LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. GARRI Farbizia – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 18987-2014 proposto da:
D.G., B.A., C.R.A., CR.AN., D.C.B., DI.FO.AN., DI.RE.FR., L.L., N.M., P.F., S.G., V.M., Z.S., ZA.DO., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA AGRI 1, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO NAPPI, rappresentati e difesi dall’avvocato NICOLA MANCINI, giusta delega in atti;
– ricorrenti –
contro
A.N.A.S. S.P.A., – AZIENDA NAZIONALE AUTONOMA DELLE STRADE C.F.
*****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio dell’avvocato ALFREDO SAMENGO, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 36/2014 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 26/03/2014 R.G.N. 146/2012 + altri;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/06/2018 dal Consigliere Dott. GABRIELLA MARCHESE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORASANITI GIUSEPPE, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso salvo opposizioni transate per le quali si richiede la cessazione della materia del contendere;
udito l’Avvocato MASSIMO NAPPI per delega verbale Avvocato NICOLA MANCINI;
udito l’Avvocato ALFREDO SAMENGO.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza nr. 36 del 24 gennaio 2014 – 26 marzo 2014, la Corte d’appello di Campobasso rigettava le domande dei lavoratori aventi ad oggetto, per come pacifico in causa, l’accertamento dell’illegittimità della seconda proroga, in violazione DEL D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4, del contratto a tempo determinato stipulato con Anas s.p.a., la richiesta di conversione del rapporto in uno a tempo indeterminato, con il diritto alla riassunzione in servizio e ogni altra conseguenza di legge: così riformando, in parte qua, la sentenza di primo grado che, in relazione ad un gruppo di lavoratori, aveva accolto le domande; confermando, invece, la pronuncia del Tribunale che, in relazione ad altri lavoratori, aveva respinto i ricorsi in accoglimento dell’eccezione di risoluzione dei rapporti per mutuo consenso.
A motivo della decisione, la Corte territoriale, quanto al gravame proposto dai lavoratori soccombenti, osservava che la pronuncia di primo grado era esente dalle censure mosse; in ordine all’appello della società, invece, riteneva legittima una seconda proroga del contratto a termine, con il consenso scritto del lavoratore, per la ravvisata applicabilità della deroga, a causa di una serie di interventi di emergenza (in attuazione del potere di ordinanza riservato al governo ai sensi della L. n. 225 del 1992, art. 5) relativi agli eccezionali eventi sismici dell’Aquila del 6 aprile 2009, contenuta nel combinato disposto della O.P.C.M. n. 3755 del 15 aprile 2009, n. 3755, art. 14 e art. 3 ordinanza di protezione civile 6 aprile 2009, n. 3753 di autorizzazione, “in relazione alla necessità di ricostruire con somma urgenza la sede del Compartimento Anas dell’Aquila… definitivamente inagibile” per effetto di tali eventi, al”la stessa società ad avvalersi delle deroghe previste” in tale ordinanza, tra le quali in particolare al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36.
E ciò per la chiarezza della previsione di deroga per l’ente, di appartenenza a quelli pubblici quale società a capitale pubblico, anche in riferimento all’autorizzazione al dipartimento della protezione civile “ad avvalersi di personale dipendente da società a totale o prevalente capitale pubblico, ovvero… che svolgono istituzionalmente la gestione di pubblici servizi” per il soddisfacimento delle dette attività di emergenza (O.P.C.M. n. 3755, art. 10): con evidente irrilevanza della pure indubbia natura privatistica del rapporto di lavoro con i suoi dipendenti, a fini di illegittimità dell’ulteriore proroga dei contratti a termine pendenti in funzione della specifica ed eccezionale ipotesi emergenziale.
Per la cassazione della decisione hanno proposto ricorso, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c, i lavoratori.
Anas s.p.a. ha resistito con controricorso e depositato memoria ai sensi del medesimo art. 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. In via preliminare, deve darsi atto che sono stati depositati in cancelleria i verbali di conciliazione tra N.M., S.G., Cr.An. e Anas Spa, rispettivamente del 7.6.2018 ( N. e S.) e dell’11.6.2018 ( Cr.) con i quali i predetti lavoratori hanno espressamente rinunciato al ricorso in cassazione; Anas Spa ha, quindi, depositato atti di “accettazione” delle rinunce, sottoscritti dal legale rappresentante della società e dal suo procuratore, in cui ha dato atto che le rinunce erano state, anche, notificate presso il domicilio dell’ente.
1.1. Pertanto, in relazione alle indicate posizioni processuali, deve essere dichiarata l’estinzione del processo, non dovendosi provvedere sulle spese stante l’adesione della controparte.
2. Passando all’esame del ricorso, in relazione alle restanti posizioni, con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – è dedotta violazione e falsa applicazione della L. n. 225 del 1992, art. 5, comma 5, dell’O.P.C.M. n. 3753 del 2009, dell’O.P.C.M. n. 3755 del 2009; del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 e del CCNL ANAS 18.12.2001, degli artt. 12 e 14 preleggi. Parte ricorrente censura la sentenza impugnata per avere la Corte di appello ritenuto applicabile al rapporto di lavoro fra le parti la deroga al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 36, stabilita dall’Ordinanza n. 3753, art. 3 senza considerare – in presenza di una norma eccezionale, in quanto espressione del potere di ordinanza in deroga stabilito dalla L. n. 225 del 1992, art. 5, – che essa avrebbe potuto trovare applicazione soltanto al settore delle Amministrazioni Pubbliche e non anche ai dipendenti di ANAS S.p.A., il cui rapporto di lavoro con la società è regolato dalle norme di diritto privato; nè tale estensione poteva ritenersi giustificata alla luce dell’Ordinanza n. 3755, art. 10 non risultando che l’impiego dei ricorrenti in virtù della seconda proroga fosse avvenuto su richiesta e alle dipendenze del Dipartimento della protezione civile.
2.1. L’articolato motivo è da accogliere, in continuità con altri precedenti di questa Corte intervenuti in analogo contenzioso (Cass. 19 dicembre 2016, nr. 16166, poi seguita da: Cass. 7 dicembre 2017, n. 29443; Cass. 3 gennaio 2018, n. 30).
3.1. E’ utile premettere, quanto alla questione, qui controversa, della “seconda proroga” al contratto a termine stipulato tra le parti con richiamo delle O.P.C.M. 6 aprile 2009, n. 3753 e O.P.C.N. 15 aprile 2009, n. 3755 (a seguito degli eventi sismici in Abruzzo del 6 aprile 2009), come le ordinanze emesse ai sensi della L. n. 225 del 1992, art. 5 abbiano natura di ordinanze “libere”, immediatamente esecutive e siano espressione, diversamente dagli atti governativi con valore di legge, di autonomia ed operino generalmente nel campo dell’attività amministrativa. Pur non avendo valore di legge, esse sono nel loro ambito indipendenti e soggette, nel loro contenuto, solo alla Costituzione e ai principi generali dell’ordinamento, nè sono vincolate da altre norme preesistenti che non siano quelle espressamente indicate dalla fonte da cui traggono origine. Il che giustifica appunto la loro denominazione di ordinanze “libere”: con la conseguenza di dover formare oggetto, pur non contenendo disposizioni generali e astratte, della scienza diretta del giudice (il quale non sarebbe in grado, diversamente, di accertare quali limitazioni siano state apportate nel caso concreto alla disciplina normativa generale) e di dover essere la loro violazione denunciata nel giudizio di legittimità a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (Cass., sez. un. 7 marzo 2006, nr. 4813; Cass. 26 luglio 2007, nr. 16450).
Occorre poi considerare che, qualora intendano derogare alle leggi vigenti, esse devono essere motivate e contenere le indicazioni delle principali norme cui si intende derogare, ai sensi della L. n. 225 del 1992, art. 5, comma 5 (Cass. 7 novembre 2017, nr. 26372; Cass. 29 maggio 2018, nr. 13482).
3.2. Tanto premesso, nel merito deve osservarsi che la seconda proroga del contratto a tempo determinato non è ordinariamente consentita, per il divieto del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4 che indubbiamente si applica al rapporto di lavoro alle dipendenze di Anas s.p.a. in quanto di natura privatistica. E tale norma non è espressamente richiamata dall’ordinanza n. 3753 cit., art. 3 al contrario del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, espressamente richiamato ma inapplicabile alla società.
3.3. Questa Corte ha già affermato (nei precedenti sopra citati, Cass. nr. 26166 del 2016, Cass. nr. 29443 del 2017; Cass. nr. 30 del 2018) il divieto per Anas s.p.a. della seconda proroga del contratto a termine, per interpretazione del richiamo dell’art. 3 cit. nel rispetto dei “limiti formali di appartenenza all’Amministrazione pubblica, quale legislativamente definita”, piuttosto che “lata e funzionalistica” e in difetto di deduzione riconducibile, quanto alle ragioni della seconda proroga, all’ordinanza n. 3755 cit., art. 10, comma 1, seconda parte.
3.4. Ritiene il Collegio che una tale interpretazione delle disposizioni delle due OOPCM risponda al criterio ermeneutico fondamentale, sia sotto il profilo strettamente letterale di attribuzione del significato proprio delle parole secondo la loro connessione, sia sotto quello della ratio, ossia dell’intenzione del legislatore (art. 12 preleggi, comma 1).
3.5. Ed infatti, le citate ordinanze non contengono, nè per motivazione nè per indicazione delle principali norme che ne siano oggetto, le ragioni di una tale deroga (Cass. 7 novembre 2017, nr. 26372; Cass. 29 maggio 2018, n. 13482) al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4: certamente neppure ricavabile dal riferimento di chiusura della O.P.C.M. n. 3753 cit., art. 3 alle “leggi ed altre disposizioni strettamente connesse agli interventi previsti dalla presente ordinanza”.
3.6. Nè, d’altro canto, soccorre la specifica autorizzazione per Anas s.p.a., in virtù del combinato disposto della O.P.C.M. 15 aprile 2009, n. 3755, art. 14 e O.P.C.M. 6 aprile 2009, n. 3753, art. 3 “in relazione alla necessità di ricostruire con somma urgenza la sede del Compartimento Anas *****… definitivamente inagibile”.
Essa deve essere letta nel rigoroso rispetto di tale finalità, per l’eccezionalità della normativa di deroga, ostativa ad un’interpretazione (non già estensiva, ma) analogica (art. 14 preleggi) quale sarebbe quella che consentisse l’autorizzazione non per il fine normativamente previsto ma “per la pluralità di esigenze connesse allo svolgimento dei compiti demandati ad Anas”: in quanto produttiva di diritto, per l’estrazione di una (nuova) norma non prevista dal legislatore (e quindi vietata), in forza dell’argomento “a simili” sull’assunto per cui il legislatore, pur non avendo contemplato una determinata fattispecie, l’avrebbe tuttavia contemplata se l’avesse presa in considerazione; al contrario della interpretazione estensiva, tendente a comprendere nella portata concreta della norma tutti i casi da essa anche implicitamente considerati, quali risultanti non solo dalla lettera ma anche dalla ratio della disposizione (Cass. 30 dicembre 2011, nr. 30722).
3.7. D’altronde, neppure risulta alcuna destinazione dei lavoratori “doppiamente prorogati” alla ricostruzione della sede del Compartimento Anas *****, emergendo piuttosto soltanto il già menzionato riferimento alla situazione emergenziale derivante dagli eventi sismici del 6 aprile 2009.
3.8. Parimenti inidonea ai presenti fini interpretativi è la previsione, di deroga per l’ente, di appartenenza agli enti pubblici quale società a capitale pubblico, anche in riferimento all’autorizzazione al Dipartimento della protezione civile “ad avvalersi di personale dipendente da società a totale o prevalente capitale pubblico, ovvero… che svolgono istituzionalmente la gestione di pubblici servizi” per il soddisfacimento delle dette attività di emergenza (O.P.C.M. n. 3755, art. 10). E ciò per l’assenza di deduzione di alcun accordo fra Dipartimento e Anas s.p.a. per il distacco presso il primo di personale della società, nè di impiego dei ricorrenti in forza della seconda proroga su richiesta e alle dipendenze del Dipartimento stesso (così anche: Cass. 19 dicembre 2016, n. 26166).
3.9. Appare allora evidente che le superiori argomentazioni rendano irrilevante la qualità di Anas di società a partecipazione totale di capitale pubblico, cui pure è riconosciuta natura di organismo di diritto pubblico (art. 1, comma 2 del suo Statuto), iscritta tra gli enti produttori di servizi economici nell’elenco ISTAT delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi della L. n. 196 del 2009, art. 1, comma 3 (di contabilità e finanza pubblica).
4. Con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – è dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c. e vizio di ultrapetizione (in particolare quanto alla pronuncia resa nei confronti di D.G., V.M., B.A., C.R.A., Za.Do., P.F., D’.Le. e Di.Re.Fr.).
4.1. Secondo la parte ricorrente, la sentenza avrebbe pronunciato su una domanda non formulata, laddove avrebbe affermato, in relazione a tutti i lavoratori (e dunque anche per questi ultimi, nominativamente indicati) la legittimità della “seconda proroga”; il giudice di primo grado, invece, per tale gruppo di lavoratori, aveva dichiarato la risoluzione del rapporto per mutuo consenso (implicitamente assumendo la prosecuzione del rapporto) e l’ANAS spa non aveva al riguardo proposto appello incidentale.
5. La censura è inammissibile, non confrontandosi con il decisum della Corte di Appello.
5.1. La Corte territoriale ha distinto espressamente, sotto il profilo delle statuizioni, la posizione dei lavoratori. Per coloro che, in primo grado, erano risultati soccombenti e che, dunque, avevano proposto appello, la sentenza impugnata si è limitata ad affermare l’infondatezza del gravame.
5.2. La questione della “seconda proroga” è affrontata, invece, in relazione all’appello proposto dall’ANAS S.p.a. nei confronti degli altri lavoratori (ovvero quelli vittoriosi in primo grado) sicchè l’espressione adoperata dai giudici di merito “per tutti i lavoratori de quibus” è chiaramente riferita soltanto ai lavoratori “appellati”.
5.3. La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che “la proposizione di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata comporta l’inammissibilità del ricorso (id est motivo) per mancanza di motivi che possono rientrare nel paradigma normativo di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4” (ex plurimis, Cass. nr. 20652 del 2009; Cass. nr. 17125 del 2007; in motivazione, Cass. nr. 9384 del 2017).
6. Con il terzo motivo -ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – è dedotta omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione relativa ad un punto decisivo della controversia riguardante il presunto “mutuo consenso”; violazione degli artt. 1362, 1372, 2697 c.c., degli artt. 115 e 116 cod. (in relazione alla statuizione resa dalla Corte territoriale quanto agli attuali ricorrenti D.G., V.M., B.A., C.R.A., Za.Do., P.F., D’.Le. e Di.Re.Fr.).
7. Il motivo è fondato.
7.1. E’ denunciabile in cassazione “l’anomalia motivazionale” che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè (Cass., sez. un., 7.4.2014 nr. 8053; Cass. sez. un., 22.9.2014 nr. 19881).
Come chiarito da questa Corte, l’anomalia motivazionale sussiste in caso di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass., sez. un., nn. 8053 e 19881 cit.).
7.3. Il caso di specie rientra, senz’altro, tra le ipotesi esemplificate; in relazione al gravame dei lavoratori, la Corte di appello si è limitata all’assiomatica affermazione: ” (…) che gli appelli proposti da D.G., V.M. (…) (erano) infondati per essere la sentenza impugnata esente dalle censure mossele”, senza il supporto di alcuna argomentazione di sostegno.
8. In conclusione, vanno accolti i motivi primo e terzo e dichiarato inammissibile il secondo motivo; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata, per le dovute integrazioni ed i necessari accertamenti in fatto, anche in relazione alle questioni “assorbite” (cfr. pag. 7 sentenza impugnata), oltre che per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Napoli.
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il processo in relazione alle posizioni di S.G., N.M. e Cr.An.; per le restanti posizioni, accoglie il primo ed il terzo motivo; dichiara inammissibile il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Appello di Napoli, cui demanda anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 13 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018