto ricorso in appello chiedendo la riforma della decisione.

Il contribuente ha invocato il disposto di cui al comma 4 bis, dell’art. 17 TUIR, come modificato dal D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314, che ha previsto la riduzione a metà dell’aliquota per la tassazione del trattamento di fine rapporto.

L’Agenzia ha resistito, replicando che l’istanza di rimborso era stata proposta dal contribuente quando il termine di quarantotto mesi dalla ricevuta liquidazione del TFR, fissato dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 come inoltre, l’istante aveva conseguito la liquidazione del TFR quando la normativa invocata non era ancora entrata in vigore.

Accogliendo i motivi posti a fondamento delle proprie difese dall’Agenzia, la Commissione Tributaria Regionale di Napoli, con sentenza n. 33 del 2011, ha rigettato il ricorso.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione A.L., affidandosi ad un articolato motivo di impugnazione. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con l’unico motivo di ricorso l’impugnante, indicando di proporre la propria censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ma criticando pure il vizio di motivazione, contesta la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, comma 2, anche in relazione al vizio di motivazione, “poichè il dies a quo del termine decadenziale va fatto decorrere dalla data in cui il diritto può essere fatto valere”. Il termine iniziale viene, in proposito, indicato dal ricorrente come decorrente dalla pronuncia in causa C-07/2004, mediante la quale la Corte di Giustizia Europea ha affermato il contrasto del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17, con la Direttiva CEE 9.2.1976, 76/207/CE, che esclude la liceità di differenze di trattamento fondate sul sesso, sia al momento della costituzione sia al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

2.1. – Con il suo motivo di ricorso, l’impugnante contesta alla Commissione Tributaria Regionale di aver ritenuto applicabile il termine di decadenza di quarantotto mesi, di cui al D.P.R. n. 702 del 1973, art. 38, per proporre l’istanza di rimborso, in riferimento ad una norma che, essendo stata giudicata illegittima dalla Corte di Giustizia europea, non risultava applicabile, dovendo il termine utile per domandare il rimborso farsi decorrere dalla data in cui il diritto avrebbe potuto essere fatto valere, coincidente con quella in cui la Corte europea aveva pronunciato l’illiceità della disposizione.

Costituisce, infatti, principio ormai consolidato quello secondo cui “il termine di decadenza per il rimborso delle imposte sui redditi, previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, decorrente dalla data del versamento” o da quella in cui “la ritenuta è stata operata”, opera anche nel caso in cui l’imposta sia stata pagata sulla base di una norma successivamente dichiarata in contrasto con il diritto dell’Unione europea da una sentenza della Corte di giustizia, atteso che l’efficacia retroattiva di detta pronuncia come quella che assiste la declaratoria di illegittimità costituzionale – incontra il limite dei rapporti esauriti, ipotizzabile allorchè sia maturata una causa di prescrizione o decadenza, trattandosi di istituti posti a presidio del principio della certezza del diritto e delle situazioni giuridiche”, Cass. Sez. U, sent. 16.06.2014, n. 13676.

Le chiare ragioni della decisione proposte dalla Commissione Regionale impugnata, sono conformi all’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Tenuto conto della complessità della materia trattata, e della definizione dell’orientamento giurisprudenziale che fonda la decisione a seguito di pronuncia delle Sezioni Unite intervenuta quando il ricorso in esame era già stato incardinato, sussistono giustificati motivi per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso proposto da A.L., e dispone l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018

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