Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.26484 del 19/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Annalisa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1463/2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

*****, in persona del suo Presidente legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., C.F. *****, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CESARE BECCARIA 29 presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

ENEL DISTRIBUZIONE S.P.A., C.F. *****, ENEL TRADE S.P.A., ENEL SERVIZI S.R.L., in persona dei legali rappresentanti pro tempore elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIROLAMO DA CARPI 6, presso lo studio dell’avvocato RENATO SILVESTRI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ARTURO MARESCA giusta delega in atti;

– controricorrenti –

e contro

EQUITALIA SUD S.P.A., C.F. *****;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4817/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 03/07/2014 R.G.N. 7948/2011.

RILEVATO

che:

L’I.N.P.S. (anche quale mandatario della S.C.C.I. S.p.A.) propone ricorso con unico motivo avverso la sentenza n. 4817/2014 della Corte d’appello di Roma che ha rigettato l’appello proposto dall’Inps, nei confronti di Enel Distribuzione s.p.a., Enel Servizi s.r.l., Enel Trade s.p.a, contro la sentenza del Tribunale della stessa città che, nel giudizio di opposizione alla cartella avente ad oggetto il pagamento di somme derivanti omissioni contributive, aveva dichiarato l’insussistenza delle pretese contributive azionate dall’Inps in ragione dell’applicabilità del D.L. n. 112 del 2008, art. 20,conv. in L. n. 133 del 2008 con riferimento, non solo all’esonero della contribuzione per malattia, trattandosi di datore di lavoro che ha corrisposto il relativo trattamento con esonero dell’Inps dal relativo obbligo, ma anche in via analogica con riferimento all’esonero dalla contribuzione di maternità non previsto testualmente;

la Corte territoriale ha ritenuto, con riferimento all’obbligo della società opponente per il periodo antecedente al gennaio 2009, appartenente al gruppo E.N.E.L. S.p.A., che la L. n. 138 del 1943, art. 6, che esonera l’I.N.P.S. dal pagamento dell’indennità di malattia quando il datore di lavoro è tenuto, in base a contratto collettivo, a corrispondere la retribuzione durante la malattia del dipendente, fosse applicabile anche all’indennità di maternità, con la conseguente insussistenza dell’obbligo di versamento della relativa contribuzione all’I.N.P.S.;

– resistono Enel Distribuzione s.p.a.,Enel Servizi s.r.l., Enel Trade s.p.a. con controricorso; Equitalia s.p.a è rimasta intimata.

CONSIDERATO

che:

– Con l’unico motivo di censura, l’INPS denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.L. n. 112 del 2008, artt. 20, (conv. con L. n. 133 del 2008), del D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 22, comma 2 e D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 79 e L. n. 138 del 1943, art. 6 e del D.P.R. n. 145 del 1965, art. 1, comma 1 e della L. n. 104 del 2006, art. 1 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte di merito ritenuto che la prima delle disposizioni citate, che nell’interpretare autenticamente l’art. 6 cit. ha previsto che “i datori di lavoro che hanno corrisposto per legge o per contratto collettivo, anche di diritto comune, il trattamento economico di malattia, con conseguente esonero dell’Istituto nazionale della previdenza sociale dall’erogazione della predetta indennità, non sono tenuti al versamento della relativa contribuzione all’Istituto medesimo”, si applicasse anche ai trattamenti e ai contributi per maternità, con la conseguenza che, avendo il successivo art. 20 cit., comma 2, lett. a), previsto l’obbligo per “le imprese dello Stato, degli enti pubblici e degli enti locali privatizzate e a capitale misto” di versare “la contribuzione per maternità” soltanto “a decorrere dal 1 gennaio 2009”, nessuna contribuzione a tale titolo poteva l’INPS richiedere per il periodo precedente;

– il motivo è fondato;

– questa Corte ha già avuto modo di chiarire che le società che, come le odierne controricorrenti, derivano la loro genesi dal processo di trasformazione dell’ENEL, sono obbligate al pagamento della contribuzione per maternità anche per il periodo anteriore all’1.1.2009, nonostante il versamento diretto del trattamento dovuto alle lavoratrici madri, non essendo estensibile a tali contributi l’esonero previsto dal D.L. n. 112 del 2008, art. 20, (conv. con L. n. 133 del 2008), con riferimento ai contributi per malattia, in favore in favore dei datori di lavoro che abbiano corrisposto direttamente ai lavoratori la relativa indennità (cfr. Cass. n. 15394 del 2017; Cass. n. 8854 del 2018; Cass. n. 8861 del 2018);

a supporto di tale conclusione si è sottolineato che l’obbligo, per tali società, di corrispondere ai propri dipendenti il trattamento di maternità discende dai contratti collettivi, e non già dal D.P.R. n. 145 del 1965, art. 1, che deve ritenersi disposizione ormai priva di efficacia diretta, in quanto legata necessariamente all’esistenza dell’ente pubblico economico denominato Ente Nazionale per l’Energia Elettrica, già venuto meno a seguito della sua trasformazione in società per azioni, per effetto del D.L. n. 333 del 1992, e poi ulteriormente scomposto in più società a seguito della liberalizzazione del mercato elettrico realizzata dalla Legge Delega n. 128 del 1999 e dal successivo D.Lgs. n. 79 del 1999, resa necessaria dal rispetto degli obblighi derivanti dalla direttiva 96/92/CE;

– va, quindi, richiamato il principio che informa la materia degli obblighi contributivi delle società partecipate da enti pubblici che questa Corte di cassazione ha più volte recentemente affermato e che si compendia nell’affermazione secondo cui nessuna deroga all’ordinaria obbligatorietà del versamento dei contributi previdenziali può discendere dalla origine di tali soggetti, trattandosi di società di natura essenzialmente privata, finalizzate all’erogazione di servizi al pubblico in regime di concorrenza, nelle quali l’amministrazione pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, e restando irrilevante, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, la mera partecipazione – pur maggioritaria, ma non totalitaria – da parte dell’ente pubblico (in tal senso Cass. n. 8591/2017 a proposito dei contributi per cassa integrazione guadagni; Cass. n. 4274/2016; Cass. 27213/2013); – va, altresì, ribadito – sulla scorta di Cass. S.U. n. 10232 del 2003 e di Corte cost. n. 47 del 2008 – che il fondamento della previdenza sociale sta nel principio di solidarietà e che il concetto di sinallagma inteso quale equilibrio di obbligazioni corrispettive, risulta insufficiente alla rappresentazione del sistema previdenziale, accompagnandosi all’apporto contributivo delle categorie interessate il costante intervento finanziario dello Stato e quindi della solidarietà generale, con la conseguenza che, non esistendo tra prestazioni e contributi un nesso di reciproca giustificazione causale e ben potendo dunque persistere l’obbligazione contributiva a carico del datore di lavoro anche quando per tutti o per alcuni dei lavoratori dipendenti l’ente previdenziale non sia tenuto a certe prestazioni, il rinvio ai criteri previsti per l’erogazione delle prestazioni dell’assicurazione obbligatoria per le malattie, contenuto nella L. n. 1204 del 1971, art. 15,in tema di corresponsione dell’indennità di maternità, non consente di per sè di estendere ai contributi per la maternità l’esonero dall’obbligo contributivo previsto per i datori di lavoro tenuti a versare l’indennità di malattia;

– va rilevato che dalle statuizioni di Cass. S.U. n. 10232 del 2003, così come quelle di Corte cost. n. 47 del 2008, è dato ricavare un principio di carattere generale relativo alla natura sostanzialmente impositiva della contribuzione previdenziale pubblica ed all’assenza di logiche di stretta correlazione tra obbligo contributivo e prestazione alla stessa sottese;

– per altro verso, l’individuazione delle previsioni contrattuali collettive quali fonti esclusive dell’obbligo di corresponsione dell’indennità di maternità da parte della società contro ricorrente assolve al compito di giustificare la persistenza di tale obbligazione a seguito del venir meno dell’efficacia precettiva del disposto del D.P.R. n. 145 del 1965, art. 1: trattandosi di obbligazione di fonte collettiva, e non più legale, il suo adempimento non può logicamente essere invocato dall’odierna controricorrente al fine di garantirsi l’esonero dal pagamento dei contributi previdenziali relativi all’indennità di maternità;

– non può sorgere dubbio di legittimità costituzionale, peraltro, sul presupposto di una disparità di trattamento tra le società derivate dalla trasformazione dall’ente pubblico e quelle generatesi dello scorporo delle prime posto che il D.P.R. n. 145 del 1965, art. 1, ha continuato a trovare applicazione anche alle società derivanti dalla c.d. prima privatizzazione, dal momento che la sua efficacia precettiva deve ritenersi venuta meno a seguito della trasformazione dell’ENEL in società per azioni;

– di conseguenza non può in alcun modo trarsi dal D.L. n. 112 del 2008 cit., art. 20, comma 2, alcun indizio circa la volontà del legislatore di assoggettare le società derivanti dal processo di trasformazione dell’ENEL al pagamento dei contributi per maternità solo a far data dal 1°.1.2009, come invece ritenuto dalla sentenza impugnata: tale obbligo, infatti, doveva ritenersi immanente al sistema in ragione dei rilievi di ordine sistematico dianzi enunciati, restando naturalmente salva la facoltà del legislatore di renderlo manifesto attraverso un’apposita disposizione di legge a carattere meramente ricognitivo (cfr. in tal senso, tra le tante, Corte cost. nn. 230 del 2016, 346 del 2010, 401 del 2007);

– neppure possono desumersi argomenti contrari dalla L. n. 218 del 1990, art. 3, comma 2, che, oltre i diritti quesiti, ha fatto salvi “gli effetti di leggi speciali e quelli rivenienti dalla originaria natura pubblica dell’ente di appartenenza”, giacchè tale disposizione, originariamente introdotta per i dipendenti degli enti creditizi e successivamente estesa anche ai dipendenti dell’ENEL in virtù del D.L. n. 198 del 1993 (conv. con L. n. 292 del 1993), si riferisce espressamente ed esclusivamente alle situazioni giuridiche dei dipendenti degli enti pubblici oggetto di trasformazione in soggetti di diritto privato e non può in alcun modo costituire la base normativa per attribuire situazioni di vantaggio in favore dei loro datori di lavoro;

– il ricorso, pertanto, va accolto e la sentenza impugnata va cassata;

– non essendo necessari ulteriori accertamenti, decidendo nel merito, va quindi affermato l’obbligo del pagamento dei contributi per maternità indicati nella cartella opposta;

– la complessità delle questioni trattate ed i diversi esiti dei vari gradi di giudizio determinano la compensazione integrale delle spese dell’intero processo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara dovuti i contributi per maternità di cui alla cartella opposta;

dichiara interamente compensate le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018

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