Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.26456 del 19/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. BALSAMO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

DARPEX SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI MONTI PARIOLI 48, presso lo studio dell’avvocato COREA ULISSE, rappresentato e difeso dall’avvocato PIGNATONE ROBERTO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 117/2010 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di MESSINA, depositata il 21/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/07/2018 dal Consigliere Dott. DE MASI ORONZO.

RITENUTO

che Darpex s.p.a. impugnava l’avviso di accertamento con il quale venivano recuperati, per quanto ancora d’interesse, costi non deducibili per consulenze professionali della Prosas s.a., società di diritto svizzero, e conseguentemente rettificato l’imponibile ai fini dell’IRPEG e dell’IRAP, per l’anno 2002, all’esito di controllo del Modello Unico 2003;

che la Commissione tributaria provinciale di Messina accoglieva solo parzialmente il ricorso, e la decisione, appellata dalla contribuente, veniva confermata dalla Commissione tributaria regionale della Sicilia, secondo la quale, nel caso di specie, ciò che rileva è la genericità della prestazione di consulenza strategica ed operativa, e la sproporzione del previsto costo di C 360.000,00, non avendo la società Darpex, subentrata nel contratto originariamente stipulato dalla Sicilforniture s.p.a. con la società svizzera, fornito prova adeguata della inerenza e della congruità del costo dedotto;

che, avverso la decisione, la contribuente propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati con memoria, cui resiste la l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

CONSIDERATO

che Darpex con il primo motivo denuncia falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, comma 5, (nel testo ratione temporis vigente), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, giacchè la CTR non ha considerato che l’inerenza deve essere valutata prendendo in considerazione l’attività d’impresa svolta e lo scopo perseguito al momento in cui la spesa è sostenuta, e non può essere disconosciuta ex post alla luce dei risultati conseguiti; che inoltre la rilevata genericità della descrizione della prestazione oggetto del contratto di consulenza professionale non legittima di per sè il disconoscimento della deducibilità del relativo costo, rispetto a cui conta piuttosto la sussistenza di un legame con l’attività d’impresa, nella specie chiaramente desumibile dalla documentazione versata in atti;

che con il secondo motivo denuncia insufficiente motivazione della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, giacchè la CTR, con riferimento alla contestata genericità della prestazione resa dalla PROSAS s.a., nel ritenere non specificamente dimostrato l’incarico operativo svolto da quest’ultima ed il suo collegamento con l’attività d’impresa della contribuente, ha trascurato le peculiarità della fattispecie per cui è causa, nonchè la assoluta coerenza della “consulenza strategica ed operativa”, prestata dalla società svizzera a favore della contribuente, “nello sviluppo della propria attività e di quella delle proprie controllate”, mediata dalla attività dell’ing. V., soggetto particolarmente qualificato e destinato ad assumere “la carica di amministratore delegato di E Group s.r.l. (partecipata di Sicilforniture)”;

che con il terzo motivo denuncia insufficiente motivazione della sentenza impugnata, circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, giacchè la CTR assume come sproporzionato il costo della consulenza professionale, avuto riguardo al risultato incrementativo delle attività patrimoniali nell’anno 2002, “quasi pari o inferiore alle somme riconosciute alla società svizzera Prosas”, senza considerare che si tratta di circostanza tutt’altro che significativa al fine di valutare la congruità del costo sostenuto dalla contribuente; che non è contestato il rapporto instaurtatosi tra l’ing. V., nè l’incremento dei ricavi della controllata E Group s.r.l., che si tratta di attività riconducibile all’oggetto del contratto di consulenza tra Sicilfoniture s.p.a. e Prosas. S.a., nel quale era prevista anche l’assunzione della carica sociale da parte del professionista,’ che, infine, la controllante si era impegnata, come da accordi del 7/1/2002, a fornire alla partecipata E Group s.r.l. attività di assistenza e consulenza volta alla sostanziale riorganizzazione di quest’ultima, tra l’altro, da attuare a mezzo dell’ing. V.;

che le censure sono inammissibili, prima che infondate, per le ragioni di seguito esposte;

che, in tema di imposte sui redditi delle società, la nozione di inerenza che connota i costi deducibili, fondata sul richiamo al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, comma 5, esprime la riferibilità dei costi sostenuti, anche in via indiretta, potenziale o in proiezione futura, all’attività d’impresa propriamente detta, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea a tale attività, e, secondo un consolidato orientamento di questa Corte, la nozione di inerenza implica quella di congruità, sicchè deve escludersi la deducibilità di costi sproporzionati o eccessivi, in quanto non inerenti; un costo, pertanto, non è deducibile se non è funzionale all’attività della impresa, ed è inerente nella misura in cui può dirsi congruo;

che, dunque, spetta al contribuente l’onere di provare l’esistenza, l’inerenza e, ove contestata dall’Amministrazione finanziaria, la coerenza economica dei costi deducibili, “ed a tal fine non è sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall’imprenditore, occorrendo anche che esista una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa” (Cass. n. 13300/2017, n. 10269/2017, n. 10914/2015, n. 21184/2014, in senso solo parzialmente difforme n. 450/2018);

che tale principio, nel caso in esame, non sia stato correttamente applicato, è mera affermazione della ricorrente, la quale non chiarisce affatto in cosa consisterebbe la violazione di legge dedotta, donde l’inammissibilità della prima censura;

che, infatti, l’Amministrazione finanziaria ha negato alla contribuente, nel periodo d’imposta per cui è causa, la deducibilità di costi (Euro 292.000,00) considerati sproporzionati rispetto ai ricavi e all’oggetto dell’impresa, in mancanza della prova certa della inerenza e della congruità degli stessi, avuto riguardo a prestazioni di consulenza, rese a favore di società controllate, tra cui la E Group s.r.l., consistenti “in una consulenza strategica ed operativa generica e vagamente definita che non rendeva palese quale incarico specifico dovesse essere spiegato da parte della Prosas”, descritte non chiaramente per qualità e quantità, stante la ritenuta insufficienza della previsione contrattuale secondo cui le prestazioni dovevano essere “svolte con un impegno a tempo pieno del proprio presidente ing. V. il quale tra l’altro avrebbe assunto la carica di amministratore delegato della società E Group”, e sul punto la ricorrente si limita ad una enunciazione, alquanto astratta, dei principi interpretativi sottesi alla applicazione della norma che si pretende violata;

che inammissibili appaiono anche le ulteriori censure in quanto va pure considerato che, ai fini della deducibilità, un bene o servizio è strumentale rispetto all’attività d’impresa non in virtù della volontà espressa dalla contribuente, nella specie, quella riferibile al perseguimento dello “sviluppo della propria attività e di quelle delle società collegate”, mediante l’assegnazione alla controparte elvetica di “uno o più incarichi specifici” (cfr. sentenza di primo grado); come da contratto di collaborazione intercorso con la Prosas s.a., ma “in virtù della sua correlazione con un’attività potenzialmente idonea a produrre utili” (Cass. n. 20049/2017), sempre che venga rispettato, nei termini sopra precisati, il requisito dello stretto collegamento funzionale rispetto all’attività da cui derivano i ricavi o gli altri proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa (Cass. n. 16853/2013);

che, come questa Corte ha chiarito, “in tema di imposte sui redditi, affinchè un costo sostenuto dall’imprenditore sia fiscalmente deducibile dal reddito d’impresa non è necessario che esso sia stato sostenuto per ottenere una ben precisa e determinata componente attiva di quel reddito, ma è sufficiente che esso sia correlato in senso ampio all’impresa in quanto tale, e cioè sia stato sostenuto al fine di svolgere una attività potenzialmente idonea a produrre utili” (Cass. n. 16826 del 2007), per cui non è richiesta la prova di “un rapporto diretto tra spesa e ricavo” secondo una correlazione puramente meccanica e atomistica;

che, invero, la sentenza impugnata, ancorchè sinteticamente motivata, si regge sulla affermazione secondo cui il costo in questione non può ritenersi inerente alla formazione dei redditi d’impresa sol perchè i compensi corrisposti dalla contribuente alla società di consulenza trovano titolo nel contratto a suo tempo stipulato dalla Sicilforniture s.p.a., in quanto va anche considerato che l’attività dell’ing. V. ha riguardato la controllata E Group s.r.l. e non la Darpex s.p.a., che il costo non può dirsi congruo perchè di importo oggettivamente rilevante, e perchè dal “confronto del totale delle attività patrimoniali tra il 2001 e il 2002” emerge una differenza “solo di Euro 238.000 circa, e l’incremento delle attività è quasi pari o inferiore alle somme riconosciute alla società svizzera”, valutazioni queste ultime censurate sotto il profilo del dedotto vizio motivazionale, che risultano operate non secondo una correlazione diretta, puramente meccanica ed atomistica, tra spesa e ricavi, quanto piuttosto sulla base della economicità dell’operazione sottesa al costo dedotto;

che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di criteri di riparto degli oneri probatori, è sul contribuente che grava l’onere della dimostrazione della inerenza e congruità dei costi effettivamente sostenuti, attraverso idonea documentazione di supporto, ed in una prospettiva più ampia, atteso che l’assolvimento di siffatto onere probatorio non può ridursi alla mera produzione del contratto o delle fatture, le quali al più attestano la spesa e non – anche – la sussistenza del requisito dell’inerenza, in quanto “non è sufficiente (…) che la spesa sia stata dall’imprenditore riconosciuta e contabilizzata, considerato che una spesa può essere correttamente inserita nella contabilità aziendale solo se esiste una documentazione di supporto, dalla quale possa ricavarsi, oltre che l’importo, la ragione della stessa” (Cass. n. 6650/2006, e più di recente Cass. n. 11241/2017);

che la contribuente, quindi, doveva fornire aliunde la prova in questione, all’uopo non bastando i documenti negoziali e di spesa da essa offerti nel giudizio di merito (i quali nulla aggiungono – come rilevato dal giudice di appello – rispetto alla soluzione della problematica della inerenza dei costi sostenuti dall’imprenditore nell’esercizio di riferimento) dovendo la valenza probatoria degli elementi indiziari utilizzati dall’Amministrazione finanziaria per ricostruire in via presuntiva un reddito maggiore di quello dichiarato, essere affrontata, ed eventualmente superata, dalla parte privata, offrendo prova contraria circa l’esistenza di costi ed oneri deducibili concorrenti alla determinazione del reddito d’impresa, dimostrazione in cui è compresa l’inerenza di detti costi e la loro imputazione ad attività produttive di ricavi; che, viceversa, la società, la quale non dimostra di aver fornito elementi utili, trascurati dal giudice di merito, volti all’individuazione delle prestazioni di consulenza genericamente esposte in contratto ed in fattura, nè, comunque, prodotto documentazione decisiva da cui desumere la ragione della spesa inserita nella contabilità aziendale, si è limitata ad una soggettiva contrapposizione delle differenti valutazione delle quali è suscettibile il materiale istruttorio raccolto;

che è appena il caso di ricordare che, per consolidato insegnamento di questa Corte, “La motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione” (Cass. S.U. n. 24148/2013); che le spese del giudizio di legittimità eseguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018

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