LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILLA Lorenzo – Presidente –
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
P.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CALAMATTA, 16, presso lo studio dell’avvocato ZOCCALI MANUELA MARIA, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO ***** SPA IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 55, presso lo studio dell’avvocato CEFALY FRANCESCO, rappresentato e difeso dall’avvocato RIVA MARCO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2526/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata l’08/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 13/09/2018 dal Consigliere Relatore Dott. CORRENTI VINCENZO.
FATTO E DIRITTO
P.L. propone ricorso per cassazione, illustrato da memoria, contro il fallimento *****, che resiste con controricorso, illustrato da memoria, avverso la sentenza della Corte di appello di Milano 8.6.2017, che ha respinto l’appello a sentenza del Tribunale di Monza che aveva accertato il suo credito per eliminazione di vizi ma l’aveva condannata al residuo, a seguito della compensazione, di Euro 34.888,24.
Il ricorso denunzia violazione 1) degli artt. 1457 e 2697 c.c.; degli artt. 1455,1668,2697 c.c. ed omesso esame di fatto decisivo.
Il ricorso è infondato trattandosi di doppia conforme con sostanziale riproposizione dei motivi di appello su cui la sentenza ha congruamente risposto per cui non è ammissibile un terzo grado di merito.
Sul primo motivo è sufficiente osservare che, sotto l’apparente denunzia di violazione di legge, si chiede un riesame della vicenda criticando la Corte di appello per aver ritenuto non provata l’affermata essenzialità del termine circa la consegna delle opere appaltate ma trascurando il principio che normalmente il termine non è essenziale tranne che non risulti inequivocabilmente dalla volontà delle parti (Cass. 16.2.2007 n. 3645, Cass. 3.3.1995 n. 2347), circostanza esclusa dalla sentenza.
La seconda promiscua censura trascura che, seguito della riformulazione della norma, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, è denunciabile in cassazione solo l’omesso esame del fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (Cass. 8 ottobre 2014, n. 21257, Rv. 632914).
Il vizio motivazionale previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5), pertanto, presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia pur sempre stato da parte del giudice di merito, ma che esso sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico.
Sotto altro profilo, come precisato dalle Sezioni Unite, la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.
Può essere pertanto denunciata in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.
Nel caso di specie non si ravvisano nè emesso esame di fatto decisivo nè un’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante.
Donde il rigetto del ricorso con condanna alle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente alle spese, liquidate in Euro 4000 di cui 200 per esborsi oltre spese forfettarie nel 15%, dando atto dell’esistenza dei presupposti ex D.P.R. n. 115 del 2002 per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte suprema di Cassazione, il 13 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018
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