Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.26444 del 19/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A. Piera – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI N. 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– ricorrente –

contro

P.R., rappresentato e difeso dagli avv.ti ROSSI Fabio e SELVAGGI Marco, presso cui elettivamente domicilia in ROMA, ALLA VIA NOMENTANA N. 76;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 238/34/11 della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione distaccata di Catania, depositata in data 9/5/2011 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 giugno 2018 dal Consigliere Dott.ssa GIUDICEPIETRO Andreina.

RILEVATO

che:

1. l’Agenzia delle Entrate ricorre con un unico motivo contro P.R. per la cassazione della sentenza n. 238/34/11 della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione distaccata di Catania, depositata in data 9/5/2011 e non notificata, che, in controversia concernente l’impugnativa del silenzio rifiuto sull’istanza, presentata in data 29 marzo 2008, di rimborso delle ritenute operate dal Ministero della Giustizia, quale sostituto di imposta, a seguito dell’entrata in vigore della normativa concernente la possibilità di definizione agevolata per le province interessate dagli eventi sismici del 13-16 dicembre 1990, ha accolto l’appello del contribuente;

2. con la sentenza impugnata, la C.T.R. della Sicilia riteneva di uniformarsi ad altra sentenza, intervenuta tra l’Amministrazione ed un diverso contribuente su di un’analoga domanda di rimborso, sul presupposto che vi fosse stata l’implicita adesione dell’Agenzia delle Entrate alla soluzione giuridica contenuta nella diversa sentenza, che non era stata impugnata ed era passata in giudicato;

3. a seguito del ricorso dell’Agenzia delle Entrate, il contribuente si è costituito, resistendo con controricorso;

4. il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio del 28/6/2018, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis c.p.c., comma 1, il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197;

5. il controricorrente ha depositato memorie.

CONSIDERATO

che:

1.1. con l’unico motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., dell’art. 324c.p.c. e art. 329c.p.c., comma 1, dell’art. 101 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

secondo la ricorrente, la C.T.R. della Sicilia avrebbe erroneamente rilevato che la sentenza emessa nei confronti di altro contribuente era passata in giudicato; inoltre avrebbe erroneamente ritenuto che l’Agenzia delle Entrate aveva prestato acquiescenza all’interpretazione delle norme effettuata dal giudice nella diversa decisione; infine, avrebbe erroneamente affermato che tale differente decisione spiegava efficacia vincolante nel presente giudizio;

la ricorrente ha concluso, quindi, nel senso che la C.T.R. della Sicilia era incorsa in errori procedurali, che le avevano impedito l’esame della questione di diritto, oggetto della controversia, consistente nella definizione della portata delle agevolazioni di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, (e, cioè, se tale norma si riferisca solo ai casi in cui il pagamento delle imposte non era avvenuto, prevedendo la possibilità di definizione con il pagamento del 10 per cento di quanto ancora dovuto, oppure anche ai casi in cui era avvenuto, dando diritto al rimborso del 90 per cento di quanto già versato);

1.2. il motivo è infondato e deve essere rigettato;

1.3. invero, la sentenza del giudice tributario con la quale si accertano il contenuto e l’entità degli obblighi (e dei diritti) di un contribuente non fa stato nei giudizi relativi a situazioni dello stesso tipo pendenti con diversi contribuenti;

anche se fosse passata in giudicato, la sentenza invocata dal contribuente ed emessa in altro giudizio, nei confronti di un diverso contribuente, non può esplicare alcuna efficacia vincolante nel caso in esame;

nè dall’eventuale mancata impugnazione della sentenza emessa nei confronti di un altro contribuente su identica questione può ricavarsi l’acquiescenza dell’Amministrazione nel presente giudizio, in cui l’Agenzia delle Entrate ha sempre resistito nei gradi di merito ed ha promosso il ricorso in cassazione;

la motivazione in diritto del giudice di appello è quindi errata, come denunciato dall’Agenzia ricorrente, ma va corretta, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c., poichè perviene ad una decisione conforme a diritto;

infatti la questione giuridica oggetto del presente giudizio è stata risolta dal legislatore, con legge di interpretazione autentica (legge di stabilità 2015, vigente dall’1 gennaio 2015);

la questione rilevante sollevata dall’Agenzia è quella di stabilire se le disposizioni introdotte fra il 2006 ed il 2008 – D.L. n. 300 del 2006, art. 3 quater, conv. con modificazioni dalla L. n. 17 del 2007, comma 1 e D.L. n. 248 del 2007, art. 36 bis, conv. nella L. n. 31 del 2008 – abbiano inteso differire unicamente la possibilità di definizione condonistica a suo tempo prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17 – riportandola, con l’ultima disposizione appena ricordata, alle medesime condizioni previste dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17 – senza incidere sulla posizione dei soggetti che avevano adempiuto le obbligazioni tributarie relative ai medesimi anni, ovvero se dette disposizioni possano applicarsi anche ai contribuenti che avevano invece versato i tributi per gli anni già contemplati dal ricordato art. 9, comma 17, in modo da consentire loro di ottenere il rimborso di quanto corrisposto a partire dall’entrata in vigore delle stesse e secondo le modalità già fissate dalla giurisprudenza di questa Corte nel vigore della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17;

ai sensi della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, “I soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’art. 3 dell’ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990, che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modificazioni, hanno diritto, con esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione europea, al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, e successive modificazioni. Il termine di due anni per la presentazione della suddetta istanza è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della L. 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248…”;

a seguito dell’intervento del legislatore, numerose pronunce di questa Corte hanno affermato che “in tema di agevolazioni tributarie, la L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, (legge di stabilità 2015) costituisce norma di interpretazione autentica, sicchè i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, i quali hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento, previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, hanno diritto al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso entro il termine di due anni decorrente dalla data di entrata in vigore della L. n. 31 del 2008 di conversione del D.L. n. 248” (tra le altre, Cass. ord. n. 15252/2016; n. 23339/2017);

tali considerazioni, già espresse da questa Corte – Cass. n. 18179/2015 -, rendono dunque manifesta l’infondatezza del ricorso dell’Agenzia, la quale non ha posto in discussione la legittimità della pretesa azionata dalla parte contribuente, dovendosi ritenere, in relazione alla posizione del contribuente che aveva formulato istanza di rimborso in data 29/3/2008 per il triennio 1990/1992, la tempestività della richiesta proprio in relazione alla natura biennale del termine per la presentazione dell’istanza ed alla decorrenza dello stesso siccome individuati dalla normativa di interpretazione autentica;

1.4. il ricorso va, quindi, rigettato;

1.5. sussistono giusti motivi, in relazione ai contrasti giurisprudenziali esistenti all’epoca della proposizione del ricorso ed all’intervento della norma interpretativa in epoca successiva al ricorso, per compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018

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