LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina A. Piera – Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –
Dott. PERINU Renato – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI N. 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– ricorrente –
contro
C.P., rappresentato e difeso dall’avv. PACE Fabio, presso cui elettivamente domicilia in MILANO, AL CORSO DI PORTA ROMANA N. 89/B;
– controricorrente –
avverso la sentenza n.127/27/10 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, depositata in data 12/11/2010 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 giugno 2018 dal Consigliere Dott.ssa GIUDICEPIETRO Andreina.
RILEVATO
che:
1. l’Agenzia delle Entrate ricorre con quattro motivi contro C.P. per la cassazione della sentenza n. 127/27/10 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, depositata in data 12/11/2010 e non notificata, che, in controversia concernente l’impugnativa dell’avviso di accertamento per maggiori Irpef ed Irap dell’anno 2003, ha accolto il ricorso del contribuente;
con l’avviso di accertamento impugnato, l’Amministrazione riprendeva a tassazione una maggiore plusvalenza per l’avviamento, conseguita con la cessione di azienda, e presumeva vendute le rimanenze finali contabilizzate con il ricarico dell’1.95%, per un ricavo evaso di Euro 191.000,00;
la C.T.R., con la sentenza impugnata, accoglieva il ricorso del contribuente, ritenendo che avesse dato prova del minor valore della cessione di azienda;
2. a seguito del ricorso dell’Agenzia delle Entrate, il contribuente si è costituito, resistendo con controricorso;
3. il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio del 28/6/2018, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art., 380 bis c.p.c., comma 1, il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197;
4. il controricorrente ha depositato memorie.
CONSIDERATO
che:
1.1. con il primo motivo, la ricorrente denunzia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’omessa pronuncia in ordine all’eccezione di inammissibilità dell’appello, avanzata dall’Amministrazione nella comparsa di costituzione del giudizio di secondo grado, in relazione all’omesso deposito della copia dell’atto di appello presso la C.T.P. di Milano, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2;
con il secondo motivo, la ricorrente denunzia l’omesso rilievo d’ufficio dell’inammissibilità dell’appello e la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;
1.2. i motivi sono inammissibili per difetto di autosufficienza;
1.3. in primo luogo, deve osservarsi che non sussiste il vizio di omessa pronuncia, dovendosi ritenere implicitamente rigettata l’eccezione d’inammissibilità sollevata dell’appellata, atteso che la C.T.R. ha deciso la controversia nel merito, sull’evidente presupposto dell’ammissibilità dell’appello;
inoltre, “la deduzione con il ricorso per cassazione di errores in procedendo, in relazione ai quali la Corte è anche giudice del fatto, potendo accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito, non esclude che, preliminare ad ogni altro esame, sia quello concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che, solo quando ne sia stata positivamente accertata l’ammissibilità, diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione, la Corte di cassazione può e deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali” (Sez. 3 -, Ordinanza n. 6014 del 13/03/2018);
nel caso di specie, la ricorrente deduce l’omessa pronuncia del giudice di appello sull’eccezione di inammissibilità dell’atto di appello e, comunque, l’omesso rilievo d’ufficio dell’inammissibilità, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, ma non chiarisce gli elementi da cui dovrebbe trarsi la suddetta inammissibilità, essendo insufficiente a tal fine il mancato deposito della copia dell’atto di appello presso la C.T.P. (per altro contestato da controparte) e dovendosi avere riguardo anche al tipo di notifica adottata per l’atto di appello;
in particolare, è stato osservato che “in tema di contenzioso tributario, ai fini della regolare proposizione dell’appello dinanzi alle commissioni tributarie regionali, la notifica tramite il difensore equivale integralmente a quella effettuata a mezzo ufficiale giudiziario, sicchè, nel caso di omesso deposito della copia dell’appello presso la segreteria della commissione tributaria provinciale che ha pronunciato la sentenza impugnata, il gravame non è inammissibile ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, comma 2, seconda parte, (nel testo modificato dal D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 3 bis, convertito, con modificazioni, in L. 2 dicembre 2005, n. 248), trovando applicazione anche in tale ipotesi la regola di cui all’art. 123 disp. att. c.p.c., che onera l’ufficiale giudiziario e, quindi, anche il difensore, di dare immediato avviso scritto dell’avvenuta notificazione dell’appello al cancelliere del giudice che ha reso la sentenza impugnata” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 22639 del 24/10/2014);
egualmente si è detto per la notifica tramite il messo, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, comma 4, (Sez. 5, Sentenza n. 14273 del 13/07/2016; ord. n.9319/2014);
risultano, quindi carenti del requisito dell’autosufficienza il primo ed il secondo motivo di ricorso, che non chiariscono gli elementi di fatto, in base ai quali il giudice di appello avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità del ricorso;
2.1. con il terzo motivo, la ricorrente denunzia la nullità della decisione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, poichè, in violazione dell’art. 132 c.p.c., il giudice di appello non ha motivato in alcun modo sul ricavo presunto per la vendita delle rimanenze, pur annullando l’avviso di accertamento nella sua interezza;
2.2. il motivo è fondato e deve essere accolto;
2.3. “in forza del generale rinvio materiale alle norme del c.p.c. compatibili contenuto nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1,comma 2, è applicabile al rito tributario, così come disciplinato dal citato decreto, il principio desumibile dalle norme di cui all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c. (come novellati entrambi dalla L. n. 69 del 2009), secondo il quale la mancata esposizione dei fatti rilevanti della causa, ovvero la mancanza o l’estrema concisione delle ragioni giuridiche della decisione, determinano la nullità della sentenza soltanto ove rendano impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9745 del 18/04/2017);
nel caso in esame la sentenza non contiene alcun riferimento in motivazione ai ricavi collegati alla vendita delle rimanenze, pur avendo integralmente accolto il ricorso del contribuente;
limitatamente a tale profilo la sentenza impugnata va cassata, con rinvio per nuovo esame alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, perchè proceda a nuovo esame;
3.1. con il quarto motivo, la ricorrente denunzia l’insufficiente motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, poichè il giudice di appello avrebbe motivato in maniera inadeguata sulla prova fornita dal contribuente in ordine al valore della plusvalenza realizzata con la cessione dell’azienda;
3.2. il motivo è inammissibile;
3.3. ed invero, per costante giurisprudenza di legittimità il citato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nella formulazione vigente anteriormente alle modifiche apportate dal D.L. n. 83 del 2012 – (applicabile ratione temporis in ragione della data di pubblicazione della sentenza d’appello) – non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione operata dal giudice del merito, al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, in proposito, valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliendo, tra le varie risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (cfr., ad esempio, in termini, Cassazione civile, sez. 3^, 04/03/2010, n. 5205Cass. 6 marzo 2006, n. 4766; sempre nella stessa ottica, altresì, Cass. 27 febbraio 2007, n. 4500; Cass. 19 dicembre 2006, n. 27168; Cass. 8 settembre 2006, n. 19274; Cass. 25 maggio 2006, n. 12445);
non incorre, dunque, nel vizio di omesso esame o di insufficiente motivazione il giudice del merito che, nel sovrano apprezzamento delle prove, attinga il proprio convincimento agli elementi istruttori che ritenga più attendibili ed idonei alla risoluzione della controversia;
nel caso in esame, con il quarto motivo la ricorrente non evidenzia specifiche lacune motivazionali o contraddizioni logiche dell’iter argomentativo del giudice, ma sollecita un generico riesame del merito, precluso in sede di legittimità;
in coerenza con le suddette affermazioni, dunque, la Corte non realizzerebbe il controllo sulla motivazione che le è demandato, ma inevitabilmente compirebbe un (non consentito) giudizio di merito, se – confrontando la sentenza con le risultanze istruttorie – prendesse d’ufficio in considerazione un fatto probatorio diverso o ulteriore rispetto a quelli assunti dal giudice del merito a fondamento della sua decisione, accogliendo il ricorso sub specie di omesso esame di un fatto decisivo;
3.1. in conseguenza dell’accoglimento del terzo motivo di ricorso, dichiarati inammissibili gli altri, la Corte cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, per un nuovo esame.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso; dichiara inammissibili gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 28 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018