Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.26449 del 19/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Altipiani dell’Aniene s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’Avv. NATOLA Giuseppe per procura speciale a margine del ricorso, presso il cui studio in Roma, via Claudio Monteverdi, n. 16, è elettivamente domiciliata;

– ricorrente –

contro

Agenzia della entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici ha domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 311/04/10, depositata il giorno 14 ottobre 2010;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2 luglio 2018 dal Consigliere Dott. TRISCARI Giancarlo.

RILEVATO

che:

la sentenza impugnata ha esposto, in punto di fatto, che: la società Altipiani dell’Aniene s.r.l., aveva proposto ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma avverso la cartella di pagamento con la quale, relativamente all’anno di imposta 2003, l’Agenzia delle entrate aveva contestato l’indebita detrazione dell’Iva relativa alla liquidazione infragruppo, in quanto, quale società controllata della Gruppo Bonifaci s.p.a., aveva trasferito alla società controllante un proprio credito, tuttavia assistito da polizza fideiussoria priva dei requisiti previsti dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis, in quanto la società che aveva rilasciato la suddetta polizza non era iscritta nell’elenco dell’ISVAP ed era priva di autorizzazione; la Commissione tributaria provinciale aveva parzialmente accolto il ricorso, ritenendo legittime solo le sanzioni conseguenti alla tardiva presentazione della polizza fideiussoria; avverso la suddetta pronuncia aveva proposto appello la società contribuente;

la Commissione tributaria regionale del Lazio ha rigettato l’appello, avendo ritenuto che non era stata posta in essere alcuna idonea garanzia, avendo la società prodotto una polizza fideiussoria non valida in quanto emessa da una società non autorizzata ad emettere garanzie fideiussorie in favore dell’Amministrazione finanziaria;

avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso dinanzi a questa Corte la contribuente affidato a un motivo di censura, cui ha resistito l’Agenzia delle entrate depositando controricorso.

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo di ricorso si censura la sentenza di appello ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione dell’art. 10 dello Statuto del contribuente, in quanto: a) è stato violato il principio della collaborazione e della buona fede nei rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria, avendo quest’ultima comunicato la non idoneità della polizza solo dopo due anni dalla consegna della stessa; b) la tardiva consegna della polizza è dipesa dall’omesso tempestivo controllo da parte della medesima amministrazione finanziaria; c) la iniziale violazione nella presentazione della polizza fideiussoria non avesse determinato alcun debito di imposta;

il motivo è inammissibile;

lo stesso, in particolare, non coglie la ratio decidendi della pronuncia censurata;

la Commissione tributaria regionale ha ritenuto che la irrogazione della sanzione era da ritenersi legittima in quanto la mancata presentazione di una idonea garanzia comportava l’obbligo del versamento dell’imposta dovuta entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale e che, inoltre, doveva ritenersi non valida la presentazione di una polizza fideiussoria emessa da società non autorizzata;

su queste ragioni della decisione, fondate sulla equiparazione tra mancata presentazione della polizza fideiussoria e presentazione di una polizza fideiussoria invalida, parte ricorrente non ha mosso alcuno specifico motivo di censura, spostando l’attenzione sul comportamento dell’amministrazione finanziaria ovvero sull’assenza di danno per l’erario, quindi sul mancato rispetto delle previsioni di cui allo statuto del contribuente, non conferenti rispetto all’argomentazione seguita dal giudice di appello;

va, peraltro, precisato che il profilo della violazione della buona fede e del leale comportamento tra contribuente e amministrazione finanziaria, di cui all’art. 10 dello Statuto del contribuente, non risulta essere stato motivo in relazione al quale la contribuente ha contestato la pretesa dell’amministrazione finanziaria in sede di ricorso in primo grado nè tale specifica ragione di doglianza per violazione di legge appare contenuta nel motivo di appello, come riportato nel ricorso, avendo la stessa genericamente contestato l’inefficienza della medesima amministrazione;

ne consegue l’inammissibilità del ricorso, con condanna della ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese di lite.

PQM

La Corte:

dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese di lite, che si liquidano in complessive Euro 6.000,00. oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 2 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018

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