LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 195/2015 proposto da:
M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
M.M.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 236/2014 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 06/05/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio dell’11/07/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
M.G. ha proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza n. 236/2014 della Corte d’Appello di Trieste, depositata il 16 maggio 2014.
Rimane intimato, senza svolgere attività difensive, M.M..
La Corte d’Appello di Trieste ha accolto l’appello principale di M.M. contro la sentenza n. 260/2011 del Tribunale di Gorizia, e così respinto la domanda avanzata da M.G. volta alla declaratoria dell’acquisto per usucapione dell’intera proprietà dell’appartamento di *****, rientrante nella comunione ereditaria dei beni di Z.R., madre dei contendenti.
Il primo motivo di ricorso di M.G. deduce l’omesso esame dell’eccezione di nullità dell’atto di appello, per violazione dell’art. 342 c.p.c. e la conseguente nullità del procedimento d’appello.
Il secondo motivo di ricorso allega la violazione e falsa applicazione dell’art. 1102 c.c., in luogo dell’art. 714 c.c., norma quest’ultima che esclude la necessità di atti di interversione per consentire l’usucapione in favore di un coerede.
Il terzo motivo di ricorso denuncia l’erronea applicazione dell’art. 1144 c.c., in materia di atti di tolleranza.
Si impone un rilievo pregiudiziale.
M.G. ha notificato il ricorso a M.M. a mezzo posta elettronica il 17 dicembre 2014, come da relata di notifica telematica, ma non ha poi provveduto al deposito in cancelleria di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo posta elettronica certificata, con attestazione di conformità munita di sottoscrizione autografa del difensore L. n. 53 del 1994, ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter, inerente al messaggio di posta elettronica certificata, ai suoi allegati (ricorso e relazione di notifica), alle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna. Ciò comporta l’improcedibilità del ricorso rilevabile d’ufficio ai sensi dell’art. 369 c.p.c., a nulla rilevando nemmeno la mancata contestazione della controparte ovvero il deposito di copia del ricorso ritualmente autenticata oltre il termine perentorio di venti giorni dall’ultima notifica, non essendo ammissibile il recupero di una condizione di procedibilità mancante al momento della scadenza del termine per il deposito del ricorso (Cass. Sez. 6, 22/12/2017, n. 30918; Cass. Sez. U, 27/04/2018, n. 10266).
Il ricorso viene dichiarato perciò improcedibile.
Non occorre provvedere sulle spese processuali del giudizio di cassazione, in quanto M.M. è rimasta intimata senza svolgere difese.
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1-quater – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione dichiarata improcedibile.
P.Q.M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018
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